Non ci sarà la fusione tra Emi e Warner. La casa discografica britannica ha infatti respinto l’offerta avanzata dalla concorrente per l’acquisto delle azioni e dell’intera library discografica. Le ragioni per cui Emi ha declinato la proposta sono essenzialmente due: il prezzo offerto, ritenuto non adeguato (4,1 miliardi di dollari) e le incertezze regolamentari cui la nuova realtà sorta dalla fusione delle due società sarebbe andata incontro.
A preoccupare Emi, soprattutto, sarebbe stato quest’ultimo aspetto che inerisce le regolamentazioni antitrust in vigore in vari paesi. A sostegno di questi timori non mancherebbero gli esempi, l’ultimo e il più attinente dei quali è la mancata approvazione dell’alleanza tra Sony e Bertelsmann, respinta da un tribunale europeo.
Emi giudica tropo rischioso intraprendere una strada dall’esito incerto in un momento critico per le proprie strategie. La casa discografica britannica è alle prese, forse più di altre concorrenti, con un mercato debole e in una fase di tumultuoso cambiamento che la sta costringendo a modificare l’approccio tenuto fino a ieri.
Il tramonto della fusione tra Warner ed Emi potrebbe riportare alla ribalta la discussione sulla necessità di eliminare i sistemi di Drm. Emi è sempre stata la casa discografica più aperta a questa ipotesi. A dimostrarlo le trattative intraprese, anche se poi fallite, con i principali distributori di musica on line. Warner è invece la più ostile, come si è potuto intuire dalle dichiarazioni del suo Ceo Edgar Bronfman a margine della proposta di Steve Jobs. L’acquisto di Emi da parte di Warner era dunque visto come una ostacolo in più nella direzione di musica digitale sprotetta e di libera circolazione.