Uno dei motivi per cui molte aziende sono riluttanti a utilizzare i servizi cloud è la necessità di memorizzare dati in server che sono localizzati negli Stati Uniti. Il Patriot Act, la legge concepita dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, ha rinforzato il potere dei corpi di polizia e di spionaggio statunitensi intaccando di conseguenza la privacy dei cittadini e permettendo in molti casi alle autorità di accedere ai dati senza vincoli, senza un mandato della magistratura o una notifica ai diretti interessati del materiale acquisito. Il problema è sempre esistito sin da quando è possibile affittare/gestire strutture in outsourcing e spesso la questione è evidenziata nelle clausole che si leggono frettolosamente prima di accettare un servizio.
Per quanto possa servire, sviluppatori e utenti saranno lieti di sapere che ora Google consente di memorizzare i dati in server che si trovano all’infuori degli Stati Uniti. “Gli utenti che usano Google App Engine, Google Cloud Storage, Google Cloud SQL e (quanto prima) Google Compute Engine, possono distribuire applicazioni, dati e virtual machine in datacenter europei” è spiegato nel blog dell’azienda. La grande “G” non consente di selezionare esattamente in quale nazione memorizzare i dati, bloccando potenziali utenti che per limiti legislativi devono mantenere i dati nei confini del proprio paese. Altre società hanno già affrontato il problema e, ad esempio, la piattaforma Amazon Web Services prevede un data center in Irlanda e diverse altre località europee. Microsoft consente di collocare i dati in due hub che si trovano in Irlanda e Olanda ma, fa sapere la società, non offre la possibilità di “trasferire i dati utente in una regione geografica per la ridondanza dei dati o altri scopi”.
L’Europa è indietro nel campo dell’adozione dei servizi cloud ma Barak Regev, capo della piattaforma Cloud di Google in Europa ritiene che i nuovi datacenter favoriranno questa scelta. Per sentirsi al sicuro dati importanti possono essere cifrati prima di essere inviati sul cloud o su piattaforme di cui non ci fidiamo troppo. Con OS X, ad esempio, è possibile creare (da Utility Disco) immagini-disco criptate memorizzando le informazioni con cifratura a 128 o 256 bit AES.
[A cura di Mauro Notarianni]