Sempre più il sistema legale americano somiglia a una sorta di gioco a premi, in cui anziché lo spirito del diritto e della giustizia si cerca una compensazione patrimoniale. Noi ci lamentiamo delle tasse e delle leggi italiane, negli Usa si potrebbe discutere per giorni delle class action e del loro senso.
Questa volta la causa di gruppo è stata avviata da utenti che ritenevano che il prezzo della componente “lettore ottico” del Mac acquistato nel periodo fra il 2003 e il 2008 fosse eccessivo. Detto fatto: passato qualche anno in tribunale e reso più ricco qualche ricco avvocato, adesso i “fortunati” utenti di questi computer possono chiedere un rimborso di ben dieci dollari, ma solo se vengono da una serie particolare di stati Usa: Arizona, California, District of Columbia, Florida, Hawaii, Kansas, Maine, Massachusetts, Michigan, Minnesota, Missouri, Montana, Nebraska, Nevada, New Hampshire, New Mexico, New York, North Carolina, Oregon, Tennessee, Utah, Vermont, West Virginia, Wisconsin. Tutti gli altri, niente.
Cosa è successo: Panasonic, NEC, Sony, e Hitachi-LG, spiegano le ragioni della sentenza, hanno cospirato per tenere artificialmente alti i prezzi dei lettori ottici. Si tratta di un classico caso di accordo di cartello. I consumatori si sono organizzati per una class action (azione collettiva che da qualche anno, seppure con varie differenze, è possibile anche in Italia) e hanno vinto. Arriva quindi la costituzione di un fondo in cui le quattro società hanno versato 124,5 milioni di dollari ciascuno. Gli avvocati si prendono il 25% di quanto versato e il resto degli aventi diritto, cioè gli utenti, il rimanente 75%, diviso in proporzione al numero di quelli che fanno richiesta, cioè al massimo 10 dollari l’uno.