Paul Allen scende in campo nel contrverso ma sempre fertile, grazie alle particolari normative americane, terreno delle cause legali connesse ai brevetti. Il co-fondatore di Microsoft con Bill Gates, una delle figure mitiche del mondo della Silicon Valley anche se ora defilato da mondo dei computer ma attivissimo nel settore imprenditoriale, ha infatti reso noto attraverso i suoi legali di avere individuato almeno undici società che avrebbero usurpato proprietà intellettuali di sue aziende, e tra queste società ci sarebbe anche Apple.
L’oggetto del contendere sono alcune tecnologie connesse al mondo Internet e in particolare ai sistemi con cui un sito presenta i suoi contenuti connessi a ricerche o preferenze di navigazione, a come sono distribuiti i testi correlati e i banner in riferimento alla navigazione, infine al suggerimento di pagine Web o pubblicità in connessione ad altri utenti collocati nella stessa rete quando si parla di social networks. I brevetti, sostengono gli avvocati di Allen, sono di proprietà di una società denominata Interval Licencing, erede di Interval Research fondata da Allen nel 1992 e che aveva tra i suoi membri figure come Robert Shaw, una delle menti pensanti dietro alla teoria del caos, Max Mathews, che ha scritto una delle prime applicazioni per la musica e David Reed, tra coloro che hanno contribuito a diffondere il protocollo TCP/IP. Interval Research, il cui obbiettivo era sostenere gli invesitmenti del fondatore di Microsoft nel settore delle telecomunicazioni, si è sciolta ma il suo patrimonio intellettuale è finito, appunto, ad Interval Licencing che attualmente si configura di fatto come un “patent troll”, una delle tante società americane che detengono brevetti di tutti i tipi, non li applicano in alcun prodotto ma attendono che qualcuno abbia una qualche idea in qualche modo correlata ad essi e li applica in qualche cosa di commerciale per chiedere un risarcimento economico. Negli Usa sono centinaia, e in costante crescita, i milionari nati sfruttando sapientemente qualche buona idea brevettata anche senza avere la minima idea di come realizzarla ma dotati di pazienza sufficiente per attendere l’occasione buona; anche se il Governo americano ha promesso di trovare un sistema per mettere un freno alla situazione attualmente non si vede alcun traguardo a portata di mano.
La discesa in campo di Allen segna un piccolo punto di svolta nel settore perché fino ad oggi i patent trolls non hanno mai avuto il volto di un protagonista dell’hi-tech quale il co-fondatore di Microsoft o di una delle sue aziende. Tra i fattori che aggiungono controversia alla vicenda c’è il fatto che Allen ha indicato tra le società che hanno violato i suoi brevetti, oltre ad Apple, Google, AOL, eBay, Facebook, Netflix, Office Depot., OfficeMax, Staples, Yahoo e YouTube praticamente tutte le società che controllano i siti Internet americani più visti, ma non Microsoft (di cui Allen è ancora un investitore) né Amazon (che ha sede a Seattle dove abita Allen). Al momento non è chiaro se Microsoft e Amazon, che fanno uso di tecnologie del tutto simili a quelle al centro dell’azione legale, abbiano acquisito in licenza i brevetti o semplicemente, per ragioni tutte da esplorare, sono state semplicemente escluse dall’azione legale.
Google ha definito «spiacevole» la causa sottolineando come «l’azione legale contro alcune delle più innovative società americane riflette un trend deplorevole dove si tenta di concorrere nelle aule di tribunale invece che sul mercato. L’innovazione e non l’azione legale è il modo di portare sul mercato il tipo di prodotti e servizi che portano benefici a milioni di persone in tutto il mondo». Più sintetico Andrew Noyes, portavoce di Facebook che in un messaggio email a Computerworld ha definito la causa: «priva di merito», manifestando l’intenzione del social network più importante a mondo di combattere vigorosamente per ottenere ragione da tribunale.