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C’è già la coda per farsi mettere in testa il chip di Neuralink

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E voi perché non vi mettete in coda per farvi impiantare un microchip nel cranio? Perché molti, moltissimi lo stanno facendo. Qualche migliaio di persone. E non c’è bisogno di qualche astrusa teoria del complotto, qualche negazionista che svariona parlando di chip iniettati con i vaccini da forze oscure (forse aliene) al governo sul pianeta.

No, qui si fa sul serio. E per davvero. La startup di Elon Musk che si occupa di impianti cerebrali Neuralink è pronta a iniziare gli interventi. Migliaia di persone stanno facendo la fila per farsi rimuovere una porzione di cranio e impiantare uno dei chip cerebrali di Neuralink.

Cosa succede negli Usa

Le notizie sono due: la prima è che Neuralink ha ottenuto l’autorizzazione dell’FDA, l’organizzazione preposta per il controllo delle cose che riguardano la salute delle persone negli Stati Uniti (approva medicine, prodotti per la cura del corpo, cibo) per iniziare a far cose nella testa delle persone, e non solo in senso figurato.

La seconda è che c’è una coda lunga alcune migliaia di volontari che si è già raccolta fuori dalla porta virtuale per entrare in sala operatoria e farsi impiantare un microchip in testa. Cosa che non finisce lì, perché poi il microchip è uno strumento di interfaccia con una intelligenza elettronica e consente di fare un sacco di cose. Almeno, sulla carta.

Cose che fa il microchip

La startup di chip cerebrali spera in buona sostanza di impiantare un dispositivo che agisca come un “Fitbit nel cranio”. Il che non è necessariamente un bene o una novità ma è l’idea di marketing di Elon Musk che sta funzionando, perché Neuralink è già venuta fuori dal gruppo (piuttosto nutrito in verità) di startup che producono impianti da installare nel cranio di persone malate per aiutarle.

Infatti ci sono già diverse aziende e gruppi di ricerca al lavoro da anni e alcuni di loro hanno già creato impianti in grado di aiutare i pazienti a svolgere attività di base con il pensiero, come cliccare su oggetti su uno schermo con un cursore. Serve per le persone paralizzate o che soffrono di problemi neurologici. Neuralink, come Musk ama fare, ha fatto promesse ben più ardite.

Negli ultimi quattro anni, a partire dalla prima dimostrazione pubblica dell’azienda, Musk ha fatto credere, evidentemente convincendo un sacco di persone, che presto ci sarebbero stati dei piccoli ambulatori stile Blade Runner in cui chiunque avrebbe potuto sottoporsi a un intervento di 15 minuti di robochirurgia, uscendone come un ibrido uomo-macchina. Un chip nella testa che ricorda più che i famigerati microchip installati dal governo all’insaputa dei cittadini per controllarli, le interfacce per poter andare “nativamente” in rete: quelle interfacce viste nei romanzi cyberpunk di William Gibson e negli anime giapponesi di Ghost in the Shell.

Questi cyborg prodotti in serie negli ambulatori della provincia americana sarebbero in grado di scaricare le conoscenze come fa Keanu Reeves in Matrix o di caricare i loro pensieri in memoria, anche su altri cervelli. “Sembrerà piuttosto strano, ma alla fine raggiungeremo la simbiosi con l’intelligenza artificiale”, ha detto Musk in occasione della prima dimostrazione del 2019, quando l’azienda ha dichiarato che la sperimentazione sull’uomo sarebbe stata imminente: Musk immaginava potesse iniziare nel 2020.

Ovviamente non è andata così. Né nel 2020 né negli anni immediatamente successivi. La sperimentazione “seria” arriva adesso ed è fatta in maniera completamente diversa. Ma non è una sorpresa. I tempi irrealistici sono una delle tecniche di marketing preferite da Musk. A suo merito va detto però che l’imprenditore che ha quasi ammazzato X/Twitter ha anche realizzato diversi sogni improbabili, da Tesla a SpaceX. Ma mentre i razzi e le automobili sono una cosa seria tuttavia non impossibile, gli impianti neurali richiedono una perfezione di tutt’altro livello. Non si può lanciare un impianto cerebrale sul mercato e sperare nel meglio, come è accaduto con la Model X.

