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Cara AI, Non fa scienza avere inteso sanza lo ritenere

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La memoria è qualcosa di piuttosto complesso: il nostro cervello è costruito dall’evoluzione per ricordare certe cose con grande facilità e fare molta fatica ad impararne altre, come sanno il 99% dei bambini che hanno fatto fatica a memorizzare le poesie a scuola (ammesso che ancora si imparino a memoria le poesie a scuola).

Tuttavia, la tecnologia ci viene incontro. E lo fa da due direzioni diverse. Da un lato ci sono strumenti sempre più diffusi che permettono di misurare dati relativi alla nostra vita “fisica” o “quantitativa”. È la corrente del self-quantify che cerca di registrare tutto: i nostri passi, battiti cardiaci, respiri e chissà cos’altro per ogni giorno (e notte) della nostra vita.

Forse solo l’amore per la sapienza può salvare l’intelligenza artificiale
Immagine creata con Microsoft Copilot

Registrare sempre, registrare tutto

Dall’altro lato, ci sono gli strumenti che potrebbero aiutarci a registrare e ricordare tutto quello che abbiamo scritto, letto, detto, e forse anche visto. Qui entra in gioco in maniera prepotente l’ultima ondata di intelligenza artificiale, perché in realtà sul primo fronte c’è già moltissimo.

Uno strumento su tanti: un piccolo oggetto creato dall’azienda Plaud, che aveva già realizzato il Note Voice Recorder per il telefono (un gadget che si attacca al telefono e registra tutto quel che diciamo e poi lo riassume e riorganizza), adesso ha creato il NotePin. La stessa cosa solo delle dimensioni di un piccolo pendaglio da tenere sul bavero del maglione o appeso al collo. Per attivarlo basta toccarlo e al prezzo di 165 dollari più altri 75 annui per i servizi pro permette di registrare tutte le conversazioni aggiungendo anche il riconoscimento del nome delle varie persone che parlano.

L’epoca della memoria totale

Cosa ci dice questo strumento? Che ci stiamo avvicinando all’epoca della memoria totale. Non è adesso, non sono questi gli apparecchi con cui farla, ma è esattamente la direzione verso la quale stiamo andando.

Il presupposto è molto semplice: secondo gli ingegneri gli esseri umani sono pessimi nel ricordare le cose. Alla faccia di miliardi di anni di evoluzione per creare i cervelli. Infatti, dicono, con il tempo ci dimentichiamo le cose; non riusciamo a ricordarle perché non siamo molto attenti; ricordiamo male le cose a causa dei nostri pregiudizi intrinseci e del modo in cui percepiamo il mondo. Sono tante le cose che accadono e non le conserviamo a lungo. Insomma, siamo terribili.

E qui i soliti ingegneri (e imprenditori visionari) hanno idee che potrebbero fare delle vere rivoluzioni, forse. Cioè idee secondo le quali l’intelligenza artificiale potrebbe risolvere questo problema. E forse ci siamo, sembra proprio che stiamo per scoprirlo.

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Foto di MEDIA CONSULTA

Memoria e intelligenza artificiale

Microsoft, ad esempio, sta puntando molto su Recall, un’applicazione che promette di utilizzare l’intelligenza artificiale per raccogliere, archiviare, organizzare e far riemergere tutto ciò che fate e vedete sul nostro computer (se usiamo Windows con Recall, ovviamente). Ecco come funziona: immaginate di poter chiedere al vostro computer: “Cos’era quell’articolo sulle api che ho letto l’altro giorno? Qual era la serie di eventi ai quali faceva riferimento?”. E lui risponde, preciso più di un motore di ricerca perché il dato è già in memoria.

Invece alla Google I/O di quest’anno la dimostrazione più impressionante dell’intelligenza artificiale è stata un modo per ricordare dove avete lasciato gli occhiali. Su un altro fronte Apple pensa non solo di ribattezzare l’AI come Apple Intelligence, ma anche di utilizzarla per creare album fotografici e persino video emozionali per ricordare i momenti più belli. E aziende come Notion e Dropbox stanno inserendo l’intelligenza artificiale nei loro strumenti per aiutare i loro utenti a trovare e ricordare tutte le riunioni e attività varie che sono state salvate.

