Le disposizioni legislative che censurano moltissimi siti web in Cina, impediscono non solo a giornalisti e altri utenti di accedere in modo completo al web ma anche agli scienziati di attingere a riferimenti su fonti esterne per le ricerche accademiche.
Come noto in Cina è attivo il cosiddetto “Grande Firewall”, un termine coniato dagli addetti ai lavori per indicare l’insieme di leggi sulla cybersecurity approvata dall’assemblea nazionale del popolo in Cina e che consentono di bloccare siti, contenuti e commenti online su temi che il governo considera sensibili, come ad esempio il rispetto dei diritti umani e le critiche al governo.
Piattaforme come Facebook, Twitter e Google sono del tutto inaccessibili dalla Cina. Finora alcune persone riuscivano ad aggirare il blocco sfruttando le VPN (Virtual Private Network), app di vario tipo che consentono di navigare in rete in modo anonimo e più sicuro (cifrando il traffico di rete) ma da poco il Ministero dell’Industria e dell’IT cinese ha predisposto direttive che non consentono l’uso di VPN (Apple, ad esempio, è stata costretta a eliminare dall’App Store cinese tutte le app di questo tipo).
Il South China Morning Post riferisce che numerosi ricercatori hanno espresso i loro timori, spiegando che la crescente censura, di fatto pregiudica la loro capacità di portare a termine attività scientifiche “di prim’ordine”.
Gli accademici sostengono che fino a quando rimangono tagliati fuori dal resto del mondo, è in pratica “impossibile produrre ricerche di livello veramente competitivo”. “Senza Google, studi e ricerche accademiche saranno definitivamente compromessi” ha spiegato un professore universitario; “Baidu (il motore di ricerca cinese, ndr) non è assolutamente utilizzabile per il mio lavoro”.
In Cina da anni sono state attivate numerose misure che impediscono di accedere liberamente a internet. Oltre ai limiti nelle ricerche e l’impossibilità di visitare numerosi siti, gli utenti non possono pubblicare informazioni che in qualche modo danneggiano “l’onore nazionale”, “disturbano l’ordine economico o sociale” o che potrebbero “rovesciare il sistema socialista”. Le compagnie sono obbligate a verificare l’identità degli utenti rendendo di fatto illegale l’accesso anonimo alla rete.