Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune causata da anticorpi che attaccano le cellule Beta all’interno del pancreas deputate alla produzione di insulina.
L’insulina utilizzata per il trattamento può essere somministrata per via sottocutanea o con infusore, avviando il rilascio di prima dei pasti. Il trattamento con insulina predispone all’ipoglicemia, nella cui eventualità è necessario apporto di zuccheri.
I malati di diabete tipo 1 (300.000 in Italia) sono quindi costretti a tenere costantemente sotto controllo il livello glicemico per evitare crisi che possono portare alla perdita di controllo e pure al ricovero ospedaliero: le ipoglicemie severe, che colpiscono un terzo dei pazienti con diabete di tipo 1 e un quinto di quelli con diabete di tipo 2 spesso richiedono l’ospedalizzazione.
Si stima che, tra i costi diretti per la cura del diabete (di tipo 1 e 2) , il 56,9% è attribuibile alle ospedalizzazioni, il 13,5 % alle prestazioni ambulatoriali, il 23,3% ad altri farmaci mentre solo il 6,2% ai farmaci per il diabete. Questo conferma che solo la riduzione dei costi delle ospedalizzazioni può incidere significativamente nella spesa per la cura del diabete.
Attualmente le persone affette da diabete di tipo 1 ricorrono alla misura discontinua e “discreta” dei valori di glicemia attraverso la puntura del dito e l’uso di strisce di rilevazione che possono essere lette da un dispositivo collegabile ad uno smartphone. Su Macitynet abbiamo provato nei mesi scorsi alcuni di questi dispositivi alla portata di tutti.
Purtroppo anche se i dati rilevati sono indicativi la rilevazione con il glucometro tradizionale o “smart” ha degli inconvenienti che sono da una parte il dolore che si prova dopo una ripetuta punturazione delle dita e dall’altra il fatto che il sistema, oltre ad avere qualche problema di esecuzione in luoghi non normalmente deputati ad un rilevamento (durante una lezione scolastica, al cinema, al ristorante), non garantisce un tracciamento continuo (la scelta dipende dal paziente) e soprattutto non è in grado di prevedere crisi ipoglicemiche e iperglicemiche ma semplicemente di verificarle quando sono in corso o quando il malato ha già i primi sintomi effettivi.
L’ideale sarebbe quindi un sistema in grado da sia di gestire il rilevamento della glicemia in modo da non avere effetti sulla privacy e sulla normale stile di vita dell’ammalato sia di di fornire l’andamento continuo dei livelli di glucosio in modo da somministrare insulina o zuccheri quando questo è necessario: non durante la crisi ma prima della crisi stessa per la massima efficacia e per evitare fenomeni acuti pericolosi per il malato e per chi gli sta intorno e pure ricoveri in pronto soccorso con enormi costi per il Sistema Sanitario Nazionale.
Una soluzione che abbina un sensore sottocutaneo removibile ad uno Smartphone
Eversense di Senseonics, azienda con base a Washington e è il primo sensore per il monitoraggio continuo della glicemia (CGM) impiantabile, progettato per la rilevazione dei valori di glucosio nel sangue fino a 90 giorni senza necessità di sostituzione del sensore ogni settimana.
Il sensore è sottocutaneo e non necessita di alcun ago o dispositivo che lo colleghi al trasmettitore ricaricabile, che è interamente rimovibile in modo semplice e senza rischi ed è quindi compatibile con qualsiasi tipo di attività, da una cena fuori o una banale passeggiata ad un’attività sportiva agonistica.
L’antenna del sensore riceve energia in Radio Frequenza dal Pod intermedio -> l’indicatore a polimeri sulla superficie del sensore attiva una fluorescenza quando il glucosio è presente –> il sensore invia i dati grezzi al trasmettitore che calcola il valore effettivo del glucosio –> il trasmettitore invia i dati sul glucosio, le tendenze e gli allarmi allo smartphone.
Il sistema Eversense viene inserito durante una seduta ambulatoriale di pochi minuti e la dimostrazione è stata effettuata dal Dr. Giancarlo Tonolo direttore del centro di Diabetologia dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Olbia.
Il sensore viene impiantato a livello sottocutaneo sulla parte superiore del braccio: è sufficiente un’incisione millimetrica per l’inserzione del sensore e l’impianto è eseguito in anestesia locale. Dopo tre mesi l’operazione viene ripetuta.
Lynne Kelley, Chief Medical Officer, Senseonics Inc ci ha parlato degli sviluppi della tecnologia che puntano a brevissimo termine a realizzare un sensore in grado di essere sostituito dopo 6 mesi di attività riducendo il numero di visite dal medico curante e nel lungo termine ad ottenere persino un anno di permanenza all’interno del braccio del paziente senza sostituzione.
Quella mostrata all’evento dai primi pazienti italiani è la prima versione del trasmettitore che funziona da ponte verso lo smartphone: questo comunica da una parte via NFC verso il sensore installato nel braccio (che quindi non ha bisogno di alimentazione) e in Bluetooth verso lo smartphone ed ha quindi bisogno di batterie e sistemi di schermatura. Gli allarmi a vibrazione sono attivati anche direttamente sul trasmettitore per avere un controllo immediato della tendenza dei livelli di glicemia non ottimali.
Senseonics ha già sviluppato una ulteriore versione dalle dimensioni ridotte del pod che sarà disponibile tra qualche settimana: ha una estetica più gradevole ed è indossabile sotto i vestiti con meno evidenza e più sicurezza nel caso di svolgimento di attività sportive.
