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Dieci anni di Apple Watch, l’idea elitaria di Ive diventata sogno salutista di Cook

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Sembra ieri, ma sono già dieci anni. Sembra ieri, ma l’Apple Watch è andato in doppia cifra. E per un singolare gioco del destino, visto che i calendari hanno le loro irregolarità che tendono ad allontanare le simmetrie, il giorno dell’annuncio della decima generazione, il 9 settembre 2024, coincide con il lancio della prima: il 9 settembre 2014. Solo che allora era un martedì.

In realtà va detto che in quella data vi fu solo l’annuncio. L’Apple Watch venne commercializzato molti mesi dopo: nell’aprile del 2015 accompagnato da un grande evento che ebbe, pochi se lo ricordano (ma noi c’eravamo), come palcoscenico la città di Milano.

Un’attesa tipo iPhone (che venne presentato a gennaio del 2007 e commercializzato durante l’estate) che fece montare l’attesa di quello che all’inizio la Apple di Tim Cook presentò come una specie di folletto tuttofare: uno strumento di lusso (c’era la versione d’oro), un apparecchio per misurare i battiti del cuore e fare ginnastica, contare i passi, avere le app, gestire le notifiche, ascoltare la musica, fare le telefonate. Funzionalità presenti fin da subito o solo sul tavolo da disegno, che poi si sarebbero concretizzate nel corso degli anni.

Nascita di un mito

La Apple che aveva pensato l’Apple Watch non era più la Apple di Steve Jobs: si tratta del primo prodotto che, per quello che sappiamo (e sappiamo un sacco di cose al riguardo) è nato senza essere stato pensato da Steve Jobs.

Anche se il fondatore di Apple ormai fuori per la malattia dalle leve decisionali, era consapevole di un piano, non fu lui a immaginarlo. Dietro l’Apple Watch c’è il pensiero quasi esclusivo di Jony Ive, come lo stesso Ive ebbe modo di spiegare.

I giornali avevano raccolto alcune indiscrezioni, tra il 2012 e il 2013, “sentendo” che nell’aria c’era qualcosa di nuovo. Un iPhone trasparente da tenere attorno al polso come una specie di bracciale. Erano opere di depistaggio.

In realtà quello che Ive stava preparando era un oggetto che coniugasse esplicitamente lusso, design e tecnologia, come ebbe modo di far intendere in molteplici interviste, scegliendo eventi ad hoc (come la giornata della moda a Milano cui facevamo cenno sopra) e riviste specializzate in glamour. Celebri le foto con designer del fashion che accompagnavano Ive nel corso della presentazioni, come quella con Karl Lagerfeld.I primi dieci anni dell’Apple Watch

A un certo punto, in una intervista al Wall Street Journal, un Tim Cook che cercava di consolidare la sua posizione di Ceo innovatore dopo la successione a Steve Jobs (e dopo qualche debacle operativa con un paio di assunzioni non azzeccate) annunciò l’arrivo di un misterioso nuovo prodotto, che poi si sarebbe rivelato essere appunto l’Apple Watch.

 

La strategia dietro al Watch

Per realizzarlo Apple assunse Kevin Lynch, che all’epoca era il Cto di Adobe (e allora nemico assoluto di Cupertino con cui si era scontrato per il rifiuto di Flash su iPhone), e lo mise alle dirette dipendenze di Bob Mansfield, il capo dell’hardware dell’azienda, in veterano che ha saputo far navigare la corazzata Apple con la leggerezza di un fuscello e la velocità di un siluro per due decenni.

Lynch iniziò a lavorare a un progetto di integrazione hardware e software assolutamente atipico, perché l’azienda non aveva per niente idea di quale tipo di caso d’uso dovesse avere l’Apple Watch. Un po’ come è capitato anni dopo con l’Apple Vision Pro. A cosa serve? Apple ha tirato fuori tantissime opzioni diverse, tutte possibili, e poi ha tirato letteralmente il prodotto contro il muro della pubblica opinione, dei giornali e del mercato dei consumatori, prestando molta attenzione a cosa restava attaccato e cosa invece scivolava via.

I primi dieci anni dell’Apple Watch

Avanti piano, all’avventura

Così, il progetto nato senza un vero obiettivo forte, con un esercito di cento designer dietro alla sua realizzazione, si presentò da subito con anime diverse e contraddittorie. Oggetto di design e di lusso secondo Ive che l’aveva pensato, periferica per le notifiche e capace di replicare in piccolo alcune segnalazioni del telefono per gli ingegneri del software e gli esperti del marketing alla ricerca di nuovi spazi di engagement degli utenti, strumento di misurazione di parametri biologici e funzionali (battiti del cuore, ossigenazioni del sangue, elettrocardiogramma, movimento, passi). Fitness, wellness ma anche healthcare.

La mutazione da oggetto del lusso ad strumento per la salute e il fitness su piuttosto rapida ed inesorabile. Guidata probabilmente dallo stesso Cook che della salute dell’attività fisica è un vero pasdaran. Il transito dall’identità originaria a quella che oggi distingue Apple Watch fu probabilmente la più importante ragione di rottura tra Ive e Cook che divergevano su diverse cose ma soprattutto sulla identità da dare ai nuovi prodotti.

Ci fu scandalo su quest’ultimo punto perché Apple Watch andava contro i protocolli dei dispositivi medicali e “raccoglieva informazioni inattendibili”, dicevano i medici. I misteri del corpo umano erano da analizzare con strumenti certificati e molto più costosi e professionali, non con un gadget. Eppure, sulle vite salvate grazie ai sensori di Apple Watch l’azienda ha fatto campagne su campagne: sia per gli infarti che per gli incidenti in auto o le cadute in casa. E alla fine ha vinto il marketing di Apple: adesso anche i medici consigliano di usare Apple Watch come “soluzione generica” per monitorare parametri vitali in modo soft e avere una attiva. Il sogno del salutista e palestrato Tim Cook.

