Il musicista David Lowery ha presentato una class action contro Spotify, sostenendo che il servizio di streaming distribuisce consapevolmente contenuti protetti da copyright senza autorizzazione.
Secondo la denuncia riportata da Bilboard, Spotify provocherebbe intenzionalmente “danni e perdite ai detentori del copyright” omettendo di ottenere le licenze appropriate per la riproduzione e la distribuzione di contenuti protetti da copyright. Secondo Lowery, Spotify ha illegalmente duplicato o ospitato diverse canzoni dalla sua band Cracker, tra cui “King of Bakersfield,” “Almond Grove,” e “Tonight I Cross the Border”.
Lowery rappresenterà una proposta di class action per un gruppo di oltre 100 membri che condividono le sue stesse frustrazioni nei confronti del servizio; con essa vuole scucire al Spotify almeno 150 milioni di dollari in danni per la distribuzione illegale di molte delle sue canzoni. Spotify manterrebbe un “dai 17 a 25 milioni di dollari di riserva” per il solo scopo di pagare royalties che non sono mai distribuiti agli artisti.
“Siamo impegnati a pagare autori ed editori ogni centesimo – ha ribattuto Jonathan Prince, responsabile globale delle comunicazioni di Spotify in una dichiarazione a The Verge – Purtroppo, soprattutto negli Stati Uniti, i dati necessari per confermare i titolari dei diritti appropriati sono spesso mancanti, sbagliati o incompleti. Quando l’identità dei titolari dei diritti non è immediatamente chiara, mettiamo da parte le royalties e restiamo debitori fino a quando non siamo in grado di confermare l’identità”.
Questa non è la prima volta che Spotify ha affrontato una causa per violazione del copyright. Nel 2013, Ministry of Sound, società che crea compilation di musica dance, ha citato in giudizio Spotify per aver rifiutato di eliminare le playlist create da un utente che imitavano i suoi album, controversia poi conclusasi con un accordo extra-giudiziale.
Inoltre i grattacapi dell’azienda non finiscono qui: Spotify sta attualmente trattando un accordo con la National Music Publishers Association (NMPA), dopo che la NMPA ha citato in giudizio la società sostenendo che non è riuscita a tenere accuratamente traccia dei pagamenti delle royalties, problema ammesso da Spotify in un post sul blog dove ha sostenuto di avere avuto difficoltà di gestione royalties, e che avrebbe collaborato con la NMPA per costruire un “sistema di gestione editoriale complessivo” per garantire che gli artisti e gli editori siano adeguatamente compensati.
Se la NMPA optasse per un patteggiamento, che darebbe gli editori il potere di richiedere pagamenti di royalties in cambio di un ritiro ritiro delle rivendicazioni legali sulle licenza per la distribuzione dei contenuti, la decisione potrebbe indebolire la denuncia di Lowery.