Alle tre di notte, click. E Raidue e Rete 4 scompaiono dai teleschermi. Non è un incidente ai ripetitori, ma il futuro che si chiama digitale terrestre. Alcuni tra politici ed esperti lo hanno fortemente voluto e altri invece continuano ad avversarlo. Comunque, per 560 mila persone è diventata la realtà .
Cagliari e buona parte della sua provincia, in tutto 123 comuni, hanno visto cambiare stanotte una delle sicurezze dell’epoca moderna: che la buona vecchia televisione analogica sia sempre e comunque in grado di trasmettere su qualsiasi apparecchio. Dopotutto, è sempre stato così: se potessimo trasportare un modernissimo apparecchio analogico magari a tecnologia Lcd nel passato, all’alba della prima televisione italiana del 1954, funzionerebbe perfettamente. Certo, con immagini in bianco e nero, ma la tecnologia è immutata da allora nelle sue specifiche tecniche.
Invece, la discontinuità del digitale terrestre è proprio questa: per i cagliaritani da oggi alcuni dei canali che il resto d’Italia vede sulla normale tivù analogica devono prima essere filtrati dal decoder della tv digitale, in attesa degli apparecchi solo digitali nella parte di sintonizzazione.
Se c’è entusiasmo da parte di alcuni, dicevamo, che annunciano: “da oggi il Dtt non è più una promessa ma una realtà “, altri obiettano che in realtà non si tratta della tecnologia giusta: negli Usa e in Australia, in Europa e in Asia ad essere usata è un’altra tecnologia digitale con standard in alta definizione. In pratica, i decoder che stiamo piazzando nelle case degli italiani oggi – e soprattutto anche i costosi apparecchi di codifica ed emissione che vengono installati con imponenti contributi statali – sono del tutto inutili e tali si dimostreranno entro pochi anni, quando ci si dovrà forzatamente adeguare alla richiesta della televisione ad alta definizione, come quella offerta ad esempio dalla piattaforma satellitare Sky e dal suo decoder…