Una batteria flessibile e creata con componenti e composti non tossici per dispositivi elettronici indossabili e nei dispositivi medici impiantabili. È questo il traguardo che il mondo si prefigge, ma finora non è stato possibile creare accumulatori senza l’uso di sostanze nocive, obbligando i produttori di accumulatori a usare materiali aggiuntivi che impediscono alle sostanze chimiche di fuoriuscire e venire a contatto con i tessuti umani, una caratteristica che obbliga a creare accumulatori rigidi e ingombranti.
Un team di ricercatori cinesi è riuscito a creare un nuovo tipo di batteria flessibile che non richiede l’uso di sostanze chimiche pericolose. Lo riferisce Engadget spiegando che, anziché imballaggi con elettroliti corrosivi o tossici, il team ha usato sostanze come il solfato di sodio cristallino usato nei lassativi o nelle soluzioni saline per la coltura delle cellule.
Benché sia sempre preferibile che tali soluzioni non fuoriescano dalle batterie e finiscano nel corpo, anche se questo dovesse accadere, non è un pericolo come i prodotti chimici che si trovano ora nelle batterie. Non essendo necessario tenere conto di molte protezioni per la fuoriuscita dei liquidi aggiungendo materiali vari, batterie di questo tipo possono facilmente mantenere la flessibilità.
Sono state create due tipi di batterie: un modello tipo cintura e uno con la struttura a nanotubo. Il solfato di sodio si è rivelato migliore rispetto ad altri due elettroliti provati ed equivalenti soluzioni usate nelle batterie agli ioni di litio per dispositivi indossabili; le performance della batteria a forma di cintura non sono state influenzate anche dopo centinaia di torsioni e piegature con angolazioni diverse.
Le batterie che sfruttano il sale non sono una novità ma questo elemento non era stato utilizzato per creare batterie flessibili, elemento che le rende utilizzabili anche alla presenza di fluidi corporei come il sudore. I ricercatori hanno scoperto dalla variante con struttura a nonotubo anche qualcosa che non avevano previsto: la possibilità di accelerare la conversione dell’ossigeno disciolto in ioni-idrossidi, utile per favore l’assorbimento di medicinali in punti del corpo difficili da raggiungere con i farmaci iniettabili.