In una famosa vignetta dei Peanuts, Linus diceva a Snoopy: “Ricordati, piove sui giusti e sugli ingiusti“. Ma il bracchetto rispondeva pensando tra sé e sé: “Ma perché su noi in mezzo?“. La stessa domanda probabilmente gira anche a Cupertino mentre le Borse crollano, a partire da Tokyo ma soprattutto negli USA con Wall Street che va giù, seguita dall’Europa (Milano compresa), dopo “l’aggiustamento tecnico” di giovedì scorso. È una crisi di fiducia nei confronti della tecnologia, soprattutto. Che colpisce i giusti, gli ingiusti e tutti quelli che sono nel mezzo (soprattutto i risparmiatori).
Allineamento perfetto
Una crisi notevole: il Nikkei 225 è crollato del 12%, il resto del mondo ha seguito e le azioni del settore tech vengono viste come a rischio: Nvidia cala del 7%, Meta e Apple (che paga anche la notizia della riduzione di metà della partecipazione di Berkshire Hathaway) vanno giù del 5%. E assieme a loro calano anche Alphabet, Amazon e Microsoft del 3%.
Ma prima di loro, Intel (che sta licenziando migliaia di persone) e gli altri hanno lasciato sul pavimento delle Borse mondiali miliardi di dollari di valore: carta straccia digitale, visto che le sale alle grida non esistono praticamente più se non per motivi di immagine (il trading è tutto digitale).
Il rallentamento dell’economia USA
Certo, ci sono le preoccupazioni per il rallentamento dell’economia statunitense, il dato non buono dei posti di lavoro in America a luglio e l’idea che la Federal Reserve si sia mossa troppo lentamente e che avrebbe invece dovuto giocare d’anticipo nel tagliare i tassi. Tutto chiaro, ma la realtà è che dietro questo disastro c’è anche un pesantissimo riallineamento per quanto riguarda le aspettative sul settore tech. Un settore che da tre anni è cresciuto a dismisura su una promessa: che l’intelligenza artificiale avrebbe cambiato tutto. Cosa che è vera a solo fino a un certo punto.
Il ritardo di Apple
A trovarsi in una situazione molto particolare è Apple. Soffre sia il calo di fiducia generalizzato nella tecnologia innescato dallo scoppio della bolla AI (perché forse è veramente scoppiata), e dall’altro del timore recessione che vorrebbe dire una diminuzione della vendita di apparecchi elettronici “di lusso” o comunque più costosi. Se milioni di americani prima ed europei dopo rinviano di 12-18 mesi il cambio del telefonino, questo può voler dire il crollo delle vendite.
Ma c’è anche un paradosso, come dicevamo prima. Perché in realtà Apple sulla AI sta correndo, ma è in ritardo. Le ultime notizie la vedono disponibile in forma limitata e solo per gli sviluppatori però al di fuori dell’Europa (e della Russia andrebbe aggiunto). Sono arrivati solo alcuni “pezzetti” tra quelli mostrati alla WWDC di giugno. Cose che saranno pronte in realtà in autunno inoltrato, mentre della maggior parte si parla per il 2025. E non si sa neanche quanto e come funzioneranno.
Tattica e strategia per la AI
Apple sulla carta ha fatto mosse tutte giuste: negli ultimi quattro anni ha chiarito più volte che le interessava sviluppare una intelligenza artificiale basata su reti neurali che rispettano la privacy e sono sia “chiuse in casa” (a differenza dei servizi cloud) che addestrate con dati appropriati (a differenza di tutti i grandi modelli in circolazione che hanno inghiottito i dati di tutti senza pietà).
Apple ha insistito su una strategia fatta di innovazione per non vedere compromessi i propri principi e ha fatto certamente bene. Poi ha cominciato a costruire le sue funzioni di AI integrate in tutti i suoi dispositivi quando ormai la bolla dei chatbot che fanno tutto era diventata talmente grande da togliere l’ossigeno anche a un colosso come Apple.
La grande bolla
Così, mentre OpenAI e Nvidia hanno tirato dentro le loro casse tonnellate di soldi “virtuali” presi dagli investitori sulla base della promessa di una ricchezza spropositata per tutti semplicemente implementando l’AI, dall’altro lato Apple ha dovuto cominciare ad accelerare nell’introduzione delle funzionalità.
Quindi, mentre la bolla che ha distorto il mercato sta parzialmente scoppiando, Apple paga pegno tre volte: sia per non aver fatto le cose come gli altri cioè come Microsoft e Google hanno fatto, sia per aver cominciato a farle, sia per il rischio che la crisi in generale colpisca anche la vendita del suo hardware (che non c’entra niente ma è comunque coinvolto se la capacità di spesa dei consumatori si contrae).
Una crisi generalizzata
In un momento in cui (parlando di bolle) anche i Bitcoin vanno in sofferenza, perdendo il 17% rispetto al 3 agosto e toccando il loro livello più basso da febbraio (e gli Ether in par condicio nel frattempo calano del 15%) si ha la sensazione che il futuro della tecnologia si stia avviando verso un brusco riallineamento non solo delle aspettative ma anche dei razionali di business.
Non sbagliamoci però. L’intelligenza artificiale c’è, funziona e fa cose incredibili ma non è magia: il crollo di queste ore ci dice sostanzialmente questo, guardando il versante tech. Nel futuro più lontano i cambiamenti saranno giganteschi, ma adesso stiamo cercando di rimettere tutti i piedi per terra.
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