Jonathan Edwards, programmatore di lunga data, ricercatore ed ex ricercatore del MIT, sostiene in un post sul suo blog “Alarming Development” che lo sviluppo del software è da tempo sostanzialmente fermo, qualcosa che è cominciato ad avvenire intorno al 1996. Edwards spiega che nel 1996 avevamo LISP, Algol, Basic, APL, Unix, C, Oracle, Smalltalk, Windows, C++, LabView, HyperCard, Mathematica, Haskell, WWW, Python, Mosaic, Java, JavaScript, Ruby, Flash, Postgress; dopo questi gli sviluppatori avrebbero dovuto usare tool quali IntelliJ, Eclipse, ASP, Spring, Rails, Scala, AWS, Clojure, Heroku, V8, Go, React, Docker, Kubernetes e Wasm.
Edwards sostiene che il boom di internet intorno al 1996 ha provocato un rallentamento generale nello sviluppo perché i programmatori hanno ora modo di diventare ricchi più velocemente. Persone intelligenti e ambiziose si sono spostate nella Silicon Valley e hanno fondato startup ma non è possibile occuparsi di ricerche in queste startup per via di problemi di tempo e denaro; solo le megacorporazioni quali Google, Facebook, Apple e Microsoft sono presumibilmente in grado di occuparsi di ricerche di rilievo per via delle risorse a loro disposizione.
Molte grandi aziende disincentivano fortemente progetti di ricerca rischiosi, a lungo termine, un problema che – secondo Edwards – riguarda vari campi di tutta la civiltà occidentale. “Forse è solo la mia immaginazione”, spiega ancora Edwards; “forse le ragioni del progresso fermo al 1996 è che abbiamo inventato tutto. Forse non sono più possibili innovazioni radicali, rimane solo andare avanti a colpi di piccoli ritocchi e questo è il massimo che è possibile avere: sistemi operativi concepiti come 50 anni addietro, text editor che hanno 30 anni, e linguaggi vecchi di 25 anni. Stronzate: nessuna tecnologia è mai rimasta ferma. Abbiamo semplicemente perso la volontà di migliorare”.