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15 anni fa arrivava l’iPod, così nacque la nuova Apple

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Ci sono generazioni diverse di appassionati di Apple. C’è chi ha scoperto l’azienda con l’iPhone di grande formato, il Plus, oppure chi l’ha scoperta con l’iPad grande, piccolo o “normale”. Chi ha messo per la prima volta l’occhio sulla mela morsicata grazie al MacBook Air oppure chi ha avuto per le mani un iPhone delle prime generazioni.

Se si torna poi indietro nel tempo, chi l’ha scoperta con un iBook bianco oppure con un PowerBook TItanium, chi con un Pismo, un Wallstreet, un iMac colorato o chi con un Quadra, un LC o magari un IIfx. E chi con un classico Macintosh, sino a risalire a quelli – relativamente pochi – che l’hanno incrociata con l’Apple II (tralasciamo quelli dell’Apple originale, perché sono proprio pochi pochi).

ipod475Ma c’è una categoria magica che ha vissuto il vero sogno, la magia che ha trasformato tutto, il primo apparecchio post-PC. Si tratta di chi prima non sapeva niente e poi un giorno ha scoperto l’iPod, lo strumento per portare tutta la musica in tasca. Ricordate le pubblicità straordinarie, le silhouette danzanti, le esclusive di Bono Vox e degli altri componenti degli U2? Un’epoca che sapeva ancora di anni Novanta, nonostante fossimo già entrati nel 2001. L’era dell’iPod, che è iniziata 15 anni fa oggi, nonostante sembri siano passati davvero due secoli.

Era invece da poco avvenuto l’11 settembre. Il mondo era scosso, sottosopra, e Apple decise lo stesso di portare avanti – anche se in minore – il suo lavoro iniziato da una intuizione di Tony Fadell e sviluppato con determinazione. Non era il primo player digitale, ma era di gran lunga il migliore di tutti, con l’iconica ghiera rotante e quel colore bianco, la dimensione di un hard disk da 2,5 pollici di Toshiba, l’idea che il sogno potesse essere nella tasca e nelle cuffiette bianche attorno alle orecchie di chi si fidava e lo comprava.

Quando, anni dopo, Apple celebrò con Steve Jobs l’anniversario del Macintosh, l’azienda decise di ritrasmettere il suo mitico spot “1984” con la regia di Ridley Scott. Era stato mostrato solo una volta internamente e poi durante il super bowl di quell’anno. Ebbene, lo spot venne ritrasmesso ma venne anche aggiunto digitalmente un particolare: alla cintura della lanciatrice del martello, personaggio bianco rosso e giallo (dal biondo dei capelli) in un mondo in bianco e nero, spiccava adesso l’iPod le cui cuffiette arrivavano sino alle sue orecchie.

Una trasformazione che impressionava – l’effetto era stato curato da Pixar – ma soprattutto che raccontava una diversità nel mondo. Apple non era più solo computer, i nemici di una volta non erano più tali, il rischio dell’uniformizzazione del mondo era evoluto radicalmente, Internet era arrivata e aveva già cambiato tutto. Soprattutto, l’iPod era il simbolo di questa discontinuità.

A prescindere da quante e quali generazioni di player si siano susseguite, vale la pena ricordare forse la più singolare che a oggi campeggia come ricordo di un tempo andato sul tavolo di chi vi scrive. Si tratta dell’iPod Shuffle lanciato a San Francisco; dimensioni di un pacchetto di gomme da masticare, audio potentissimo (il DAC utilizzato non è mai più stato raggiunto da nessun altro dispositivo) e un fenomenale rapporto peso-potenza. Soprattutto, non aveva display e tutto il mondo cominciò oziosamente a interrogarsi sulla casualità delle playlist, sul bisogno di conoscere la musica con altri sensi rispetto alla vista, sulla profondità zen del minimalismo e della negazione introdotti da Steve Jobs.

Eravamo tutti forse più ingenui – oggi ci potremmo definire invece disincantati, mentre scriviamo su un iPad Pro utilizzando la tastiera in teflon di Apple e il flusso costante di bit attraversa la connessione 4G per raggiungere il deposito cloud dei documenti – ma eravamo anche pronti a stupirci quando lo spettacolo valeva la pena. E la presentazione fatta da uno Steve Jobs un po’ sovrappeso che stava riguadagnandosi i gradi di grande imprenditore e in pochi anni sarebbe diventato il più grande imprenditore del nostro tempo per poi morire prematuramente di un tumore al pancreas, fu davvero interessante. Piccola, tesa, ma densa di sorprese.

ipod 15 anni

C’è anche il comunicato stampa ufficiale di Apple, ancora nella inbox di chi scrive, che racconta le meraviglie di questo apparecchio: mille CD nella tasca dei jeans grazie a un drive da 5 GB, sincronizzazione automatica con iTunes via FireWire, playlist, plug and play, dieci ore di autonomia, display 160 per 128 pixel con luce Led, leggendiaria facilità di uso caratteristica definitiva di apple. «Con iPod – disse Steve Jobs – Apple ha inventato una categoria completamente nuova di player musicali che permette di mettere tutta la vostra collezione musicale in tasca e di ascoltarla ovunque andiate. Con iPod ascoltare la musica non sarà mai più lo stesso».

E la generazione iPod è quella che ha veramente definito il futuro di Apple. Ci vuole una cosa per sfondare il soffitto e arrivare al cielo. Poche aziende ce la fanno. Pochissime lo fanno due volte. Praticamente nessuno lo ha fatto quanto Apple che lo ha fatto tante volte, con Apple II, con Macitosh, con gli iMac e con i MacBook, con l’iPhone e con l’iPad. Ma è stata con l’iPod la definizione di un momento di passaggio, di una nuova categoria del pensiero che ha rimesso realmente Apple nella mappa, che ha fatto capire che non si trattava più solo di tornare a vendere tanti computer, ma che ci sarebbe stato un futuro dove forse, magari, chissà, Apple avrebbe potuto crescere più di qualsiasi scatenato sogno di qualsiasi folle sognatore.

Apple ha dimostrato con iPod di avere talento, inventiva, design, capacità di eseguire, creare, portare sul mercato e vincere sfruttando tutte le possibilità strade e tutti i possibili risultati. L’iPod è stato una vittoria totale, che ha cancellato la concorrenza e rivoltato il mondo, ridefinito il modo di fare affari per singoli percorsi, occupato un ruolo centrale nello sviluppo dell’azienda e ha definitivamente demolito le barriere di genere tra differenti settori merceologici.

Apple stava già sviluppando il suo piano di crescita con i negozi quando ha lanciato l’iPod, che è diventato subito protagonista degli Apple Store. E quando l’azienda ha aperto il suo primo negozio in Giappone, è stata l’idea del design di un giovane Jonathan Ive a guidare la scelta verso il quartiere dello shopping di moda di Ginza anziché quello della tecnologia di Akihabara. Una scelta quanto mai coerente e realistica, visto che con la tecnologia Apple ha costruito le fondamenta per il suo rapporto con lo stile di vita, il design, la relazione.

L’iPod, valga come ultima nota, è il primo grande esempio di fashion statement tecnologico in cui il design non è “come è fatto” ma è “come funziona”: la bellezza dell’iPod è la sua forma ma anche e sopratutto la ricchezza della modalità di interazione con la macchina. Un piacere usarlo, uno scrigno prezioso per la musica che nel tempo ha dimostrato che Apple sapeva sognare in grande. E sono passati solo 15 anni, anche se sembra una vita fa. Chissà cosa ci riserverà Apple il 23 ottobre del 2031.

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