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Dieci anni dopo l’11 settembre, tutta un’altra Apple

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Dieci anni fa Apple era in tutt’altre condizioni. L’azienda era guidata da poco più di quattro anni da Steve Jobs, aveva già giocato da tempo la sua carta migliore del momento, cioè l’iMac, e stava cominciando a recuperare seriamente dopo un decennio di perdita e fatturato in caduta libera grazie alla dieta dimagrante dello staff portato da Jobs ai vertici direttamente da NeXT. La matrice dei prodotti (due per i consumer e due per i professionisti, un iBook e un iMac da un lato, un PowerBook e un PowerMac dall’altro) stava cominciando a produrre i sui frutti semplificando la vita ai clienti, mentre il nuovo sistema operativo Mac OS X aveva cominciato a muovere seriamente i suoi passi, giungendo poche settimane prima alla versione 10.0 Cheetah e preparandosi al lancio di Puma, la 10.1, che sarebbe sbarcata il 25 settembre 2001. 

Ma non c’erano solo le versioni nuove di Mac OS X a rendere preoccupati Steve Jobs e i suoi. Il disastro dell’11 settembre è stato come un terremoto che ha prodotto un vero e proprio tsunami economico. Nelle settimane e mesi successivi agli attentati terroristici la fiducia dei consumatori si è volatilizzata, le imprese hanno cominciato a franare se non avevano situazioni di credito più che positive, i mercato hanno retto a malapena il colpo e la disponibilità al consumo per quasi un anno si è ibernata. A lasciarci le penne sul mercato economico sono stati colossi di vario genere, come la compagnia aerea Twa. La compagnia da sogno, la Trans World Airlines, è nata nel 1925 ed era un pezzo di storia del costume mondiale. È collassata il primo dicembre del 2001, effetto secondario dell’11 settembre e del periodo di crisi economica che stava maturando da due anni a causa del collasso e poi dello scoppio bolla finanziaria dell’era delle DotCom. 

Apple non solo vedeva contrarsi i mercati e sentiva il fiato della sfiducia dei mercati a seguito della doppia crisi dell’11 settembre e dello scoppio della bolla delle DotCom, ma aveva anche uno dei suoi progetti più ambiziosi pronto al lancio e temeva che adesso tutto sarebbe stato vano. Si trattava del lancio dell’iPod, il primo modello di lettore musicale costoso, compatibile solo con Mac e basato su Firewire. Steve Jobs non stava scommettendo l’azienda sull’iPod, però il processo per arrivare alla sua realizzazione era stato complesso, le tecnologie e il lavoro di ricerca notevoli e si trattava del primo vero “lancio” accanto al fallimentare Cube, l’ambizioso, costoso e delicato computer cubico voluto da Jobs nel 2000 che era stato commercializzato nel luglio del 2001. 

L’idea era di rinviare la presentazione dell’iPod, magari di un anno. Ma sia perché la Silicon Valley è un posto piccolo e in molti avevano annusato che la prossima scommessa di Apple avrebbe riguardato la musica (Jobs aveva a gennaio del 2001 iTunes, software creato a partire dal jukebox SoundJam MP) sia perché ci voleva uno scatto d’orgoglio per dimostrare a tutti i livelli che l’America non si faceva intimidire e non si sarebbe fermata davanti alla minaccia del terrorismo, l’iPod venne effettivamente annunciato il 23 ottobre 2001. Accolto da un certo scetticismo, ci avrebbe comunque messo poco a dimostrare il suo vero valore.

Apple aveva da poco lanciato anche i suoi primi Apple Retail Store: la presentazione di Tyson Corner in Virginia era del 15 maggio di quell’anno, sedici settimane prima dell’attentato, ed era avvenuta in contemporane a quella di Glendale, in California. Apple aveva lavorato due anni per riuscire a mettere insieme le competenze e il progetto di questa nuova, innovativa catena di negozi monomarca che avrebbero rifefinito il mondo della vendita al dettaglio. Se per l’inaugurazione ci fossero voluti ancora sei mesi, forse il progetto sarebbe stato ridimensionato, o addirittura cancellato e rinviato all’anno dopo.

Apple, insomma, più di molti altri era in una fase estremamente delicata quando la mazzata dell’11 settembre si schiantò sul mercato, innestando una crisi economica dettata anche dalle condizioni congiunturali dello scoppio della bolla delle DotCom, che si gonfiava dal 1994, l’anno della quotazione in Borsa di Netscape e che produceva vertiginose crescite in Borsa solo con l’idea che un’azienda potesse forse potenzialmente chissà avere una qualche buona idea. Apple era davvero esposta, piena di debiti, in continua lotta per rilanciare e consolidare quella credibilità e quei progetti che si reggevano sostanzialmente solo sul flusso di cassa generato dall’unico prodotto di successo degli ultimi cinque anni: l’iMac. Uno stop in quel momento e la straordinaria corsa dell’azienda guidata dal suo fondatore tornato a guidarla dopo dodici anni di esilio non si sarebbe forse mai realizzata.

Qui sotto: l’home page di Apple qualche ora dopo la tragedia.

Apple 11 settembre

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