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Foto di Hitesh Choudhary su Unsplash

La memoria assoluta (ma di un altro)

Tutte queste aziende promettono tutti la stessa cosa: non preoccupatevi più di ricordare le cose perché il computer lo farà per voi. E lo farà più velocemente e meglio. Insomma: avete una pessima memoria, smettete anche di provarci perché ci sarà chi lo farà per voi.

Invece, avremo una specie di super-io che ci perseguiterà rimproverandoci qualsiasi dettaglio della nostra vita con scientifica precisione, estrapolando tendenze e analizzando i nostri comportamenti come neanche i terapeuti più smagati riescono a fare. Ci conoscerà meglio di chiunque perché ricorderà tutto di noi. E forse la nostra vita sarà prolungata in questo modo: dopo che il nostro corpo è andato al cimitero, rimarrà la somma di tutto quel che abbiamo detto e scritto e visto e ascoltato. Una rete, una sottile matrice che sarà il nostro snapshot. L’eternità non per i nostri fragili corpi biologici ma per le nostre idee “viventi”.

Il cambio di passo della memoria

Allora, se la tecnologia ci consente di fare questo, appare evidente che cambia il rapporto che esiste con il pensiero. La memoria per gli esseri umani non è solo un database da interrogare per ritrovare delle informazioni ma anche uno strumento per impararle e conoscerle: per citare Dante, “Non fa scienza, sanza lo ritenere, avere inteso“. Cioè, se uno ha accesso alle cose a memoria ma non le ha studiate e quindi capite, non gli servono a niente. Non ha le competenze per farsene qualcosa.

Immagine di Gabriella Clare Marino - Unsplash
Immagine di Gabriella Clare Marino – Unsplash

Potenza di calcolo sociale

Gli ingegneri della Silicon Valley in questi mesi parlano di cosa serve per costruire un ottimo ausilio per la memoria, di come potremmo usarlo in futuro e del perché è così difficile da ottenere. Ma è un falso problema: ogni volta che si mette l’occhio su qualche tecnologia che in laboratorio funziona, è solo questione di tempo e di investimenti prima che scali e venga utilizzata ovunque.

Allora, parliamo anche del lato umano di tutto questo: cosa cambia nella nostra vita quando smettiamo di dimenticare le cose? Ricordare il compleanno di un amico è diverso quando a farlo è un modello di intelligenza artificiale? E questi strumenti funzioneranno mai davvero al di fuori del lavoro? Il punto ovviamente è che questi strumenti stanno arrivando e migliorano rapidamente. Possiamo essere scettici quanto vogliamo ma sta a noi capire come adattarci e conviverci.

Storicamente, ci sono ricerche per dirlo, la società è più lenta ad adattarsi al progresso di quanto sia veloce la tecnologia. Cioè si vive sempre un po’ nel passato: serve una nuova generazione per fare veramente il salto di qualità. E la nuova generazione oggi sta nascendo: sarà la prima ad avere strumenti di intelligenza artificiali maturi sin dall’inizio.

microsoft ai settimio perlini00003I giovani ancora non ci sono

La Gen Y e la Gen Z (o come diavolo si chiamano quelli che arrivano fino ai bambini oggi nella nursery degli ospedali) sono già vecchi. Hanno già un mondo di dispositivi e di informazioni “grezze”, praticamente “analogiche” perché non ancora masticate e filtrate dall’intelligenza artificiale. Avete presente lo stupore che un giovane oggi ha di fronte a un vecchio telefono fisso con selettore a disco? Beh, tra quindici anni i quindicenni del futuro lo proveranno di fronte ai nostri telefonini, ai nostri portatili, ai nostri desktop, alle nostre automobili, ai nostri scooter e moto, e a qualsiasi altro apparecchio.

Il problema congiunturale però è un altro: la memoria delle persone sta per vaporizzare. È un muscolo, dicevano le nostre maestre elementari di una vita fa, e come tale va tenuto allenato altrimenti si atrofizza. Se addirittura lasciamo che sviluppi piaghe da decubito chissà in quale sciagurata società ci troveremo a vivere.

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