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Il crac delle banche svela la visione fallita della Silicon Valley

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La Silicon Valley Bank ha anche la ragione sociale che richiama la missione: essere la più grande banca statunitense nella culla della tecnologia, pronta a occuparsi delle startup e delle grandi aziende: e in effetti questo era la banca fallita. Nel Regno Unito la filiale britannica è stata comprata per una sterlina da HSBC, salvando così posti di lavoro e tutelando gli asset.

Il dato complessivo rimane: una delle più importanti banche statunitensi nel settore delle startup tecnologiche. La banca attraverso la quale passavano finanziamenti, mutui, stipendi e moltissime altre attività di ordinaria e straordinaria attività di aziende grandi ma soprattutto piccole e piccolissime, con un bacino di più di mezzo milione di persone direttamente collegate alla liquidità dell’istituto di credito.

La Silicon Valley Bank è stata ovviamente protetta dalla normativa americana sulla tutela dei depositi in caso di fallimento, che tuttavia è molto diversa da quella europea grazie anche alla deregulation per le piccole e medie banche (come SVB) che impatta direttamente sui correntisti. Garantiti i depositi solo fino a 250mila dollari, che rappresentavano meno del 5% del totale: è dopotutto una banca di attività finanziaria rapida nel settore con la maggiore ricchezza di stipendi e densità di startup al mondo.

Il fallimento ha portato alla necessità di una azione correttiva straordinaria voluto dalla Casa Bianca: “Il sistema bancario è sicuro”, ha dichiarato il presidente Joe Biden dopo aver mosso le pedine per gestire l’impatto del fallimento della banca e la chiusura di un’altra, Signature Bank, particolarmente a rischio, per evitare il contagio con il sistema bancario americano. Cioè l’espansione a macchia d’olio del “bank run“, della fuga dei correntisti dalle banche: quando cioè si spostano tutti i soldi altrove, colpendo la banca nella sua parte più debole, ovverosia le riserve.

Google

I soldi delle banche

Il mestiere delle banche ha due facce, a grandissime linee: conservare i soldi delle persone e delle aziende da un lato e dall’altro investirli o comunque prestarli per fare business e guadagnare plusvalenze che fanno la bottom line economica dell’azienda-banca. Ma le banche hanno un duplice ruolo di imprese e di istituzioni finanziarie, sono gestite da imprenditori e manager che cercano profitti da un lato, ma sono anche strumenti di politica economica che hanno una funzione molto particolare nel sistema economico di un paese e, nel mondo globalizzato, sempre più nell’intero sistema economico occidentale.

Il fallimento più “grosso” dal 2008, anno terribile in cui è stato scosso violentemente l’intero sistema finanziario e poi economico mondiale, con rischi fortissimi (la creazione della categoria delle istituzioni finanziarie “too big to fail“, troppo grandi per fallire) e cicatrici sull’economia reale e soprattutto sui risparmiatori che sono ancora ben visibili, fanno capire che la crisi va contenuta in tutti i modi.

foxconn wisconsin

Il senso del fallimento

Ma al di la di Signature Bank, che è un istituto di credito molto attivo nel settore immobiliare e ha risentito di una amministrazione spericolata, troppo sbilanciata negli investimenti, e del cambiamento dei tassi, che hanno avuto un impatto frontale, il vero problema è cosa significa il fallimento di SVB.

La miccia accesa dalla banca della Silicon Valley è stata spenta dal governo americano che ha fatto ricorso al fondo di garanzia per pagare tutti i conti correnti che la banca non poteva restituire perché li aveva materialmente tolti dai depositi per fare investimenti che sono evaporati in buona parte a causa del cambiamento dei tassi e delle condizioni economiche. Ma il rischio di incendio non è partito solo per il cambiamento dei tassi di interesse: la banca aveva emesso obbligazioni che con l’aumento dei tassi erano diventate punitive per l’emittente, cioè la banca.

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Una crisi che colpisce (quasi) tutti

Dietro c’è anche la crisi del settore tecnologico americano che sta facendo sempre più fatica. Dallo scorso gennaio tutto il comparto tecnologico americano, con poche eccezioni (Apple, ad esempio) ha mostrato segni evidenti di crisi, dopo che per anni è cresciuto moltissimo e si pensava che questa corsa dovesse continuare ancora a lungo (alcuni pensavano ingenuamente anche per sempre).

Invece, le cose sono cominciate ad andare peggio sia per le conseguenze della pandemia, sia per la sopravvalutazione finanziaria (in Borsa ci sono titoli estremamente gonfiati) sia per alcune strategie suicide, come le assunzioni di massa di lavoratori altamente pagati in ruoli e funzioni sostanzialmente inutili, che servono a fare quel che viene chiamato “vanity staffing“, assunzioni fatte per la vanità delle statistiche: aziende con decine di migliaia di dipendenti da esibire agli azionisti come simbolo di successo e generare ulteriori stime positive.

Quel che sta succedendo più in profondità, però, è anche legato a un cambiamento di passo che coinvolge aziende che hanno basato i loro ricavi sostanzialmente sulla monetizzazione degli utenti. Quando la pubblicità costituisce la maggior parte del giro d’affari, e questa viene messa in crisi dal bisogno di una maggiore privacy, crolla il razionale dietro alle attività stesse delle aziende. Il modello di business del capitalismo predatorio viene insomma rimesso in discussione.

Il crac delle banche svela la visione fallita della Silicon Valley

I sogni di grandezza finiscono con un mare di licenziamenti

Non parliamo solo di startup, che secondo le stime negli ultimi mesi (a partire da gennaio) hanno licenziato più di 100mila persone nella sola Silicon Valley, ma dei big come Meta (l’azienda di Facebook, Instagram e WhatsApp), Microsoft, Alphabet (il gruppo a cui fa capo Google) e Twitter.

Qui i tagli sono stati enormi, Meta farà fuori più di 11mila persone, cosa che impatta sugli 87mila dipendenti, metà dei quali assunti a partire dal 2020. La domanda non è cosa succede, ma “perché tante assunzioni in così breve tempo?”. Aziende più prudenti, come Apple, che hanno seguito una politica diversa, sono tra le pochissime a godere di una robustezza economica invidiabile dovuta alla buona e oculata amministrazione dei loro dirigenti.

La risposta, che non c’è dal punto di vista razionale, è la chiave per leggere questa crisi che non si limita alla Silicon Valley e alla tecnologia USA, ma si ripercuote anche nel settore bancario globale, e che mostra come le cose non stanno andando come i grandi visionari della tecnologia di oggi si erano immaginati.

È il fallimento di un collettivo modo di intendere il futuro, una visione possibile che non sta prendendo forma: metaverso, cripto, monetizzazione selvaggia delle persone, evasione di qualsiasi normativa tradizionale a favore di regole del gioco intoccabili da governi ed enti internazionali. No, non sta andando così.

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