I primi dieci anni dell’Apple Watch

Fenomenologia dell’Apple Watch

Nei dieci anni di Apple Watch la forma generale dell’oggetto è cambiata solo con l’arrivo della versione Ultra, una specie di Smartwatch-toolwatch capace di fare cose più sportive ed estreme, sempre con una cassa squadrata che è un fattore di design estremamente intelligente perché rende riconoscibile la diversità rispetto agli orologi tradizionali che sono mediamente rotondi.

In realtà però l’orologio di Apple è passato attraverso una serie di iterazioni e miglioramenti straordinari, che hanno trasformato la prima generazione, chiamata genericamente Apple Watch, attraverso poi i successivi Series da 1 a 9 (del 2023), in uno strumento piccolo ma estremamente raffinato per funzioni, design e capacità.

Apple ha mantenuto stabile l’obiettivo di avere un giorno di autonomia (che in realtà richiede due brevi cariche mattina e sera per chi vuole tenere l’orologio al polso anche di notte e sfruttare i sensori che leggono pulsazioni e altre funzioni biometriche per valutare la qualità del sonno) come fa con la maggior parte dei suoi dispositivi. Apple Watch Ultra (e Ultra 2) hanno invece una autonomia superiore a due giorni.

Minimalismo e complessità

“Il Watch di Apple”, come lo chiamano spesso i colleghi della stampa italiana, è uno strumento all’apparenza molto minimalista ma in realtà tecnicamente estremamente complesso: ogni generazione alza un po’ l’asticella di quello che la tecnologia di massa può realmente fare, a testamento della capacità di Apple non solo di innovare ma anche di iterare, un passo alla volta.

Apple Watch ha un processore, testata wireless e funzionalità di comunicazione estremamente compresse e sofisticate. Oggi permette di telefonare, sapere dove siamo, riconoscere se c’è un incidente e chiamare aiuti, utilizzare il Gps. È, soprattutto nella versione Ultra, praticamente uno strumento a se stante. E nell’epoca delle scuole dove viene vietato l’uso del cellulare ai bambini (e in generale sconsigliato) per molti potrebbe essere l’alternativa giusta per avere i figli moderatamente connessi ma in un ambiente molto controllato.

Facile e per tutti

Apple, come Nintendo, gioca una partita sulla privacy molto protezionistica che rassicura le famiglie con la sua piattaforma chiusa e a prova di tonto: lo possono usare gli anziani, i genitori meno tecnologici, i figli. È gender-neutral perché supera gli stereotipi di genere (l’inadeguatezza delle femmine rispetto alla tecnologia contrapposta alla tendenza a smanettare dei maschi) e libera tutti quanti.

Soprattutto, l’Apple Watch, oltre a dire che uno ha necessariamente in tasca anche un iPhone, è un fashion statement molto facile e universale. Chiunque può indossarlo, non è considerato “di lusso” in senso proprio (non te lo sfilano dal polso per rubartelo) e viene accettato come “adatto” sia nelle situazioni casual e sportive che in quelle formali ed esclusive.

Ciao ciao Svizzera

Se c’è una risposta singolare all’Apple Watch è che non solo ha stracciato le vendite di tutta la Svizzera, cioè della patria degli orologi meccanici e poi al quarzo con il gruppo Swatch, ma che ha anche fatto alzare il prezzo medio di quei prodotti.

L’esclusività leggermente costosa di Apple Watch (i 300-400 euro di un Apple Watch sono l’equivalente di un orologio meccanico di fascia molto bassa e un medio tra quelli al quarzo) ha spaventato moltissimo i produttori elvetici perché gli Apple Watch non sono orologi tecnici da appassionati di sport che vengono indossati solo durante gli allenamenti, ma veri e propri oggetti quotidiani. Anzi, con le notifiche e la raccolta di informazioni bio, vengono tendenzialmente usati in maniera esclusiva.

Gli Apple Watch insomma sono come quell’anello dei romanzi di Tolkien che serve a domare tutti gli altri. L’Apple Watch non entra in una collezione lasciando spazio, anzi polso, agli altri orologi in rotazione. Vuole l’esclusività e gli svizzeri, pur di tenerlo lontano dai polsi della gente sono disposti a tutto. Anche ad alzare l’asticella del prezzo per riguadagnare paradossalmente esclusività e competere su un piano simbolico e non più funzionale (gli orologi meccanici non servono certo più al giorno d’oggi per dire l’ora con precisione, ma soddisfano altre ambizioni e bisogni degli utenti).

Apple Watch decimo anniversario

Mentre scriviamo questo articolo Apple non ha ancora annunciato la nuova generazione del suo orologio. Certo, ci sono rumors e indiscrezioni (una volta un hobby per pochi adesso uno sport regolamentato di livello olimpionico) ma le domande di fondo restano.

Che ne sarà di Apple Watch? Come può evolvere? Avremo un Apple Watch X che come è accaduto per iPhone X al decimo anniversario, che ha cambiato un paradigma e ne ha definito un altro che è la base della telefonia smart ancora oggi? Oppure avremo una semplice iterazione?

La strada di Apple da qualche anno è diventata molto più in salita che non in passato. Prima inseguiva, poi è passata in testa, poi è andata in fuga, e adesso è logorata dalla concorrenza e dall’emergere di altre forme di innovazione (come l’intelligenza artificiale) sulle quali arriva di traverso e un po’ in ritardo.

Apple Watch è stato un piccolo motore di innovazione, una fabbrica di soldi oltre che di meraviglie tecnologiche. Sarà ancora così? E per quanto?

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