Se ne vanno a migliaia, letteralmente. C’è un “brain drain”, una fuga di cervelli in corso dalla Russia. Probabilmente Vladimir Putin a un certo punto chiuderà anche le frontiere agli stessi russi (molti se lo aspettano) e anche per questo, prima che la situazione precipiti, alcune categorie di lavoratori stanno lasciando la Federazione russa.
Tra queste, quella dei lavoratori del settore tecnologico. I programmatori. La Russia non è solo un terreno fertile per chi sviluppa software grazie all’ottima educazione Stem e ai costi relativamente bassi rispetto a un programmatore negli Usa, ma ha anche un discreto tessuto di software house e servizi cloud. Tutte cose che adesso stanno andando a pezzi o vengono comunque messe fortemente in discussione.
I programmatori, si sa, non sono dei sentimentali: fatta un’analisi dei costi e dei benefici, l’idea di lasciare la Russia prima che la nave affondi deve essere apparsa razionale a molti di loro. Per la categoria questo vuol dire trasferirsi e trovare lavoro in altri paesi o continuare a lavorare con le aziende straniere senza correre il rischio di rimanere bloccati o “fregati” dagli eventi.
Secondo il New York Times questa fuga di cervelli va avanti da tempo con aerei che uno dopo l’altro portano via centinaia di sviluppatori. La fuga di cervelli rischia di azzerare o comunque riportare a livelli di decenni fa la capacità tecnologica di base del paese.
È un esodo che, secondo il giornale americano, cambierà per sempre la faccia dell’industria tecnologica americana. Dopo aver intervistato alcune dozzine di persone i giornalisti del giornale americano si sono convinti che quello a cui si sta assistendo non è semplicemente un “allontanamento prudente” di un po’ di persone, ma una vera e propria fuga in massa di una nicchia di lavoratori molto qualificati che si possono ricollocare in maniera estremamente veloce all’estero.
Questo succede proprio al termine della pandemia e nel momento in cui si stava parlando di rinascita russa attorno all’industria del software, a nuovo mercato finalmente giunto a maturazione.
Il recente esodo inverte da 10 a 15 anni di slancio nell’industria tecnologica russa, dice al New York Times Konstantin Sonin, economista della Harris School of Public Policy dell’Università di Chicago, immigrato dalla Russia negli Stati Uniti. «Ora siamo tornati agli anni ’90, quando chiunque fosse in grado di trasferirsi si trasferiva fuori dal Paese», ha detto.
La tecnologia è una piccola parte dell’economia russa rispetto alle industrie dell’energia e dei metalli, ma è cresciuta rapidamente. Secondo gli economisti, la perdita di molte persone giovani, istruite e destinate a lavorare per molti anni potrebbe avere conseguenze economiche per gli anni a venire.
«L’impatto a lungo termine – dice Barry Ickes, capo del dipartimento di economia della Pennsylvania State University, specializzato nell’economia russa – potrebbe essere più significativo dell’impatto a breve termine. Alla fine, la Russia dovrà diversificare la sua economia allontanandosi da petrolio e gas e dovrà accelerare la crescita della produttività. La tecnologia era un modo naturale per farlo».
I lavoratori tech hanno lasciato il paese perché si opponevano all’invasione russa dell’Ucraina, non volevano più vivere sotto il regime di Putin e temevano di non poter dire la loro se fossero rimasti. Lavorando nella tecnologia, un’industria relativamente redditizia, avevano i soldi per fuggire dal Paese. E come altri operatori tecnologici a livello globale, potrebbero continuare il loro lavoro da qualsiasi luogo con un laptop e una connessione Internet.
Altri se ne sono andati perché le loro aziende straniere hanno offerto loro la possibilità di andarsene e continuare a lavorare in altri Paesi.
Alcuni hanno lavorato per aziende con sede in Russia e altri per aziende con sede altrove. Molte start-up negli Stati Uniti e in Europa, comprese molte fondate da imprenditori di origine russa, si affidavano a programmatori di software, ingegneri e altri operatori tecnologici in Russia. Per gli imprenditori russi che vivevano all’estero, questi lavoratori erano professionisti noti e non erano costosi come gli specialisti della Silicon Valley e di altre parti degli Stati Uniti.
StudyFree, una start-up di San Francisco che aiuta gli studenti a trovare borse di studio e sovvenzioni universitarie, ha detto al New York Times di aver impiegato circa 30 lavoratori in Russia, ma tenerli lì era diventato una responsabilità, quindi l’azienda li ha trasferiti, ha detto la fondatrice dell’azienda (di origine russa), Dasha Kroshkina; «Non saremo in grado di attrarre tanti finanziamenti se avremo ancora dipendenti in Russia».
A marzo, un gruppo che offriva aiuto su internet alle persone che si trasferivano dalla Russia a Yerevan, in Armenia, usando l’app di messaggistica Telegram è cresciuto fino a raggiungere i 18mila membri. Durante le giornate lavorative, gli operatori tecnologici russi riempivano caffetterie e altri spazi pubblici e, mentre cercavano un posto dove vivere, i prezzi degli affitti sono aumentati in modo significativo, secondo molti che hanno lavorato per trovare appartamenti tramite il gruppo Telegram.
«Non abbiamo appartamenti di qualità sufficienti per persone altamente istruite con stipendi elevati e standard elevati», ha detto Aram Shahbandarian, un ex dipendente di Google con sede a Yerevan che sta aiutando molti russi a trasferirsi in città. «Yerevan sta letteralmente collassando».
Vahan Kerobyan, ministro dell’Economia dell’Armenia, ha affermato in un’intervista che, in quanto paese con una relazione strategica con la Russia, non si sta proponendo come un tentativo di far uscire le aziende dalla Russia, ma che se le aziende decidessero di trasferirsi, funzionerebbe per accoglierle. «La comunità tecnologica armena – ha detto il ministro – sta fornendo supporto ai loro amici russi e il governo è molto preoccupato di dare alle aziende russe un bel posto che non sia troppo costoso dove possano lavorare». Kerobyan stima che 43mila persone si sono trasferite dalla Russia in Armenia, metà delle quali possiede passaporti russi e metà armeni.
Secondo il New York Times Miro, una società di software statunitense, ha noleggiato voli per Yerevan per i suoi dipendenti russi e li ha trasferiti in due hotel nel cuore della città, ha affermato Kerobyan. Anche X-tensive, una società di sviluppo software in Russia, ha trasferito i suoi dipendenti nella città armena perché il suo cliente principale, ServiceTitan, ha un ufficio lì.
Stepan Pachikov, considerato da molti uno dei primi imprenditori tecnologici di successo della Russia dopo aver fondato Paragraph International, un’azienda che produceva software per la scrittura a mano per i Macintosh di Apple, ha detto che i lavoratori tecnologici più smart hanno lasciato il paese per anni ma che il ritmo adesso sta significativamente accelerando. Pachikov ha visto la Russia diventare economicamente isolata dal mondo e più restrittiva in patria: per questo è poco ottimista sul futuro. «È devastante – ha detto –. Se perdi troppo sangue, è la morte per il corpo. La Russia ha perso molto sangue».
Per tutte le notizie di tecnologia che ruotano attorno alla tematica della guerra tra Russia e Ucraina, e per vedere quali sanzioni hanno applicato le big tech, come Apple, il link da seguire è direttamente questo.