A Singapore è stata sviluppata un’app per dispositivi mobili che potrebbe semplificare il tracciamento dei contatti, tenendo conto degli spostamenti. L’app è denominata TraceTogether e sfrutta i segnali Bluetooth per individuare altri utenti con l’app installata che si trovano nelle vicinanze, meccanismo che potrebbe essere utile per tracciare i contatti degli utenti e permettere alle autorità di identificare quanti sono stati esposti a persone infette da coronavirus e cercare di frenare la diffusione della malattia.
L’app è in grado di stimare la distanza tra smartphone con l’app TraceTogether e anche la durata di tali interazioni; i dati vengono catturati, cifrati e memorizzare in locale, sul dispositivo dell’utente, per 21 giorni. In caso di necessità, saranno gli utenti stessi a poter inviare i dati registrati dai loro smartphone alle autorità sanitarie, consentendo di capire con chi hanno avuto contatti e quando.
L’app è stata sviluppata dalla Government Technology Agency (GovTech) in collaborazione con il Ministero della Salute. GovTech spiega che il metodo di chiedere al paziente di ricordare dove è stato e con chi è stato in contatto, è aleatorio. I dati memorizzati sul dispositivo consentono di geolocalizzare l’utente nel tempo e intervenire cercare di frenare la diffusione del virus.
In Italia si è parlato di una simile ipotesi, a vagliando la fattibilità ma ancora non c’è nulla di concreto. Gianni Rezza, capo del dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, ha riferito all’Agi che l’idea di un “modello Corea” (meno chiusure ma più controllo da remoto), va avanti, evidenziando che “Una volta che saremo riusciti a contenere il virus, bisognerà pensare anche al dopo, spiegando che un sistema da remoto così efficace potrebbe anche aiutarci ad alleggerire altre misure”.
Anche l’OMS incoraggia di qualsiasi sistema di ‘contact tracing’, evidenziando che “Osservare attentamente i contatti dopo l’esposizione a una persona infetta aiuta ad avere trattamenti e cure e impedisce un’ulteriore trasmissione del virus”.
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