Quel del 2013 fu uno strano Natale. Un buon numero di professionisti e di recensori di testate tecnologiche come Macitynet mise finalmente le mani su un computer che prometteva di essere l’inizio di qualcosa di nuovo. Presentato come una rivoluzione, dal design futuristico e dalla filosofia di “espansione verso l’esterno” perché la scocca in alluminio satinato non ammetteva integrazioni né schede di espansione, il Mac Pro esordì il 19 dicembre del 2013, cinque anni fa oggi, e mostrò al mondo che Apple ci teneva veramente ai professionisti.
In realtà il Mac Pro venne presentato l’11 giugno del 2013 al Moscone Center durante la WWDC. Macitynet era là, come testimonia anche questa gallery che raccogliemmo all’uscita dal keynote. L’evento divenne noto anche per una frase lanciata da Schiller quando presentò il “cilindro”: «Apple can’t innovate anymore, my ass…”. Tradotto suonava qualche cosa come “Apple non sa più innovare, ‘sta cippa”, indirizzato a chi criticava Cupertino per la mancanza di novità reali.
In effetti a San Francisco, cinque anni fa, era arrivato l’Ufo di Apple, la macchina del riscatto. “Un concentrato di potenza a metà tra Star Trek e Star Wars (vi ricorda qualcuno?) presentato con la colonna sonora degna dell’ultima invenzione di… Tony Stark”, scrivemmo all’epoca non senza una certa enfasi. Dopotutto, per i professionisti era la macchina della riscossa.
Però Apple sapeva e sa che, oltre a un buon numero di utenti professionali che vivono felici con un computer portatile (tutto il team sviluppo di Things, cioè la tedesca Cultured Code, vive e lavora felicemente con i suoi MacBook Pro 15), ce ne sono tanti se non tantisimi che hanno bisogno di un tipo di computer fisso con determinate caratteristiche. C’è chi lavora con i Mac mini, vecchie e adesso nuovi e di fascia finalmente professionale. C’è chi lavora con gli iMac, normali, 5K e Pro (arrivati dopo il Mac Pro del 2013). E c’è chi lavora invece sempre con il Mac Pro. Oggi però fa tenerezza guardare le porte Thuderbolt 2, non più compatibili con niente se non con un adattatore ad hoc.
Un computer che all’epoca, nella “vecchia” matrice 2×2 (un fisso e un portatile per il mercato consumer e altrettanto per quello professionale) realizzata dai Steve Jobs nel 1998 è la quadra. Con il Mac Pro c’è la potenza, l’espandibilità (verso l’esterno, come detto) e la flessibilità (se non si usano apparecchi Usb-C con Thunderbolt 3). Con il Mac Pro c’è insomma la possibilità di fare tutto quel che serve per il lavoro in tempi brevi o brevissimi, senza limiti se non quelli della migliore tecnologia. E infatti i processori Xeon di Intel sono stati la chiave del passaggio del 2013. E poi?
C’è da riempire un libro di dietrologie. I fatti però sono abbastanza chiari: Apple non ha ricevuto aggiornamenti sostanziali sul versante processori da Intel (perché la legge di Moore è finita), ma dal canto suo ha lasciato anche perdere i potenziali aggiornamenti minori e le migliorie che avrebbero potuto dare molta più vita al Mac Pro. Ha congelato specifiche e architettura in un eterno presente, che oggi è molto passato. Esattamente come è successo per il MacBook Air e per il Mac mini, nello stesso periodo. E per tanti altri prodotti che poi sono stati silenziosamente ritirati dal mercato, come ad esempio per la base senza fili Airport e la versione con disco rigido interno “server grade” Time Capsule.
I professionisti hanno investito in questa macchina e la portano a fine vita. Su eBay se ne trovano a prezzi elevati, perché a listino di Apple costa ancora tantissimo rispetto a quel che rende (da 3449 euro in su per il 6 core, da 4649 euro in su per l’8 core, per arrivare al 12 core con 64 gb di ram e ssd da 1 Tb a 8249 euro) ma che ha un paio di nicchie dove funziona ancora. Sostanzialmente perché usa macOS, dato che le specifiche hardware sono state abbondantemente superate. E poi?
Apple ha promesso di rilanciare questa macchina con una nuova generazione di apparecchi che, però, non si è ancora vista. In parte forse perché i lanci dei prodotti Apple vengono studiati per non essere troppo numerosi e ravvicinati, con il rischio di fare velo a prodotti che altrimenti non reggono l’esposizione. Che fine farebbe il nuovo Mac mini accanto al nuovo Mac Pro? E il MacBook Air? Evitare gli ingorghi istituzionali, insomma. Ma così il tempo passa e le specifiche invecchiano.
In parte anche perché Apple probabilmente, sotto la pelle, non solo si concentra su altro, ma combatte anche una battaglia ragguardevole per farsi largo nel settore dei telefoni, dei tablet, dei computer consumer. E non trova energie, tempo e concentrazione per produrre quel che vorrebbe.
Infine, perché il mercato viene già in buona parte “tappato” dagli iMac Pro oltre che dagli iMac tradizionali. E questo fa pensare che alla fine il Mac Pro, nell’epoca dei supercomputer via cloud, sia una sorta di soluzione in cerca di un problema. Nel mondo Pc, dove c’è spazio per infinite sovrapposizioni, ha senso costruire box sempre più verticali. Ma nel mondo Mac, assorbire il costo di un prodotto che fa quello che si può fare anche con un iMac Pro, ha ancora senso?
Probabilmente Apple risponderà a questa domanda presentando un computer che verrà posizionato là dove Mac mini, iMac e iMac Pro non colgono. E starà a noi provare, analizzare e capire se ha veramente senso, se davvero anche questa volta avrà senso un bel “Can’t innovate anymore, my ass”….