Nella vita ci sono domande che non trovano risposta, anzi vanno proprio insolute. E altre invece no, una risposta la trova. Ad esempio, la domanda se avremmo mai visto la fine di Internet Explorer, quel “pezzo” di software che ha definito il modo con il quale centinaia di milioni di persone sono andate in rete, e le tecnologie per creare i siti verso i quali navigare e dei cui servizi usufruire, oggi è morto, non funziona più.
Se si clicca sulla sua icona, non si va più da nessuna parte. Infatti, da oggi il software non parte più. Anzi, una schermata dice chiaramente di utilizzare Edge, il nuovo modello di browser sviluppato Microsoft. Nuovo si fa per dire, perché è stato rilasciato nel 2015.
E la sua fine risponde proprio a questa domanda: vedremo mai la fine di Internet Explorer? La risposta è semplice: sì.
Il senso di Microsoft per la rete
Al di là del bisogno di una closure, che è proprio della natura intrinsecamente analogica della mente umana (la quale, com’è noto, non ama “far salti”), la fine di Internet Explorer ha un portato più ampio e non solo simbolico. Però partiamo da quest’ultimo.
Internet Explorer è stato il primo veicolo con il quale la maggior parte delle persone ha scoperto il world wide web (e internet tutta, se è per questo). Sicuramente su Windows, ma anche su Macintosh, nonostante sulla piattaforma di Apple negli anni d’oro della new economy ci fosse un discreto pieno di piccoli browser alternativi. Per il mondo Apple però Internet Explorer è stato addirittura uno dei pilastri della rinascita dell’azienda con il ritorno di Steve Jobs alla guida della baracca (nel senso che Apple si teneva insieme a stento) nel 1997.
Fu Jobs a presentare Bill Gates in videconferenza durante un keynote di quell’anno per annunciare che non solo Microsoft avrebbe investito una piccola quota nelle azioni di Apple (che poi fruttarono un non tanto piccolo patrimonio alla casa di Redmond) ma che avrebbe investito per una nuova versione del pacchetto per la produttività personale Office (cioè Word, Excel e PowerPoint) e soprattutto per Internet Explorer. Una mossa fondamentale.
Una questione di esclusiva
Vedere l’importanza di Internet Explorer come browser dal punto di vista del Mac fa capire meglio la potenza che Microsoft era riuscita a raggiungere negli anni d’oro della new economy. Infatti, la gran parte dei siti erano navigabili serenamente solo usando il browser di Bill Gates e soprattutto la pubblica amministrazione o le grandi aziende, quando erogavano servizi online, lo facevano usando e abusando delle tecnologie proprietarie di Microsoft, utilizzabili via Web solo navigando con Internet Explorer.
Questa posizione divenne via via sempre più “pesante” e già ai tempi dell’accordo del 1997 aveva generato un certo clamore perché l’antitrust americano aveva deciso di indagare. L’idea era che Internet Explorer fosse una tecnologia chiave non regolata. E che Microsoft avesse ambizioni di concorrenza scorretta da posizione di forza (abuso di potere di monopolio) perché Internet Explorer veniva pre-installato nel sistema operativo di Microsoft e non se ne poteva fare a meno. Infatti, il browser di Bill Gates non poteva neanche essere disinstallato senza comprometterne l’usabilità, visto che veniva usato anche come gestore delle finestre e della visualizzazione dei documenti presenti sul computer.
Il re del web
Per anni le percentuali di utilizzo di Internet Explorer sono state altissime, praticamente bulgare. E hanno portato, oltre allo sviluppo di siti con tecnologie non standard e anzi compatibili solo con il browser di Microsoft, anche a una diffusa insicurezza in rete, perché Internet Explorer si è fatto rapidamente la fama di essere una specie di magnete per malware ed attacchi di cyber-malintenzionati. Una specie di vaso di coccio in un mondo popolato da martelli di ferro.
Dalla sua nascita, nel 1995, l’obiettivo di Internet Explorer era stato quello di bloccare qualsiasi concorrente e diventare il veicolo con il quale Microsoft controllava l’esperienza web e quindi internet degli utenti. Questo dopo che l’azienda aveva cercato inizialmente di proporre una sua tecnologia di rete, una “internet made in Redmond” voluta da Bill Gates che però si era presto dovuta arrendere all’evidenza che gli utenti preferivano il web basato su protocolli e standard aperti, creati da Tim Berners-Lee e condivisi con tutte le aziende.
Il grande nemico era Netscape Navigator e poi Mozilla, che avrebbe dato spazio a Firefox mentre Safari (Apple) e Chrome (Google) erano ancora di là da venire. È stato poi proprio Chrome, più che il browser della fondazione Mozilla o quello di Apple a dare la spallata alla fine del primo decennio del XXI secolo.
Così, Explorer, ormai con un’eredità di vecchie tecnologie non più sostenibili per un browser moderno, è diventato una specie di anziano patriarca tenuto in vita artificialmente più per favorire la compatibilità di sistemi server di aziende e amministrazioni che avevano sposato a suo tempo le tecnologie proprietarie e che non avevano modo o risorse per poterle aggiornare agli standard aperti del web 2.0.
Addio Internet Explorer e grazie per tutto il pesce
Ridotto quindi a una specie di “morto che cammina” da almeno tre anni, Internet Explorer adesso è arrivato davvero a fondo corsa. E per evitare il problema di dover continuare a gestire questa base di codice e quindi questo livello di potenziali insicurezze su Windows (visto la facilità con cui Internet Explorer andava in bomba e faceva impallare anche il sistema operativo che lo ospitava) e sui server ai quali si collega, Microsoft ha installato una specie di timer da fine-del-mondo che è scattato. Niente più avvio, niente più versione legacy.
Se volete, c’è Edge (anche su macOS e iOS). Invece Internet Explorer no, non c’è più. La risposta alla domanda se avremmo visto la sua fine è arrivata e se l’è portato via.