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Ecco perché e come l’indagine della UE sugli eBook coinvolge anche Apple

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Apple è dunque sotto torchio presso la Commissione Antitrust europea. Il coinvolgimento di Cupertino, accanto agli editori Hachette Livre, Harper Collins, Simon & Schuster, Penguin e Verlagsgruppe Georg von Holzbrinck, tutti sospettati di comportamenti anti-concorrenziali nel mercato degli eBook, segnalato in un  comunicato ufficiale della UE, di cui abbiamo dato conto ieri non fornisce molti elmenti sulle ragioni che avrebbero portato all’apertura del procedimento formale, forse perchè la storia è complessa e parte da lontano per la precisione dagli USA dove è stata lanciata una class action che contribuisce a fare luce e che punta l’indice sul modello agenzia adottato da Apple nei confronti degli editori che pubblicano sullo store iTunes e che – come alcuni ricorderanno – ha già fatto fallire iFlowReader.

Il “modello agenzia” impone  siano gli editori a fissare il prezzo degli eBook venduti, mentre Apple si limita a distribuirli, trattenendo il 30% del fatturato. Condizione imprescindibile è però che qualunque editore voglia far parte dell’iTunes Store non possa vendere i suoi libri altrove e a prezzi più bassi, pena l’esclusione dell’iTunes Store, esclusione che oggi nessun grande editore può ragionevolmente permettersi vista la piattaforma cui rinuncerebbe.

Per esempio, uno dei best seller dell’anno, la biografia di Steve Jobs ad opera di Walter Isaccson ed edita in italia da Mondadori è offerta su iTunes Store, su Amazon.it e su IBS allo stesso prezzo, 12.99 euro.  Questo prezzo non avrebbe potuto essere inferiore su Amazon o su IBS, proprio perché Mondadori, per poter pubblicare su iTunes Store, ha accettato il modello di agenzia, compresa l’impossibilità di offrire lo stesso prodotto altrove a prezzi inferiori. Amazon stessa evidenzia sulla pagine del libro che il prezzo è stato fissato dall’editore.

 

Questo modello è molto diverso da quello adottato storicamente da Amazon, che acquistava gli eBook dagli editori, ma decideva autonomamente a che prezzo venderli, applicando in alcuni casi sconti fortissimi per favorire ad esempio la diffusione del suo Kindle, tutto a largo vantaggio degli utenti. In tale contesto attori come Amazon acquisivano anche un certo potere di contrattuale: essendo in grado di vendere una quantità di libri davvero rilevante, potevano chiedere sconti ulteriori agli editori, forti del loro potere di mercato, arrivando anche a potersi permettere di fissare anche i prezzi.

Questa condizione, a causa del modello di agenzia, viene oggi a mancare a vantaggio di Apple che di fatto si leva la preoccupazione di avere dei concorrenti che scelgono di avere meno profitti o che sono così bravi da convincere gli editori a vendere a minor prezzo. Gli editori da parte loro devono semplicemente fare un conto economico: conviene di più scendere alle condizioni di Apple ed avere il mercato iPad e iPhone vendendo altrove allo stesso prezzo, oppure restare fuori da iBooks Store e andare a trattare altrove per vedere che cosa è possibile spuntare? Probabilmente, come accennato, molti editori preferiranno andare con Apple e poi presentarsi presso altri venditori di libri elettronici chiedendo che i loro libri siano proposti ad un costo fisso ma utile a salvaguardare i margini. Certamente chi pubblica libri non sembra essere colpito in maniera mortale dal “modello agenzia”.

All’opposto il modello, se confermato in questi termini, contribuirebbe a peggiorare la competitività del mercato a svantaggio del cliente finale. Prima di tutto i competitor di Cupertino devono indirettamente adeguarsi ai prezzi di Apple senza alcuna possibilità di fare offerte o sconti o di contrattare con gli editori che sono su iBooks Store. In secondo luogo i clienti non beneficeranno di un mercato concorrenziale perchè ci sarà una sorta di cartello (imposto da Apple) dei negozi di libri on line.

 

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