Una legge anti terrorismo adottata all’unanimità in Cina dall’Assemblea nazionale del Popolo e in vigore dal prossimo primo gennaio prevede che gli internet provider “Forniscano interfacce tecniche e supporto” alle agenzie per la sicurezza incaricate di investigare sul terrorismo, fornendo quando richiesto la possibilità di accedere a dati sensibili e a chiavi di cifratura.
La legge in questione è stata oggetto di proteste da parte di molte società che lavorano nel campo dell’IT e al centro anche di un dibattito tra Barack Obama e il suo omologo Xi Jinping ma viste di buon occhio da diversi paesi occidentali.
Come reagirà ora Apple? Quest’ultima, infatti, ha progettato iMessage e FaceTime proteggendo le comunicazioni con meccanismi di crittografia end-to-end su tutti i dispositivi. Le comunicazioni sono cifrate sui dispositivi e non accessibili senza il codice di sicurezza: Apple non ha modo di decifrare i dati di iMessage e FaceTime in transito tra i dispositivi. La multinazionale di Cupertino ha sempre spiegato che, anche volendo, non è in grado di soddisfare alcuna richiesta d’intercettazione.
Apple si è sempre impegnata per sviluppare una rigorosa politica sulla privacy in merito alla raccolta, utilizzo, divulgazione, trasferimento e memorizzazione dei dati. Non può ad ogni modo ignorare la legge e non può certamente ignorare la Cina, mercato che ha permesso alla Mela di godere di tassi di crescita a doppia cifra e fatturati sostanziosi; per dare l’idea, solo nell’ultimo trimestre fiscale la crescita del mercato cinese è stata dieci volte superiore a quella americana e cinque volte quella del resto dell’Asia. Naturalmente senza contare che proprio in Cina risiedono i più grandi stabilimenti e catene di assemblaggio dove viene costruita gran parte dei prodotti della Mela.