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Esplode la voglia di bike-sharing hi-tech

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In Italia questa volta è stata l’invasione cinese: due o tre aziende che nel paese dell’Impero di mezzo hanno milioni di biciclette su strada, sono spuntate in una serie di città italiane. Rispetto ai vecchi sistemi europei di bike-sharing, del servizio di affitto a minuto automatizzato delle biciclette come il Bike-Sharing creato da ClearChannel in Italia, Spagna e altri paesi europei, la novità è che le bici sono più piccole e “toste”, prodotte a nastro dai più grandi costruttori asiatici di biciclette e non necessitano di stallo perché dotate di Gps e attivazione via Bluetooth. Serve solo un telefonino smart in tasca agli utenti.

È la seconda parte della rivoluzione della mobilità, iniziata con le concessioni di alcune città per i servizi di bike-sharing “tradizionali”: ci si iscriveva via internet segnando la carta di credito, arriva la tessera e si gira per la città cercando gli stalli da dove prendere e poi riconsegnare la bicicletta. A Milano, la città da dove questo giornalista scrive, il servizio nel tempo si è sempre più allargato con decine e decine di stalli, un efficiente (a volte) servizio con furgoni per redistribuire le biciclette rispetto agli stalli più gettonati durante le ore dei pendolari, e alla fine il servizio è diventato molto popolare con le pesanti biciclette dotate di attuatore cardanico anziché a catena sono uno spettacolo molto comune nel centro come nella prima periferia della città.

bike sharing

Adesso è iniziata la seconda parte. Questa volta le bici diventano una app: si fa tutto dal telefonino, niente tessere da acquistare, sblocco con codice QR e bluetooth. Le bici si sbloccano e si ribloccano lasciandole in posti dove la sosta è permessa e dove non è necessario però andare ad agganciarle. Questo rende molto più fluido (si chiama free-floating sharing) l’utilizzo, perché le bici si possono letteralmente mollare di fronte alla porta di destinazione. I campioni di questa nuova ondata sono i cinesi, che stanno utilizzando con un paio di startup (sulla loro scala), cioè Mokibe e Ofo. Ottomila, quattromila: le cifre sul numero di biciclette arrivate nel capoluogo meneghino (e fanno eco le altre bici nelle altre città italiane) sono pagliuzze negli occhi a mandrola della madrepatria cinese, dove si parla di milioni di pezzi. Ma non è finita.

Infatti, una terza ondata si sta preparando: sono le startup californiane al lavoro sulla nuova generazione di bici smart. A partire da LimeBike, la startup di San Mateo, in California. Ha raccolto 12 milioni di dollari per partire altri 50 con il primo vero round di finanziamenti e ha prodotto un’ondata di biciclette smart colore giallo canarino (l’idea forse è ricordare i taxi oppure differenziarsi dalle scelte di colorazione tradizionali delle biciclette) con codice QR e app per iOS e Android che permette di sbloccare e avere la bicicletta senza problemi e lasciarla altrettanto tranquillamente.

bike sharing

In Europa stanno nascendo anche startup locali come Velos e Next Bike, oppure gli asiatici Bluegogo oltre a Mobike e, sempre negli Usa, ci sono anche Spin e Cycle Hop. Per adesso non sono previste biciclette elettriche (troppo costose e target di possibili furti sia per la bici nel suo insieme che per la costosa batteria o altre componenti e ricambi) ma l’idea è che questo costiuirà uno degli elementi portanti nella trasformazione delle nostre società da economie basate su possesso ad economie basate sull’accesso. Sia che si tratti di modelli di sharing basati su un canone annuale con la prima mezz’ora di ogni noleggio gratuita (stile BikeMi), sia che si tratti di micropagamenti da pochi centesimi su base di minuti (la mezz’ora o altro) la bicicletta è sufficientemente umile, comoda e soprattutto facilmente rubata quando di proprietà da dare l’idea che sia giusto e possibile usarne una a noleggio, se le app rimuovono la frizione di recarsi a un negozio, pagare la caparra, lasciare un documento e tutto il resto.

Benvenuti insomma nell’era dell’accesso, che erode per le strade più improbabili ma pervie lo status quo.

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