Dal primo Gennaio l’Iva sulle app sale, ma per i clienti finali non cambierà nulla. Questo quel che possiamo immaginare dopo una serie di verifiche incrociate di consulti avvenuti nelle ore passate con alcuni esperti fiscali e persone che conoscono i meccanismi di App Store e iTunes Connect, il sistema di vendita che gestisce l’intera infrastruttura dell’ecommerce digitale di Apple per le applicazioni. Diciamo “immaginare” perchè al momento nulla c’è di certo al proposito: solo il non troppo chiaro messaggio inviato agli sviluppatori con cui Apple faceva sapere che «dal primo gennaio l’IVA sarà basata su quella in vigore nel paese di residenza del cliente, invece che la stessa per tutti i paesi dell’UE», ovvero, aggiungiamo noi, il regime IVA non sarà più quello unico del Lussemburgo dove ha sede iTunes Sarl, che gestisce la vendita di app, musica e vari contenuti digitali, ma differenziato paese per paese.
Per capire i termini della questione partiamo dall’inizio, ovvero dalla disposizione UE secondo la quale dal primo di gennaio, il cosiddetto regime IVA del Download Digital sarà cambiato. L’imposta sul consumo verrà applicata non sulla base del paese di vendita, ma sulla base del paese di acquisto. In termini pratici: chi comprerà da Apple (o da Amazon, Google o tutti coloro che vendono qualche cosa in forma digitale), non pagherà l’IVA della nazione dove è basata fisicamente la società, ma quella di dove avviene la vendita. Sempre facendo un esempio pratico, Apple oggi applica alle vendite attuate da iTunes il 15% di IVA, aliquota attuale del Lussemburgo; dal primo gennaio applicherà, nel caso dell’Italia, quella disposto dal governo Italiano, ovvero il 22%.
Tecnicamente ma anche teoricamente, questo potrebbe voler dire un aumento del 6% del prezzo delle applicazioni. In pratica una applicazione da 99 centesimi, oggi 86 centesimi al netto, potrebbe arrivare a costare 1,05 euro (86 centesimi più 22% di IVA), questo per recuperare la percentuale aggiuntiva richiesta dalla norma. Diciamo teoricamente perchè è molto probabile che non sarà così e saranno invece Apple e gli sviluppatori a dover pagare la differenza.
Attualmente Apple applica i cosiddetti “tier price” alle applicazioni, costi identici per ciascun paese e cambiarli in accordo ai prezzi di ciascuna nazione sarebbe complicato tecnicamente e soprattutto pericoloso per la chiarezza del sistema. Molto più semplice è mantenere il prezzo attuale e versare l’IVA dovuta per ciascun paese, ma visto che qualcuno quel 6% in più lo deve pagare, questo qualcuno saranno Apple e gli sviluppatori.
Ragionando ancora in termini pratici: una applicazione da 99 centesimi attualmente ha una aliquota IVA lussemburghese di 14 centesimi circa. Allo sviluppatore vanno però solo 60 centesimi, perchè Apple decurta dal netto, 86 centesimi, il 30% dovuti per i suoi servizi di vendita. Dal primo gennaio la logica dice che Apple continuerà a vendere l’applicazione a 99 centesimi, ma il netto dato allo sviluppatore sarà di 57 centesimi circa. Infatti dai 99 centesimi si dovranno detrarre circa 22 centesimi arrivando a 81 cent di netto, di cui il 30% andrà ad Apple e la parte restante, 57 centesimi, appunto, andranno allo sviluppatore. Sia Apple che lo sviluppatore, quindi, rinunceranno ad un 5% del profitto.
Ovviamente tutto questo non significa che le applicazioni non aumenteranno di prezzo.
L’ipotesi più probabile per cui questo potrebbe succedere deriva dai calcoli economici di uno sviluppatore che ritenesse di non poter rinunciare al 5% di profitto che gli viene imposto dal cambiamento del regime di IVA. A questo punto potrebbe decidere di passare alla fascia di prezzo superiore. Anche Apple, molto teoricamente, potrebbe fare altre scelte, come decidere di non rinunciare alla sua percentuale e quindi diminuire quel che gira allo sviluppatore, oppure aumentare il prezzo delle applicazioni in maniera selettiva, paese per paese, ma questa ultima ipotesi per le complicazioni che essa imporrebbe, ci pare decisamente poco probabile.
Grazie a Valerio