Elon Musk, entro sei mesi sperimentazione del chip Neuralink nel cervello umano

La sperimentazione a fin di bene

A settembre, l’azienda ha iniziato a reclutare i volontari per la prima sperimentazione sull’uomo. In un post sul suo blog, Neuralink ha dichiarato di essere alla ricerca di persone con paralisi a tutti e quattro gli arti a causa di una lesione al midollo spinale o della sclerosi laterale amiotrofica. In prospettiva l’azienda dice che vuole di realizzare un dispositivo che crei una sorta di simbiosi tra gli esseri umani e le macchine e che permetta alle persone di inviare messaggi o giocare utilizzando solo il loro pensiero. Ma prima Neuralink si è data un obiettivo più “alto”: aiutare le persone con disturbi neurologici. Cosa tra le altre cose funzionale ad ottenere l’autorizzazione per le sperimentazioni, perché per giocare a Tetris nella propria mente la FDA è restia a far impiantare microchip, ma per ridare movimento, tatto e altre capacità alle persone tetraplegiche invece ovviamente sì.

Ai fini della sperimentazione, il candidato ideale di Neuralink è un adulto di età inferiore ai 40 anni i cui quattro arti sono paralizzati. Il paziente verrebbe probabilmente sottoposto all’impianto di Neuralink nella area della corteccia premotoria, che governa mani, polsi e avambracci. L’obiettivo è dimostrare che il dispositivo è in grado di raccogliere in modo sicuro dati utili da quella parte del cervello del paziente, un passo fondamentale negli sforzi di Neuralink per convertire i pensieri di una persona in una serie di comandi comprensibili al computer.

Il piano “vero”

L’obiettivo di Musk però è un altro. Vuole un’armata di almeno 22mila persone “chippate” entro la fine del decennio e vuole farlo perché ha un obiettivo molto semplice. Ibridare uomo e macchina serve ad aumentare le capacità dell’essere umano e rimettere la competizione con quello che Musk sostiene sia il suo grande nemico su un piano di maggiore parità.

Il grande nemico? Ma l’intelligenza artificiale, ovviamente. Le persone “aumentate” dagli impianti di Neuralink sarebbero le uniche capaci, pur essendo umane, di competere alla parti con le macchine intelligenti, vera minaccia esistenziale secondo Musk per la nostra specie.

Così, l’azienda che ha come obiettivo statutario di ridare la capacità di muoversi a chi è tetraplegico ma anche di ridare la vista a chi è nato cieco o riparare il midollo spinale spezzato, ha anche un piano B in cui, invece, è una logica completamente diversa quella che governa l’innovazione.

Una logica che dovremmo in qualche modo capire anche se forse non rispettare appieno, perché in effetti gli utilizzi della tecnologia, sia quella informatica che molte tecnologie precedenti, sono stati prevalentemente lucidi o di status e non certo solo funzionali.

Se le automobili servissero solo a trasportare le persone dal punto A al punto B sarebbero tutte Panda (o Ford Model T, più probabilmente). Se i ristoranti servissero per nutrire e non per altro, sarebbero tutte come le mense scolastiche dei nostri figli. Invece, no, evidentemente: abbiamo inventato la categoria degli chef stellati, dopotutto, proprio per questo motivo.

Nutrire mammona

Infatti, vogliamo di più: divertirci e goderci la vita, essere alla moda e mostrare, apparire, oltre che ricevere e godere. Arricchirci e soprattutto godere di questa ricchezza, reale o posticcia che sia.

Quindi, aumentare il nostro cervello probabilmente è, nella mente di Musk, un modo per aprire a una industria dell’intrattenimento completamente nuova, riservata dapprima ai ricconi e poi al resto di noi. Sempre con una importante informazione da non sottovalutare: è un piacere, non un dovere.

La lunga coda di volontari per la fase due è già pronta e lo dimostra, meglio di qualsiasi sondaggio di sociologia.

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