Quando navighiamo online per fare acquisti, presentare la dichiarazione dei redditi o connetterci ai social, d’ora in poi potremo stare più tranquilli su tutto ciò che accade alle informazioni personali forntie, perché il GDPR tutela i nostri diritti fondamentali, garantendo la possibilità di controllare come le società usano i nostri dati personali e imponendo loro di mettere in atto nuove procedure per proteggerli.
Lo spiega la Commissione europea parlando del nuovo regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), con nuove regole che si applicano in tutta l’Unione Europea, indipendentemente dal luogo dove vengono elaborati i dati e dove è basata l’organizzazione. Si applicano anche alle società che non hanno sede nell’UE, ma che offrono servizi ai cittadini europei. Sia che si scelga di acquistare “local” o di comprare dall’estero, potremo beneficiare degli stessi diritti e della stessa protezione.
Sebbene il GDPR riconosca ai cittadini diritti specifici, spetta al singolo individuo farli rispettare. Se ritieniamo che i nostri diritti in materia di protezione dei dati siano stati violati, è possiible prendere contatto direttamente con l’organizzazione che li detiene, che è tenuta a rispondere alla nostra richiesta in tempi brevi e gratuitamente. Inoltre, abbiamo il diritto di presentare un reclamo al Garante per la protezione dei dati personali, che è l’autorità nazionale incaricata, o di rivolgerci a un tribunale.
Nuove regole per l’era digitale
Il GDPR sostituisce la direttiva europea sulla protezione dei dati, adottata nel 1995, molto prima che Internet e il cloud computing introducessero nuove modalità di trattamento dei dati personali. Da allora, il modo in cui condividiamo e utilizziamo i dati è mutato radicalmente, per questo era necessario modificare e adeguare la normativa UE.
Ogni giorno oltre 250 milioni di cittadini europei usano Internet. Mentre sono online, gli utenti condividono enormi quantità di dati personali, quali ad esempio il proprio nome e cognome, l’indirizzo di casa, il numero di carta d’identità e le informazioni sul proprio stato di salute. In particolare, il 52% degli italiani dichiara di farlo per accedere a un servizio generico, mentre il 25%, la percentuale più alta dell’UE, lo fa per ottenere un servizio adattato alle proprie esigenze e il 14% per ricevere offerte studiate ad hoc.
Dalla condivisione di informazioni personali derivano numerosi rischi potenziali, come le divulgazioni non autorizzate, il furto o l’abuso di identità online. Poco meno di otto italiani su 10 ritengono di non avere il controllo completo dei propri dati personali, mentre 6 su 10 dichiarano di non fidarsi delle aziende che operano online. Inoltre, 5 italiani su 10 esprimono preoccupazione in merito alle app dei telefoni mobili che raccolgono dati senza il loro consenso e più di 6 cittadini su 10 si preoccupano dell’uso che le organizzazioni potrebbero fare delle informazioni divulgate.
Qual è il grado di consapevolezza dei nostri diritti? Esaminando nel dettaglio la situazione italiana, preoccupa il dato secondo cui solo il 31% delle persone (contro una media europea del 37%) ha sentito parlare di un’autorità pubblica deputata alla protezione dei diritti dei cittadini in materia di dati personali. A ciò si aggiunge che solo il 37% degli intervistati si rivolgerebbe al garante in caso di necessità (contro il 67% dei finlandesi); l’Italia è l’unico paese in cui la maggior parte dei cittadini opterebbe per il tribunale (46%).
Eppure, la protezione dei dati personali è non soltanto una preoccupazione forte per molti europei, ma anche un diritto fondamentale e in quanto tale deve essere pienamente salvaguardata. Il regolamento generale sulla protezione dei dati risponde proprio a questa esigenza.