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«Cara Apple, ci manchi». Firmato: Web 2.0

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“Cara Apple, ci manchi”. Comincia così la lettera aperta scritta dall’editore della rivoluzione digitale, Tim O’Reilly, e dal giornalista John Battelle, famoso più di recente per aver dato alle stampe la più completa storia ufficiale di Google, approvata anche dall’azienda stessa.

Il problema, sottolineano i due co-fondatori della conferenza “Web 2.0 Summit”, una delle più note del settore, è che Apple gioca fuori dalle regole. Apple sostanzialmente fa tutto da sola e senza aperture: “Negli ultimi anni, le cose da voi sono cambiate – scrivono i due attivisti digitali – Avete vietato ai vostri manager di parlare in pubblico, ai vostri dipendenti di bloggare e fare post sui social network, o avete fortemente scoraggiato di offrire paper accademici per un commento pubblico. Nelle parole di uno dei vostri ex partner, Apple sostanzialmente vieta “cose che noi presso aziende con una cultura aperta diamo per scontate”.

La lettera aperta di O’Reilly e Battelle continua indicando nel cambiamento di attitudine di Apple, che non gioca a carte scoperte partecipando al web 2.0 in cui tutti usano tecnologie open source e lasciano a tutti la possibilità di fare quel che vogliono all’interno delle piattaforme altrui, il vero “peccato mortale” commesso dall’azienda. Il “Cara Apple, ci manchi” è un “ci manchi” dalla conversazione e dal salotto buono dove i grandi dell’informatica si confrontano, secondo O’Reilly e Battelle. Cioè la conferenza stessa che loro organizzano.

Infatti, nei sette anni precedenti, molte cose sono cambiate. Se da un lato “Apple non è più lo sconfitto che vive nell’ombra del monopolio di Microsoft, ma sta diventando lentamente il primo attore in una sere di network di servizi critici e di punti di controllo (dalle piattaforme all’accesso ai media ai sistemi di pagamento al browsing su internet fino alle piattaforme pubblicitarie)”; dall’altro Apple è diventata troppo importante per continuare a fare un ruolo stile “Howard Huges” di questo settore (con riferimento al solitario miliardario fondatore di aziende aeronautiche, cinematografiche e via dicendo, che ha sempre giocato fuori dagli schemi e dalle grandi alleanze industriali).

Allora, i due intellettuali del bit invitano Apple a partecipare alla conferenza di quest’anno, che è titolata “Punti di controllo” e l’invito (che i due ammettono tornare anche fortemente a loro vantaggio) è comunque pensato perché proprio in quel contesto Apple potrebbe venire a confrontarsi e parlare (come è accaduto una sola volta con Steve Jobs contrapposto a Bill Gates cinque anni fa davanti a Walt Mossberg all’All Things Digital). In quel contesto sono andati a parlare il Ceo di AT&T, Randall Stephenson, e quello di Comcast, Brian Roberts, circa le critiche di discriminazione dei network. Oppure i manager più esperti di Google, Microsoft, Facebook e Twitter hanno parlato dei loro piani circa la ricerca e la internet in tempo reale. E lo stesso numero uno di Newscorp, Rupert Murdoch, ha dichiarato i suoi scopi circa la traumatica acquisizione del Wall Street Journal, qualche anno fa, oppure il Ceo di Facebook, Mark Zuckerberg, ha spiegato il suo approccio alla privacy.

Per ribadire che non si tratta di un processo ma di un modo per mettere Apple sul podio e farle spiegare, di fronte ai 1200 più importanti soggetti del mondo digitale, Tim O’Reilly e John Battelle invitano Apple a partecipare alla prossima edizione del loro evento, non rivolgendo l’invito direttamente a Steve Jobs ma scrivendo come se fosse questo l’obiettivo. Non si tratta di un processo, ma di uno dei posti dove si ritrovano i protagonisti per illuminare e muovere il settore industriale. E, aggiunge in maniera quasi corretta la coppia di promotori, “fare in modo nel frattempo che tutte le parti coinvolte rimangano oneste”.

Come reagirà Apple a questa richiesta fortemente unilaterale ma dalla quale emerge chiaramente un segnale lanciato da altri settori della rete? O’Reilly (che è sempre stato un grande tifoso di Apple ma anche e soprattutto dell’open source e di Google) e Battelle (che ha “venduto l’anima al diavolo” di Mountain View, politicamente parlando, venendo invitato anche a presentare il libro scritto sull’azienda ai dipendenti stessi di Google e ricevendone di fatto l’endorsement) non fanno un invito solo in nome proprio, anche se la conferenza è un evento importante. Piuttosto, rappresentano o cercano di interpretare il sentire e i bisogni di una parte nuova e molto aggressiva dei poteri della Silicon Valley. Quella parte che, con grande cinismo, finanzia e usa l’open source come macchina per livellare la competizione, fare fuori gli avversari e creare nuovi equilibri. Via Microsoft, via Adobe, dentro Google, dentro i grandi venture capitalist che sono diventati ultramiliardari con gli investimenti fatti dentro l’azienda e dentro i futuri campioni della Borsa (almeno loro sperano) come Facebook e Twitter.

Apple in tutto questo ha una posizione molto, molto particolare. Infatti, anziché essere chiusa in una posizione difensiva, come Microsoft, che cerca di tenere chiuse le proprie piattaforme aprendosi però al dialogo trasversale e tornando a investire sui prodotti, mentre fuori Google e gli altri avversari guadagnano terreno, oppure come Adobe, che cerca di puntare tutto su standard bloccati dei quali detiene il totale controllo (e il lancio della CS5 ne è la ultima materializzazione), Apple gioca la sua partita. Non fa (più) parte delle aziende affratellate a Google, non fa gioco di squadra, non si difende in un angolo. Invece, il suo prodotto è forte, i suoi nuovi standard piacciono al pubblico e la sua capacità di generare piattaforme nuove, in cui gli sviluppatori creano e fanno emergere valore, e il pubblico trova motivo di piacere e di utilità, non vengono digerite affatto dagli altri.

Potremmo leggere questa email come un amichevole invito rivolto ad Apple da parte dei social network a rientrare nei ranghi, a non suonare fuori dal coro, a farsi più docile e passare la palla anche agli altri. Dopo, in questa fase in cui i fronti di conflitto per Apple sono ovunque e lo scontro procede con Google come con Adobe come con i blogger o con la stampa pro-concorrenza, probabilmente si passerà alle maniere forti.

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