La creazione di una backdoor per poter accedere nei servizi di messaggistica end-to-end criptati come Telegram e Signal erodono la libertà di espressione ed espongono gli utenti ad attacchi di pirati informatici: questo il dictum della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (siglata ECHR) in una recente sentenza.
Nella sentenza pubblicata il 13 febbraio scorso, la corte si è determinata in senso favorevole all’utente di Telegram Anton Podchasov, che ha intentato una causa contro il governo russo nel 2018, dopo che questo aveva richiesto a Telegram di decrittare messaggi inviati tramite la “chat segreta”.
La corte ha stabilito che, sebbene i criminali possano utilizzare la crittografia end-to-end per comportamenti contro legge, l’introduzione di una backdoor per la crittografia metterebbe a rischio gli utenti innocenti e comuni, erodendo nel contempo il diritto alla libertà di espressione, violando così la Convenzione europea per i diritti dell’uomo.
La corte ha sostenuto che le backdoor per la crittografia “avrebbero un impatto indiscriminato su tutti”, compresi coloro che non costituiscono una minaccia per i governi, e renderebbero possibile una “sorveglianza routinaria, generale e indiscriminata delle comunicazioni elettroniche personali”.
Iniziative tecniche per garantire e proteggere la privacy delle comunicazioni elettroniche, comprese misure di crittografia, contribuiscono a garantire l’esercizio di altri diritti fondamentali, come la libertà di espressione
La corte ha sostenuto, altresì, che ci sono altre modalità per monitorare le comunicazioni criptate che non richiederebbero una backdoor, ad esempio ottenendo l’accesso ai dispositivi di comunicazione.
La vicenda
Podchasov ha presentato una causa contro il governo del suo paese nel 2018, sostenendo che l’obbligo imposto a Telegram di fornire i log delle chat degli utenti sospettati di terrorismo avrebbe comportato la decrittazione di tutte le comunicazioni degli utenti, violando così le convenzioni dei diritti umani europei. Telegram si era rifiutato di adempiere a tale obbligo, ottenendo il ban in Russia nell’aprile 2018.
La causa di Podchasov ha attraversato diverse fasi di appello ed è giunta alla Corte suprema del paese, che l’ha respinta, portandola infine alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Nella sua ultima sentenza, la corte ha stabilito che la Russia ha violato l’articolo 8 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, il quale garantisce “il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza”.
Decidendo a favore di Podchasov, la corte europea ha affermato che l’obbligo di decrittare le comunicazioni E2EE “non può essere considerato necessario in una società democratica” e che le leggi che consentono l’accesso alle comunicazioni senza adeguate garanzie ledono i diritti e “superano ogni margine di apprezzamento accettabile in tal senso”.
Tutte le notizie che parlano di Telegram sono disponbili qui.