Il CEO di Google Sundar Pichai si aggiunge all’elenco d’imprenditori del mondo hi-tech che invitano all’apertura mentale Donald Trump, dopo le polemiche per la proposta di quest’ultimo di bloccare l’ingresso dei musulmani negli Stati Uniti.
In un post su Medium intitolato “Let’s not let fear defeat our values” (non permettiamo alla paura di sconfiggere i nostri valori), Pichai non si riferisce mai direttamente a Trump ma è ovvio il suo esplicito riferimento alla faccenda: “Penso che dobbiamo far sentire la nostra voce – in particolare quelli tra noi che non sono sotto attacco. Tutti hanno il diritto di avere i loro punti di vista, ma è altresì importante che i meno rappresentati, sappiano che questi non sono i punti di vista di tutti”.
Pichai, da agosto di quest’anno amministratore di Google, è – come tanti residenti negli Stati Uniti – un immigrato. Nato a Madras (ora Chennai), in India, partì negli USA già adulto per frequentare le scuole, esperienza raccontata nel suo post. “L’apertura mentale, la tolleranza, e l’accettazione dei nuovi Americani sono i principali punti di forza della nazione e alcune delle sue più importanti caratteristiche. Non a caso, l’America, dopo tutto, è stata ed è una nazione di immigrati”.
È per questo” prosegue Pichai, “che è sconfortante sentire tra le notizie di questi giorni discorsi intolleranti – affermazioni che la nostra nazione sarebbe un posto migliore senza le voci, le idee e i contributi di alcuni gruppi di persone, giudicando soltanto da dove arrivano o dalla loro religione”.
“Sono andato in giro per il campus dove lavoro e visto un vibrante mix di razze e culture. Ognuna di queste persone ha una voce diversa, una diversa prospettiva, una diversa storia da raccontare. Tutto ciò rende la nostra azienda un luogo emozionante e speciale dove essere, che ci consente di realizzare grandi cose insieme”.
Pichai non è il solo ad avere attaccato il candidato repubblicano dopo la proposta di impedire l’accesso negli Stati Uniti alle persone di fede islamica. Anche Mark Zuckerberg ha espresso il suo sostegno pubblicando sul social network un post con un messaggio inequivocabile: «Dopo gli attacchi di Parigi e l’odio di questa settimana, posso solo immaginare la paura dei musulmani di essere perseguitati». Aggiungendo poi: «come ebreo i miei famigliari mi hanno insegnato a resistere contro ogni attacco ad ogni comunità, qualunque essa sia. Se qualcuno non ti attacca oggi, nel tempo un attacco alla libertà danneggia chiunque. Se sei un musulmano nella nostra società, come leader di Facebook voglio che tu sappia che sei sempre benvenuto qui e che noi combatteremo per i vostri diritti e per creare una situazione che per te sia accogliente e sicura»
Anche Jeff Bezos, CEO di Amazon ha criticato Trump in un tweet proponendo, ironicamente, di spedirlo nello spazio con il progetto di razzo che sta realizzando.
Tace, invece, per ora Tim Cook. Il Ceo di Apple viene considerato un campione dei pari diritti e in passato non ha mai mancato di far sentire la sua voce quando si è trattato di prese di posizioni illiberali o restrittive. Cook è stato anche recentemente premiato per il suo impegno in questo ambito e ha spinto i dipendenti a fare lo stesso con progetti interni in Apple. Apple stessa, infine, vanta da sempre una sorta di “carta” che stabilisce diritti egualitari per tutti i suoi dipendenti. Sembra dunque inusuale che di fronte alle affermazioni di Trump da Cupertino giunga solo silenzio, almeno per ora.