Common Sense Media, associazione americana che fa analisi di mercato sull’uso dei media da parte dei bambini, ha pubblicato i nuovi dati che mostrano un ritratto dell’ultima generazione appena nata (che ancora non ha neanche un nome) come sempre più connessa.
Sono i genitori a comprare tablet (o a dare i vecchi tablet) ai figli: soprattutto iPad. E il “tempo davanti allo schermo” dei piccolissimi dal 2010 (anno di lancio dellì’iPad) cresce in maniera esponenziale.
Nel 2011 era meno dell’1% dei bambini americani tra gli zero e gli otto anni, oggi è il 40%. Il dieci percento di questi possiede anche giocattoli intelligenti che si connettono alla rete e il 9% ha assistenti virtuali attivati dalla voce in casa.
Lo scenario, nel complesso, è preoccupante, secondo l’associazione ma anche secondo il buon senso di chi legge questi dati.
I critici sostengono infatti che i bambini così piccoli non hanno la capacità di processare ambienti interattivi digitali e questo può impattare sullo sviluppo dei loro processi cognitivi (che fino ai 4 anni sono ancora in evoluzione plastica), mentre dall’altro lato c’è il problema dei dati che vengono raccolti da questi apparecchi e dai gestori dei vari servizi.
Secondo il neonato Center for Humane Technology, un gruppo nato una settimana fa per migliorare il rapporto con la tecnologia creato da tecnici e investitori del settore, “la corsa alla conquista dell’attenzione dei bambini li addestra a rimpiazzare la loro autostima con i like, li incoraggia a vivere una costante comparazione di quel che fanno con gli altri e infine crea la costante illusione di non aver ancora raggiunto alcunché nella loro vita”.
La valutazione complessiva è che ci sia una preoccupazione di salute pubblica per quanto riguarda la dipendenza dei bambini molto piccoli dalla tecnologia e che si debba quindi procedere ad attività di pressione della pubblica opinione per ottenere normative che siano più restrittive nei confronti delle nuove tecnologie rispetto ai minori.