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Caso Facebook-Cambridge Analytica, Tim Cook chiede misure di tutela della privacy più rigorose

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Il CEO di Apple Tim Cook si trova in questi giorni a Pechino a co-presiedere il China Development Forum, annuale conferenza il cui obiettivo è di rafforzare le relazioni tra il governo cinese e i leader economici mondiali. Nel corso dell’evento l’amministratore delegato di Apple ha parlato della vicenda Facebook-Cambridge Analytica e della raccolta dei dati degli utenti a loro insaputa attraverso i loro profili.

“Credo che queste determinate situazioni siano così gravi e diventate così ampie da rendere probabilmente necessario disposizioni legislative ben elaborate” ha detto Cook. “La possibilità per chiunque di conoscere dove abbiamo navigato sul web per anni, chi sono i nostri contatti, chi sono a loro volta i loro contatti, le cose che ci piacciono e non piacciono e ogni dettaglio intimo della vostra vita – dal mio punto di vista – non dovrebbe esistere”.

Cook, scrive ancora Bloomberg, sollecita disposizioni legislative che impediscano l’uso delle informazioni messe insieme sugli utenti, applicate in nuovi modi a loro insaputa. Il commento del CEO della Mela aumenta la pressione su Facebook e altre aziende del mondo IT che basano la loro attività su enormi quantità di dati ottenuti da miliardi di persone per proporre prodotti e servizi. Mark Zuckerberg, CEO e co-fondatore di Facebook si è scusato, per quanto accaduto ammettendo la sua responsabilità, promettendo di “imparare” da questa esperienza ma non spiegando cosa la sua azienda ha intenzione di fare: il suo business ha ad ogni modo a che fare con i dati degli utenti e poco o nulla può fare per proteggere la privacy di utenti che decidono di rimanere intrappolati nel social.

Cook ha spiegato che Apple da tempo sta suonando il campanello d’allarme sulla privacy degli utenti: “Da anni evidenziamo preoccupazione per le persone che in molti paesi del mondo forniscono dati senza probabilmente sapere bene cosa stanno facendo, consentendo la creazione di dettagliati dati di profilazione, evidenziando che un giorno sarebbe successo qualcosa e le persone si sarebbero molto offese per quanto fatto a loro insaputa”. “Purtroppo, queste previsioni si sono avverate più di una volta”.

Il CEO di Apple più volte in passato ha indirettamente puntato il dito contro varie aziende che sfruttano i dati degli utenti spiegando che quando un prodotto è gratuito, quello che probabilmente interessa all’azienda che propone il servizio sono in realtà elementi quali: nome, cognome, amici, scuole frequentate, età, luoghi visitati, cosa ci piace, cosa non ci piace, convinzioni, emozioni, hobby, gusti, ecc. Aziende come Facebook sono in grado di analizzare vari dati, estrarre veri e propri profili psicologici, monitorare comportamenti e abitudini, una sorta di Grande Fratello che consente di ricavare statistiche sul comportamento umano.

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Nel 2015 Cook aveva difeso il diritto alla privacy attaccando – anche se non esplicitamente – Facebook e Google nel corso dell’evento Champions of Freedom organizzato dall’Electronic Privacy Information Center. Il CEO aveva evidenziato l’impegno di Apple con la privacy dei clienti criticando allo stesso tempo società della Silicon Valley per le loro raccolte indiscriminate di informazioni sugli utenti che queste usano a fini pubblicitari. “Divorano tutto quello che possono imparare su di voi e provano a monetizzarlo”. “Pensiamo sia sbagliato e non è il genere di compagnia che Apple vuole essere”. I nomi di queste aziende non erano stati pronunciati, ma è chiaro che Cook stava parlando di Google e Facebook che fanno affari imparando le abitudini e gli interessi dei clienti. Come più volte ribadito nel corso di altri discorsi sulla privacy, Cook ha evidenziato che Apple guadagna con prodotti e servizi e non con i dati personali dei clienti.

Nel corso dell’evento Champions of Freedom vi era stato anche riferimento, sempre indiretto, all’app Photos di Google che offre gratuitamente spazio di archiviazione illimitata per le foto. “Riteniamo che i clienti debbano poter controllare le loro informazioni. Potrebbero piacervi i cosiddetti servizi gratuiti ma noi non pensiamo che valga la pena offrire loro email, cronologie delle ricerche e ora anche le foto della vostra famiglia elaborate e vendute per Dio solo sa cosa per quali scopi di advertising. Riteniamo che un giorno gli utenti comprenderanno di cosa si tratta, per ciò che è”.

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