Lentamente ma inesorabilmente i dischi rigidi stanno lasciando il posto alle unità SSD. I produttori di hard disk tradizionali hanno però ancora il vantaggio di poter offrire spazio elevato a costi molto inferiori rispetto alle unità allo stato solido, tanto che secondo uno studio di IHS Suppli dovremmo vedere sul mercato dischi rigidi da 60 TB.
Tale enorme capacità di archiviazione è possibile da nuove tecnologie che permettono di aumentare la densità di dati per unità di superficie, potenzialmente in grado di arrivare fino a 1800 gigabit per pollice quadrato contro i 744 gigabit per pollice quadrato di oggi. Il produttore Seagate aveva presentato un brevetto specifico già nel 2006: grazie alla tecnologia denominata Heat-Assisted Magnetic Recording (HAMR), la società prevede di rilasciare HD da 3,5” da 60 TB entro quattro anni.
Tecnicamente il sistema rimpiazza la registrazione longitudinale in voga dalla fine degli anni ’50 (che dovrebbe a breve raggiungere i limiti massimi sfiorando il terabit per pollice quadrato), sfruttando nuove celle di ferro-platino e un laser dedicato al riscaldamento per il cambiamento dei valori. Esperimenti con l’HAMR hanno permesso di raggiungere una densità di bit lineare di circa 2 milioni di bit per pollice, in precedenza ritenuta inattuabile, portando la densità dei dati sopra il trilione di bit, cioè un 1 terabit. Questo valore è superiore ai 620 gigabit per pollice dei dischi da 3,5″ da 3 TB e ai 500 gigabit dei dischi da 2,5″ da 750 GB. I primi dischi HAMR duplicheranno questi valori, toccando i 6TB per i dischi da 3,5” e i 2TB per quelli da 2,5”. Il limite teorico dei dischi che sfruttano la tecnologia HAMR è tra i 5 e i 10 terabit per pollice quadrato, in altre parole fra i 30 e i 60 TB per i dischi da 3,5” e dai 10 ai 20 TB per quelli da 2,5”.
Al momento la produzione dei dischi soffre ancora delle conseguenze delle alluvioni in Thailandia. Il ritorno alla normalità è previsto per il 2013.
[A cura di Mauro Notarianni]