L’uomo giusto al posto giusto. Diego Piacentini ha girato l’Italia, poi l’Europa e infine l’America, come piattaforma per andare in tutto il mondo, soprattutto India e Cina. È l’uomo a cui Jeff Bezos ha affidato parti importanti della strategia di sviluppo del suo colosso per l’e-commerce Amazon, e prima ancora, dal febbraio 2000, è stato uno degli uomini di punta di Apple, a capo dell’Italia e poi dell’Europa.
Manager conosciuto e stimato per la tecnologia a livello mondiale, Piacentini ha deciso di fare qualcosa che in Italia ha stupito e spiazzato. Si è preso due anni di sabbatico dalla carica di vicepresidente senior di Amazon per lavorare a titolo gratuito per il premier Italiano Matteo Renzi. Il desiderio di Piacentini è quello di restituire all’Italia qualcosa che l’Italia gli ha dato: la capacità di crescere, l’unicità, l’orgoglio di essere protagonista del mondo digitale.
Non c’è da sbagliarsi, come ha fatto tanta stampa anche nostrana, sulle competenze di Piacentini. L’uomo conosce a menadito le tecnologie e i loro vettori di sviluppo, parea con gli informatici e gli scienziati ma non è uomo di scienza, non è un ricercatore. È laureato in Bocconi, uomo di ordine del business (un manager nel senso più vero), capace di ragionare in termini di piattaforma. I ruoli in Amazon lo dimostrano ma ancora di più lo spiega Amazon stessa: l’azienda è innovativa nella sua capacità di scrivere codice, di creare prodotti elettronici (il Kindle), di inventarsi il cloud così come oggi lo conosciamo. Ma è in realtà la più grande azienda di logistica al mondo, capace di pensare come una piattaforma, una struttura che permette di abilitare grazie alle tecnologie molte altre cose.
Adesso in Italia il ruolo di Piacentini sarà quello di costruttore e realizzatore, con un mandato del premier e l’appoggio determinante per mettere in piedi quello che è richiesto alla modernizzazione di un Paese altrimenti sclerotizzato, lontano dall’uso delle tecnologie come fattore abilitante. Superare l’inerzia ma anche combattere contro i tanti che hanno iniziato subito a storcere il naso all’annuncio di Renzi del suo uomo di punta per la tecnologia.
Il settore fino ad oggi è stato spesso sfruttato per la gloria personale da presunti esperti, dirigenti velleitari e supposti imprenditori, magari anche con qualche medaglia sul mercato per aver saputo vendere quando il gioco si faceva duro, ma certo non con la visione dello statista. C’è cinismo e disincanto, casta e privilegio, ma di questo sappiamo che l’aria romana è maestra. Manca quel quid che invece Piacentini ha dimostrato di possedere in grande quantità.
A parlare di tecnologia, magari leggendo su qualche sito web le parole d’ordine del periodo, sono buoni in molti. A costruire una piattaforma rivoluzionaria nel mercato e oggi a far decollare un processo di cambiamento profondo dello Stato nei modi e nei meccanismi che hanno a che fare con la vita di decine di milioni di persone ci vogliono invece doti vere, reali.
Adesso a Piacentini tocca il ruolo di esecuzione della strategia pensata per realizzare una architettura interoperabile e semplice nell’uso che dovrebbe diventare la base e il cuore pulsante del Paese. Il governo con Piacentini è convinto di aver trovato l’uomo giusto per dare gambe a questa visione. In realtà il gioco sarà di squadra, con Paolo Barberis che è il consigliere per l’innovazione di Renzi, e con il direttore generale dell’Agid, Antonio Samaritani. Aver dimostrato di essere in grado di dare il massimo con Apple prima e con Amazon poi è il biglietto da visita di un uomo che ora potrà fare quello che dovrebbe essere l’orgoglio di ogni cittadino e servitore dello Stato: contribuire a rendere migliore l’Italia.