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Per il Ceo Nvidia programmare è un lavoro destinato a scomparire

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Per il fenomenale successo ottenuto Jensen Huang Ceo di Nvidia può essere soprannominato il Re Mida dell’AI: se l’uomo che ha antipicato tutto questo anni fa, ora ritiene che la carriera di programmatore sia finita è meglio prestare attenzione.

Una volta le nonne speravano che i figli non solo trovassero un posto di lavoro, ma che trovassero un buon posto di lavoro. Che si sistemassero. Che facessero carriera. Medici, avvocati, commercialisti, architetti, ingegneri. Il sogno proibito delle nonne era il notaio, professione sublime che porta con sé il riscatto sociale, una certa ricchezza.

Superata forse solo dal giudice, che ha una posizione di assoluto prestigio, anche se guadagna meno di un notaio. Ah, le nonne, con la loro visione pragmatica e borghese della vita. Poi, è arrivata la rivoluzione digitale e all’improvviso quelli che una volta erano considerati il ruotino di scorta delle professioni, gli informatici, magari usciti fuori da un istituto tecnico per ragionieri programmatori, hanno preso quota.

Scrivere codice è diventata la professione del futuro. Essere nerd e passare il tempo davanti al computer qualcosa di positivo. Altro che il vecchio sogno delle elite: ragazzi muscolosi che giocano a calcio e poi fanno carriera perché “ereditano” le posizioni dei genitori magari con una striminzita laurea in legge o in economia e commercio. E ovviamente le più belle ragazze, bionde magre e ingioiellate, che non vedono l’ora di arredare l’interno color caramello delle loro Porsche 911. No, nerd è bello, essere geek è il nuovo normale.

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La nascita di un sogno

È un sogno nato dopo gli anni Duemila, con la rivoluzione del web, la new economy, la digital economy, la digital transformation e tutti quei nomi che qualcuno da qualche parte, a Roma o a Bruxelles, si inventa, mette su qualche slide di PowerPoint da far vedere a Cernobbio e poi dà forma al modo con il quale parliamo di quel che succede nelle nostre vite. Ebbene, diventare programmatori è il sogno di una nuova generazione di ragazze e ragazzi che hanno capito che il futuro è nel computer.

Dopotutto è naturale che sia così perché, e lo abbiamo ricordato varie volte, come diceva lo scrittore britannico Douglas Adams, purtroppo scomparso prematuramente, le tecnologie con le quali nasciamo le diamo per scontate, quelle che vediamo succedere da piccoli sono la rivoluzione con la quale ci costruiremo una carriera mentre quelle che arrivano quando siamo grandi sono un attentato all’ordine prestabilito delle cose.

Ecco, se diventare programmatori è il grande sogno della giovane generazione, tenetevi forte perché quel sogno è finito. Almeno, secondo Jensen Huang, CEO di Nvidia.

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Sam Altman, cofondatore e CEO OpenAI, immagine di OpenAI

La fine di un sogno

Ecco cosa è successo. In occasione del World Government Summit di Dubai, il CEO di Nvidia ha dichiarato che scrivere codice non è più una carriera praticabile per le giovani generazioni che desiderano avventurarsi nel settore tecnologico, vista la rapida crescita e l’adozione dell’intelligenza artificiale in tutti i settori.

L’AI generativa potrebbe far fuori i posti di lavoro nel panorama tecnologico, rendendo superflui i professionisti della scrittura del codice. Secondo Huang “Il nostro compito è creare una tecnologia informatica tale che nessuno debba programmare. E se il linguaggio di programmazione è il linguaggio umano, tutti nel mondo sono ora programmatori. Questo è il miracolo dell’intelligenza artificiale“.

Huang, che ha trasformato Nvidia in maniera spettacolare cavalcando il mondo delle AI, ha raccomandato ai giovani di orientarsi maggiormente verso la biologia, l’istruzione, la produzione o l’agricoltura.

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Jensen Huang, CEO di Nvidia. – image Nvidia PR

Studiare cose utili dal punto di vista applicativo perché il programmatore, nella sua visione, cioè l’uomo di mezzo, il mediatore tra l’uomo e l’attività della macchina, non serve più. La macchina diventa abbastanza intelligente da poter ragionare direttamente con la persona che ne ha bisogno, e quindi le buone carriere si spostano in altri ambiti.

Huang ha anche aggiunto che l’aggiornamento professionale potrebbe aiutare alcuni professionisti del mondo della programmazione a mantenere la loro importanza, ma solo se acquisiranno una vasta conoscenza della programmazione dell’AI.

Il pensiero computazionale

Se davvero accadrà quel che Huang sta dicendo, cioè se veramente stiamo facendo un salto quantico e cancelliamo il bisogno dei super nerd super tecnici che programmano, andando verso un futuro “no code”, la vera rivoluzione diventa allora un’altra. Il pensiero computazionale. Capire come si ragiona con il computer.

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È un concetto contro intuitivo, non vuol dire assolutamente “pensare come il computer“, anche perché con l’intelligenza artificiale si rimette in discussione il modello basato su algoritmi predeterminati di tipo deduttivo e si passa a un modello basato su reti neurali addestrate che inducono le regole di comportamento e quindi non sono completamente prevedibili.

Pensare in modo computazionale (tema che resta valido perché anche l’intelligenza artificiale è una branca dell’informatica) allora vuol dire imparare a interagire a un livello più astratto e sofisticato con i computer, capire cosa possono fare, capire cosa ci serve che facciano, capire come fare a farglielo fare. Questo tipo di approccio è necessario sia in un mondo nel quale si scrivono i programmi a mano sia in un mondo nel quale si fanno semplicemente delle richieste al computer di Star Trek.

La fantascienza, perché no

Rimanendo nell’ambito del fantastico, soprattutto di quest’ultima serie cioè Star Trek, vale una considerazione. La fantascienza ovviamente non predice il futuro, ma è in grado di estrapolare dei vettori di sviluppo che, declinati sulla società, sono razionali e possibili. L’incrocio, la quadra tra il modo con il quale le tecnologie possono evolvere e quello con cui la società può addomesticarle e contemporaneamente cambiare per via della loro influenza.

L'quipaggio della prima serie TV STar Trek, immagine dei primi 50 anni dello show

Ecco, in questo incrocio, tutta la fantascienza stile Star Trek ha messo in un angolo la figura del programmatore. È scomparso a favore dell’ingegnere di bordo e dell’ufficiale scientifico. L’uso del computer è diventato una cosa universale che non richiede programmazione ma capacità di parlare, interrogare e interagire con la macchina.

Quel tipo di approccio razionale, consapevole di quel che si vuole ottenere, di quel che il computer è in grado di fare e quello che non può fare, è basato in maniera più o meno intuitiva da parte degli autori delle serie di fantascienza su una visione del rapporto con l’informatica basata sul pensiero computazionale.

Tolto di mezzo il programmatore, e poco dopo tolto di mezzo anche l’hacker che smanetta come un invasato sulla tastiera scrivendo milioni di parole incomprensibili su un monitor nero, si arriva a qualcosa che forse farà parte davvero della nostra vita. E vedere, più che Star Trek, questo video di Apple girato negli anni Ottanta a scopo promozionale sul Knowledge Navigator (il “navigatore della conoscenza”), fa pensare a quale direzione sta lentamente prendendo l’informatica e a quale chiarezza di pensiero richiederà utilizzarla.

Alla fine, quel che conta non è la professione ma l’attitudine. Anzi, l’attitudine delle nonne, a cercare un buon posto di lavoro nel quale fare carriera, a prescindere.

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