Apple è tornata in tribunale per l’appello dopo la condanna da parte di un tribunale distrettuale per il caso eBook, la class-action nella quale è accusata di avere alzato in accordo con cinque editori il prezzo dei libri elettronici. La Casa della Mela, lo ricordiamo, era stata giudicata colpevole di avere tramato con gli editori per alzare il prezzo dei libri elettronici, operando per colpire la rivale Amazon con il modello “agenzia”, una modalità con la quale è l’editore a fissare il prezzo, impegnandosi ad applicarlo universalmente.
L’appello, presentato a febbraio di quest’anno, fa seguito al processo dello scorso anno e se Apple sarà ritenuta colpevole, dovrà pagare 450 milioni di dollari per il patteggiamento con i consumatori e gli stati americani uniti al dipartimento di Giustizia nella causa che risale al 2012.
Come abbiamo già speigato altre volte all’epoca i publisher erano per lo più legati ad Amazon, che ha spesso venduto libri in perdita al fine di sostenere il business Kindle. Tra gli editori che avevano accettato la proposta di Apple di cambiare il sistema e il modello all’ingrosso adottato da Amazon (è il rivenditore a fissare il prezzo), ricordiamo il gruppo Hachette, HarperCollins, Penguin, Simon & Schuster e Macmillan.
Amazon vendeva gran parte dei libri elettronici sottocosto, spingendo (e guadagnando dopo) le vendite dei Kindle; semplificando, acquistava all’ingrosso i libri dagli editori a un certo prezzo, per poi rivenderli a un prezzo inferiore, evitando di superare i 9,99 dollari. Apple è stata accusata di avere fatto pressioni e convinto altri editori a seguire una diversa politica per i prezzi, con conseguente aumento dei prezzi per gli acquirenti.
Apple spera di ribaltare il verdetto precedente e i suoi legali affermano di volere continuare per principio, non ritenendo di avere nessuna colpa e affermando che non vi è stata alcuna collusione con gli editori coinvolti. Nel suo ricorso Apple ha fatto notare la posizione dominante di Amazon nel mercato e-book e di come, al lancio di iBookStore, nove titoli su dieci erano venduti da Amazon. Apple sostiene che gli editori hanno apertamente ed espressamente voluto l’innalzamento dei prezzi, consapevoli che i prezzi di Amazon erano troppo bassi e il suo modello agenzia non era gradito.