Il nuovo transcoder è il 57% più sottile e il 55% più leggero rispetto all’attuale e sarà anche water resistant. E questo è solo l’inizio, ci ha detto Lynne Kelley visto che Senseonics sta già studiando per il futuro un sistema che elimini direttamente il trasmettitore intermedio grazie alla miniaturizzazione dell’elettonica a bordo del sensore.
In pratica nei prossimi anni avremo semplicemente il sensore installato (con necessità di avvicendamento sempre minori) e lo smartphone a fare da terminale.
Gia adesso si possono visualizzare valori e allarmi anche su Apple Watch: potrebbe esserci quindi la possibilità in futuro di fare a meno anche dello smartphone intermedio e di avere una interazione direttamente con uno smartwatch.
Ovviamente tutti i passaggi da una versione all’altra che fanno progredire nei tempi di permanenza del sensore e nella riduzione del sistema di rilevamento devono passare per una lunga fase di test e di certificazioni da parte degli enti nazionali ed internazionali che permettono l’introduzione del sistema come presidio medico in grado di essere, nel nostro paese in seguito alla legge 115, fornito in via gratuita al malato.
Il sistema attuale è il frutto di test effettuati su 500 pazienti in oltre 100.000 giorni complessivi di utilizzazione. E’ in previsione anche la possibilità ad uso pediatrico (ancora più utile perchè i minori hanno meno propensione al controllo autonomo e il diabete di tipo 1 si presenta nei primi anni di vita) ma Senseonics prevede il rilascio dell’autorizzazione relativa tra il 2018 e il 2019.
Come funziona Eversense?
Eversense invia allarmi, avvisi e notifiche relativi ai valori del glucosio visibili in qualsiasi momento sull’app. Il trasmettitore attraverso suoni e/o vibrazioni avvisa l’utilizzatore quando i livelli di glucosio raggiungono valori troppo elevati o troppo bassi grazie alla presenza di un algoritmo predittivo avverte il paziente preventivamente di probabili episodi di ipo o iperglicemia.
E’ proprio la “predittività” la funzione più apprezzata dai pazienti con cui abbiamo potuto parlare all’evento: poter capire quando una crisi è in arrivo con un certo anticipo è assolutamente la prestazione che incide più a fondo nello stile di vita di malato di questa patologia.
Inoltre i dati e gli allarmi possono essere condivisi con familiari e medico curante sia per un monitoraggio diretto sia per raccogliere le informazioni utili all’evoluzione della patologia anche in combinazioni con altri dati sensibili sulla salute.
La soluzione è commercializzata in Italia da Roche Diabetes Care, specializzata nell’innovazione nel monitoraggio e trattamento del diabete. L’approccio nasce dall’attenzione che l’azienda pone ai bisogni reali delle persone con diabete nell’intento di ridurre il peso della malattia per le persone che ne soffrono e le loro famiglie e nel contempo contribuire alla sostenibilità dei sistemi sanitari.
Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma nella gestione della malatia. Massimo Balestri, General Manager di Roche Diabetes Care Italy nel presentare la soluzione ha detto “Strumenti di monitoraggio come questo consentono di aumentare la qualità di vita e di ottimizzare il controllo metabolico. Siamo certi di aver portato in Italia un enorme beneficio per le persone con diabete”
In Italia fino a questo momento sono 7 i pazienti che beneficiano di questa innovazione. Tre sono stati impiantati a Padova dal team della Dr.ssa Bruttomesso dell’Unità Operativa Complessa di Malattie del Metabolismo, due sono stati impiantati a Olbia presso il centro di Diabetologia dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Olbia diretto dal Dr. Giancarlo Tonolo e altri due hanno ricevuto il dispositivo presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria “Mater Domini” di Catanzaro dove opera la Prof.ssa Concetta Irace del Dipartimento di Scienze della Salute.
I pazienti come il sardo Gianfranco Udassi (il suo trasmettitore e i suoi dati sibi nella galleria qui sotto) che stanno utilizzando questa novità tecnologica hanno espresso grande soddisfazione per la facilità d’uso del dispositivo, per la sicurezza e affidabilità del dato di rilevazione della glicemia e per il miglioramento nella gestione quotidiana della malattia. “La misura continua della glicemia ha cambiato in poche settimane il mio stile di vita e il mio modo di rapportarmi con gli altri”.
“Dover estrarre le striscette e il glucometro mentre sei al cinema con gli amici, quando sei al ristorante e in compagnia è un gesto necessario ma a volte prevale la vergogna o la volontà di non essere di disturbo e questo è un atteggiamento dannoso per il controllo della malattia”.
Una operazione di installazione presso il medico curante, oggi ogni 3 mesi e domani ogni 6 mesi e magari in futuro prossimo con tempi più lunghi è in grado di semplificare la vita di tutti i giorni e di rendere più accettabile e serena l’esistenza di chi dipende fortemente dal livello di zuccheri e insulina per mantenersi in salute.
Il prossimo passo per i malati di diabete sarà l’integrazione con il cosiddetto P.A. (Pancreas Artificiale): grazie alla combinazione tra i sensori che rilevano in continuo l’andamento della glicemia e un sistema automatico di somministrazione dell’insulina, il malato sarà in grado di avere un bilanciamento ottimale dei valori in grado di gestire crisi e fasi acute.
In Italia il team di Claudio Cobelli a Padova sta lavorando da tempo a questo progetto e Manuela Bertaggia, consigliere di Fand (Associazione Italiana Diabetici), presente all’evento tra i pazienti che stanno utilizzando Eversense, ha sperimentato in un doppio trial la soluzione P.A. e confida che l’unione delle due tecnologie sarà in grado cambiare il rapporto che i malati di diabete hanno con la patologia.