Apple e i Big della Silicon Valley sono contrari al decreto anti-immigrazione con il quale Donald Trump ha sospeso l’ingresso nel Paese per i cittadini di sette nazioni a maggioranza musulmana. La maggiorparte delle aziende in questione sta facendo pressione affinché l’ordine esecutivo venga abrogato. Re/code ha ottenuto la bozza di una lettera che Apple, Alphabet (Google), Facebook, Uber, Stripe e altri stanno preparando e presto renderanno pubblica.
“Come imprenditori e dirigenti di azienda, la capacità di crescita delle nostre imprese e di creare lavoro dipende da contribuiti di immigrati provenienti da qualsiasi estrazione”. I firmatari “condividono” l’obiettivo di Trump di garantire che il sistema di immigrazione soddisfi le odierne esigenze e garantisca la sicurezza del Paese, ma affermano di essere preoccupati poiché l’ordine esecutivo “interesserà molti titolari di visto che lavorano negli Stati Uniti e contribuiscono al successo della nazione”. “In una economia globale” si legge ancora nella bozza, “è fondamentale continuare ad attrarre le persone migliori e più brillanti da tutto il mondo”.
Le aziende dicono di avere accolto con favore i cambiamenti all’Homeland Security (il Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti che ha il compito di proteggere il territorio da attacchi terroristici e di rispondere in caso di disastri naturali) e dicono di essere pronte ad aiutare l’amministrazione a identificare altre opportunità “per garantire che i nostri dipendenti possano viaggiare senza complicazioni e senza alcun indugio”. Ricordiamo che molti dipendenti delle aziende in questione che erano già in viaggio o si trovavano già in un aeroporto statunitense, sono rimasti bloccati con agenti e funzionari che non sapevano esattamente come dover procedere. L’esenzione per i possessori di green card è arrivata solo due giorni dopo l’entrata in vigore del decreto, di fatto bloccando numerose persone al loro arrivo negli USA, nonostante lavorassero o vivessero negli Stati Uniti regolarmente anche da molti anni.
“La solidarietà della nostra nazione è una delle cose che ci rende eccezionali e siamo pronti a impegnarci per aiutare la sua amministrazione a individuare approcci per accurate procedure di screening senza bisogno di una sospensione generale degli ingressi nell’ambito del programma di ammissione dei rifugiati nel paese” (U.S. Refugee Admissions Program, il programma che vieta per 90 giorni l’ingresso ai cittadini di Iran, Iraq, Siria, Sudan, Libia, Somalia e Yemen). “Sicurezza e verifiche possono essere sempre soggette a continue valutazioni e miglioramenti, ma la sospensione degli ingressi in toto non è l’approccio giusto”.
Per la questione immigrazione, il CEO di Apple Tim Cook ha recentemente fatto sapere di essere in contatto con “personalità di alto, altissimo spicco alla Casa Bianca” spiegando che sta valutando modi “costruttivi e proficui” per combattere l’ordine esecutivo di Trump.