Oggi si celebra il decimo anniversario della vendita dell’iPhone originale, il modello 2G (che, ancora incartato, ha un discreto valore per i collezionisti). Era un telefono GSM triband, con funzionalità, potenza di calcolo e memoria molto limitati, ma ha cambiato per sempre il mondo, affondando i grandi campioni della telefonia mobile (Nokia, Motorola, Ericsson, per dire) e cambiato le nostre aspettative verso gli apparecchi di telefonia mobile.
L’iPhone, presentato da Steve Jobs in un mitico keynote al quale Macitynet era presente (e potemmo girare il primo video e provare in anteprima italiana il nuovo apparecchio), è una icona del nostro tempo. Come lo è stato l’iPod prima di lui (con un ciclo iniziato a ottobre del 2001 e continuato fino a pochi anni fa) l’iPhone ha dimostrato che è possibile cambiare passo nel mercato e conquistarlo tutto.
Cos’è stato in realtà l’iPhone? Steve Jobs lo presentò come tre apparecchi in uno: un telefono, un tablet per navigare la rete e un iPod. La concorrenza, cioè quelle aziende che fino a pochi giorni prima ignoravano di poter essere concorrenti di Apple, si trovarono a competere con un oggetto che fraintesero completamente. Perché pensarono all’iPhone come a un telefono, mentre la strategia di Apple – come è invece risultato evidente a Google che, non a caso, trasformò al volo il suo Android effettuando una manovra di spionaggio e recuperto strategico tra le più efficaci della storia della tecnologia – era completamente diversa.
Non lo capirono le varie Nokia, ma neanche i produttori di telefoni cellulari smart di origine, come la canadese Blackberry (all’epoca si chiamava RIM e si era inventata l’idea della posta in mobilità) e l’americana Handspring, erede di Palm e creatrice dei Treo (la cosa più simile a uno smartphone arrivando dal mondo dei personal digital assistant come il Palm). Non capirono che Apple arrivava sul mercato della telefonia dopo aver co-inventato quello del personal computer con il desiderio di creare una esperienza più personale di computing. Non è diverso da quello che ha fatto poi con l’iPad (considerato un prodotto a metà fra il Mac e l’iPhone, con una sua dignità e un suo scopo) e poi con l’Apple Watch (una esperienza parziale ma estremamente personale).
Apple cioè non aveva cambiato il suo obiettivo di fondo, o meglio proprio in occasione del lancio dell’iPhone, a gennaio, lo aveva ridefinito. Le grandi aziende e le piccole spesso utilizzano “mission statement”, frasi ad effetto, spiegazioni della loro visione per dare senso alla strategia sul mercato. “Un computer su ogni scrivania” oppure “Cloud first” sono le frasi che diventano il mantra ispiratore di tutta la strategia in questo caso della vecchia e della nuova Microsoft, in maniera tale che tutti dentro l’azienda abbiano ben chiaro quale sia l’obiettivo finale.
Apple no. Apple ha sempre comunicato la sua essenza in maniera più efficiente ed elegante. Ad esempio con la pubblicità (vedi: “Think Different”) oppure con scelte e gesti di comunicazione essenziali ed eleganti nel loro minimalismo, ma pregnanti di senso.
Faccio un esempio concreto: nel 1997 Amazon aveva definito la sua “mission” come “essere la guida del mercato retailer online di prodotti e servizi basati sulle infromazioni, il cui primo focus sono i libri”. Pochi anni dopo la “vision” diventa “essere l’azienda più centrata sul cliente della Terra, costruendo un posto in cui le persone possano trovare e scoprire qualsiasi cosa possano voler comprare online”. Successivamente, pochi mesi fa, Amazon ha ulteriormente allargato l’ambito già gigantesco dell’ultima definizione, limitandosi alla prima frase: “essere l’azienda più centrata sul cliente della Terra”. Come vedete, un percorso di cambiamento, un laboratorio di pensiero a cielo aperto che è al tempo stesso un viaggio interiore oltre che un modo per affermare la propria posizione più profond nel mondo. Una sorta di terapia on plen air.
Cosa fa Apple invece? Sotto la guida di Steve Jobs, prima di lannciare l’iPhone a gennaio 2007 annuncia semplicemente: “facciamo ormai musica e tante altre cose che la vecchia ragione sociale, ”Apple Computer, Inc.“ ci sta stretta: da oggi diventiamo ”Apple, Inc.“ e basta” E con una frase, un tratto di penna sulla parte più intima e veramente profonda di un’azienda – il suo nome – Steve Jobs fece tutto: ridefinì oggetto, misura e strategia di fondo della sua Apple.
Ecco dunque che Apple con iPhone vuole “reinventare il telefono” e ci riesce. E quando l’iPhone finalmente va in commercio poco più di sei mesi dopo il suo annuncio, ci sono le code chilometriche davanti agli store che Macity ha più volte testimoniato. Ci sono le folle che vogliono il nuovo apparecchio venduto solo in America e in pochi altri paesi. Gli italiani fanno di tutto per procurarsene uno, cominciando quella storia d’amore che non è mai finita con il melafonino. L’iPhone diventa la misura di uno stile, di un modo di vivere, in fashion statement ma anche uno strumento potente e versatile, se messo nelle mani di qualcuno che ne voglia fare uso.
L’iPhone è in effetti il computer reso talmente più personale da non essere più un computer e da stare sempre addosso. Non è un telefono che diventa intelligente, non è un palmare che diventa intelligente. È un’altra cosa. E non è solo il posizionamento di marketing o l’interfaccia a rendere unico l’iPhone. È anche il cuore, il motore: un sistema operativo vero (al quale presto si sarebbe affiancato anche un processore vero). Sia RIM/Blackberry che Handspring/Palm e la stessa Nokia avevano sistemi operativi smart troppo limitati, non all’altezza di essere veri computer, ed è stato fondamentalmente questo, da un punto di vista strettamente tecnologico, che li ha perduti.
Oggi da dieci anni abbiamo l’iPhone. Più sottile, più grande, enormemente più potente, ma sempre basato sugli stessi assi direttivi del primo apparecchio. L’interfaccia sta cambiando lentamente e si sta arricchendo ma ancora, chi avesse usato fino ad oggi solo il primo iPhone 2G, sarebbe capace di fare il “salto” all’attuale iPhone 7 con iOS 10 (o con la beta di iOS 11).
Un miracolo di logica, di coerenza, di capacità progettuale, di costante desiderio di migliorare e raffinare l’esistente anziché cercare di stravolgerlo accumulando errori sotto il tappeto e senza la capacità di evolvere.
Quando, dopo l’estate, andremo a vedere il nuovo iPhone 8, il miracolo di logica e tutto il resto che abbiamo detto dei telefoni precedenti vivranno dentro questo nuovo apparecchio, nella ricerca delle sue caratteristiche hardware, nelle funzionalità, nell’integrazione con il suo sistema operativo.
Per molti utenti è tutto cominciato oggi, e ancora siamo ben lontani dall’avere finito.