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Conflitto tra AI e ambiente, la possibile soluzione

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Negli ultimi diciotto mesi l’intelligenza artificiale ha completamente rivoluzionato le nostre vite. Dai modelli di testo alle immagini e ai video, fino alla realtà virtuale e alle simulazioni, l’intelligenza artificiale sta creando nuovi strumenti e potenziando le tecnologie esistenti per sviluppare nuove esperienze, che fino a pochi anni fa non sarebbero state nemmeno possibili. E tutto questo ha ovviamente anche un costo, in termini energetici e ambientali.

Infatti, si dice che fare una domanda a ChatGPT consumi l’equivalente di un bicchiere di acqua per il raffreddamento dei server. L’acqua viene utilizzata ma non può essere riusata nel ciclo di raffreddamento di un datacenter e molte associazioni ambientali hanno cominciato ad evidenziare che le nuove tecnologie come l’AI stanno aggiungendo problemi nuovi a problemi noti, cioè l’impatto energetico che l’informatica ha sul pianeta.

Quanto veramente “pesa” l’AI?

L’addestramento e il funzionamento di un sistema di intelligenza artificiale richiedono una grande quantità di potenza di calcolo e di elettricità, e le emissioni di anidride carbonica che ne derivano sono un modo in cui l’intelligenza artificiale influisce sul clima. Ma il suo impatto ambientale va ben oltre l’impronta di carbonio.

L’effetto esatto che l’AI sta avendo sulla crisi climatica è difficile da calcolare, anche se gli esperti si stanno finora concentrando solo sulla quantità di gas serra emessi. Questo perché i diversi tipi di intelligenza artificiale richiedono tutti quantità diverse di potenza di calcolo per essere addestrati ed eseguiti. E ce ne sono molti: modelli di apprendimento automatico che individuano le tendenze nei dati di ricerca, programmi di visione che aiutano le auto a guida autonoma a evitare gli ostacoli o i modello linguistici di grandi dimensioni (LLM) che consentono a un chatbot di conversare “come se fosse un essere umano”.

Le IA tutte assetate d'acqua per raffreddare i server nei data center
Immagine: Google

Il prezzo (ambientale) dell’AI

Ad esempio, quando OpenAI ha addestrato il suo LLM (per i comuni mortali: GPT-3, da cui poi è stato tratto ChatGPT), il carico di lavoro ha prodotto l’equivalente di circa 500 tonnellate di anidride carbonica. I modelli più semplici, invece, producono emissioni minime. A complicare ulteriormente la questione, c’è la mancanza di trasparenza da parte di molte aziende che creano le intelligenze artificiali. Questo rende ancora più complicato capire l’impatto dei loro modelli quando vengono esaminati solo attraverso la lente delle emissioni.

Senza contare che poi l’AI abilita interi nuovi settori, ottimizzando gli scambi e la produzione: cioè rendendo possibile fare cose che hanno a loro volta un impatto micidiale sull’ambiente. Ad esempio, la pubblicità targhettizzata tramite algoritmi smat che rende possibile la vendita di beni a bassissimo costo produttivo (nel settore della moda, dell’elettronica di consumo e via dicendo) che possono essere prodotte e inviate just-in-time in maniera super economica da tutte le parti del mondo.

Tuttavia, c’è anche modo di fare del bene usando le intelligenze artificiali. E il loro inquinamento in questo caso sarebbe a fin di bene, cioè per evitarne di peggio.

Il dilemma verde

La domanda che c’è dietro, se AI sia un male per l’ambiente, sta infatti cambiando. E sta diventando invece quella che si chiede se l’AI potrà realizzare il suo potenziale senza danneggiare l’ambiente. Cioè, se potrà funzionare in maniera ecosostenibile.

È un vero e proprio dilemma, la cui risposta è quella che sta alla base della possibilità di avere un sistema in cui i benefici dell’informatica “intelligente”, cioè l’amplificazione di quella tradizionale (che comunque ha già rivouzionato le nostre vite) si sommino a quelli di un pianeta in fase di ripresa, anziché di continuo peggiornamento.

Il ruolo delle Nazioni Unite

Il recente lancio dell’organo consultivo per l’AI guidato dalle Nazioni Unite (di cui fa parte il nostro Paolo Benanti), ha aperto una nuova strategia. Quella che vuole sfruttare l’apprendimento automatico per trovare soluzioni alle sfide più comuni soprattutto in campo ambientale. L’intelligenza artificiale sta infatti aumentando il numero di dati da elaborare e un numero crescente di governi, imprese e parti della società civile si sta organizzando per lavorare allo sfruttamento dei numerosi vantaggi che questo porta.

E questo, viene spiegato, include l’accelerazione e la possibilità di far scalare gli sforzi per realizzare obiettivi globali come l’Agenda 2030 e i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG), che costituiscono il programma mondiale per rendere il pianeta più verde, più pulito e più equo.

L’ambiente e l’AI

Agricoltura sostenibile, smart grid, fonti rinnovabili di energia, gestione dei rifiuti, gestione delle acque, conservazione della biodiversità e analisi del cambiamento climatico.

Sono questi gli obiettivi di sviluppo sostenibile che l’AI può aiutarci a portare avanti in maniera più facile. Gli SDG sono uno strumento potente per creare cambiamenti significativi nelle aziende. L’idea di definire obiettivi di sviluppo sostenibile chiaramente formulati, su cui ogni Paese possa lavorare, è stata proposta per la prima volta durante la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile del 2012, nota anche come Rio+20.

Negli anni successivi, gli specialisti del gruppo di lavoro aperto di recente costituzione hanno elaborato gli obiettivi più efficaci. Il loro scopo principale è aiutare a raggiungere il benessere delle persone, dell’ambiente e dell’economia. In tutto ciò l’intelligenza artificiale ha un ruolo chiave. Permette di fare di più, fare meglio e con meno.

Ed è questa la vera lezione che forse ci stanno cercando di impartire tutti i teorici della transizione digitale e adesso del rinascimento digitale portato avanti attraverso l’uso massivo dell’intelligenza artitficiale, che in soli diciotto mesi è diventata il tema dei temi. L’AI permette di fare di più e fare meglio, perché non usarla?

Apple investe sulle foreste: lancia il Restore Fund per 200milioni di dollari (foto Apple)
(foto Apple)

Gli esempi virtuosi da cui imparare

Ad esempio: con l’AI è possibile vedere più chiaramente e velocemente dove e come si sta scongelando il ghiaccio dell’Antartide (un’analisi che nessun essere umano saprebbe fare) con tempi di analisi delle immagini satellitari fino a diecimila volte più veloce di quelle che potremmo fare noi.

Oppure mappare la deforestazione, come sta facendo Space Intelligence, o aiutare le comunità africane ad affrontare i rischi connessi al cambiamento climatico (come fanno alcuni progetti delle Nazioni Unite). Ma c’è anche il riciclo dei rifiuti (che producono una gran parte del metano liberato nei gas serra), ripulire gli oceani, prevedere i disastri prodotti dal cambiamento climatico (come fa ad esempio Sipremo in Brasile), progettare gli strumenti di domani per la gestione del clima, aiutare le aziende a decarbonizzare la loro attività, mappare con i droni e riforestare il Brasile.

Il potenziale è enorme e l’AI generativa potrebbe essere usata ancora in moltissimia altri campi, dalla progettazione di medicine nuove alla architettura e ingegneria sostenibili. Insomma, realmente a braccetto con l’ambiente.

Tutte le notizie che parlano di Intelligenza Artificiale sono disponibili a partire da questa pagina di macitynet.

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