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Ecco perché Android non avrà  mai una interfaccia touch veloce come iOS

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L’interfaccia touch di Android non è mai stata veloce e reattiva come quella di iPhone e iPad e forse non lo sarà mai. La sentenza di lag indefinito è stata formulata da Andrew Munn, studente di ingegneria informatica che ha lavorato a interim presso Google: in un suo post personale Munn confronta Android e iOS spiegando nei dettagli le ragioni del problema fino ad arrivare alla conclusione definitiva: forse Android non potrà mai avere la stessa velocità dell’interfaccia di iOS e, se il salto di qualità avverrà, richiederà lunghi tempi di sviluppo e un enorme sforzo da parte di Google. L’interessante analisi è stata riportata da Cult of Mac: secondo Munn nemmeno i tablet e gli smartphone Android più recenti sono in grado di eguagliare la velocità di risposta dell’interfaccia di iPhone e iPad, fino ad arrivare al punto in cui per avere la fluidità di un iPhone di 3 anni fa occorre utilizzare uno smatphone Nexus S di Samsung di ultima generazione, senza comunque raggiungere gli stessi risultati. In sostanza il problema non è dovuto all’hardware: i nuovi dispositivi Android spesso vantano specifiche tecniche e processori anche più spinti di iPhone e iPad.

Munn spiega che il problema principale deriva proprio da come è costruito il sistema operativo e da come Android gestisce le priorità di esecuzione. Lo studente di ingegneria suggerisce una prova: con iPhone e iPad aprendo Safari e lanciando una pagina web complessa, come per esempio Facebook, se l’utente tocca lo schermo per scorrere la pagina l’operazione di download e di rendering viene sospesa per gestire la richiesta dell’utente. In sostanza iOS sospende qualsiasi altro processo e dedica tutte le risorse hardware per rispondere ai comandi. In Android effettuando la stessa operazione il sistema operativo cerca di eseguire tutti i processi in contemporanea, riuscendo male sia nel download della pagina che nell’interpretazione dei comandi dell’utente.

In Android la gestione dell’interfaccia touch gode di thread e processi con priorità normale, equiparabili a quelli di qualsiasi altra app od operazione, invece in iOS la gestione del touch e dell’interfaccia hanno priorità elevata, superiore agli altri processi normali e vengono eseguiti in tempo reale. Si tratta dello stesso problema mostrato da Symbian, BlackBerry OS e Windows Mobile 6.5 sistemi operativi della generazione precedente concepiti con priorità diverse rispetto alla gestione dell’interfaccia touch. Android è stato inizialmente ideato per competere con BlackBerry e solo successivamente, dopo il lancio di iPhone da parte di Apple, Google ha accelerato i lavori per integrare i comandi touch. Secondo Munn Android è l’unico dei sistemi operativi citati della generazione precedente ancora in circolazione.

Nei problemi secondari Munn descrive anche alcuni limiti dei processori Nvidia Tegra 2 che offrirebbero una banda di memoria bassa e l’incapacità di gestire le funzioni complesse tramite accelerazione hardware. Se la visualizzazione e il rendering su schermo vengono gestiti dal processore centrale e non dalla GPU grafica le prestazioni decadono. Per superare questo limite, oltre ai miglioramenti hardware, Google dovrebbe rivedere completamente la gestione dell’interfaccia grafica del sistema operativo Android, un lavoro difficile e complesso che distoglierebbe team di sviluppo dai progetti in corso. Ma anche se e quando Google deciderà di riscrivere da zero la gestione del touch l’operazione richiederebbe anche la riscrittura dell’intero parco software: ogni app dovrebbe essere a sua volta riscritta per poter gestire i nuovi processi. In questo caso mentre la nuova interfaccia e le nuove app si avvantaggerebbero della maggiore velocità, Google dovrebbe anche sviluppare un ambiente virtuale per poter eseguire ancora le app e i software non aggiornati.

Secondo Munn le persone e i team di Google che lavorano su Android hanno le capacità e la volontà di superare questo problema: non si tratta di un piccolo dettaglio ma di un elemento che rischia di compromettere tutta l’esperienza utente sui sistemi Android. Infatti a causa dei rallentamenti e dei ritardi tra la pressione del dito sullo schermo e la risposta del sistema “Il dispositivo non sembra più naturale. Perde la magia. Gli utenti sono spinti fuori dall’interazione e devono implicitamente riconoscere che stanno utilizzando una imperfetta simulazione al computer- in conclusione Munn dichiara: “Spesso mi perdo con iPad ma rabbrividisco quando uno Xoom scatta tra una home page e l’altra”.

Non è un caso che nelle sue considerazioni finali Munn impieghi il termine magia: chiunque abbia usato anche per pochi minuti un iPhone o un iPad ha provato questa sensazione di veder interpretare i propri tocchi sullo schermo come azioni e comandi immediati: il sistema sembra magico perché riesce quasi a interpretare le intenzioni dell’utente. Se la risposta è lenta, lo scroll scatta e al tocco del dito non corrisponde un’azione istantanea sul display, la magia non c’è più. Questo rappresenta il concetto fondamentale dell’interfaccia touch di cui Apple è stata pioniere, perfettamente integrato nella gestione a massima priorità di iOS, sistema operativo sviluppato da zero proprio per gestire questo tipo di interazione. Mentre grazie ai costruttori di hardware e processori i progressi nelle specifiche possono portare a sensibili vantaggi, per recuperare terreno sulle fondamenta costitutive del sistema operativo il vantaggio di Apple risulta molto pià difficile da colmare.

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