C-Net sta da qualche giorno dedicando una serie di articoli al trentennale della nascita del Mac e in uno di questi, traccia un quadro di Burrell Smith, mago dell’hardware autodidatta (nessuna laurea) e persona senza la quale forse il Mac non sarebbe mai nato o probabilmente non sarebbe quello che conosciamo oggi.
Arrivato in Apple nel 1979, cominciò a occuparsi della riparazione degli Apple II. A soli 24 anni, coetaneo di Steve Jobs e altri giovanissimi folli visionari che in Apple erano cresciuti a pane ed elettronica, il bravo hacker (nel senso nobile del termine) dal volto cherubino fu notato da Bill Atkinson, il geniale sviluppatore di molte parti chiave del codice di sistema per il Lisa e il Mac, noto a tutti per MacPaint ma autore di numerosi altri software. Atkinson stava lavorando a un nuovo progetto alla cui guida era stato assegnato il dipendente numero 31 della casa della Mela, Jef Raskin, altro geniale personaggio al quale dedicheremo articoli a parte.
Smith doveva collaborare con Raskin al progetto di un nuovo computer molto economico e più facile da usare rispetto a quanto disponibile allora, un’operazione da portare a termine con un manipolo di persone, più volte sul punto di essere cancellata. Raskin aveva denominato il suo progetto “Macintosh”, usando il nome della sua qualità di mele preferite, cambiando l’ortografia per evitare problemi con McIntosh, società specializzata in attrezzature audio. Come ha avuto modo di scrivere l’ora defunto Raskin, il progetto finale avrebbe dovuto essere un computer dal costo intorno ai 500 dollari, anche se il prezzo poi salì a 1000 dollari.
A Smith fu affidata la responsabilità di disegnare la scheda logica della macchina dei sogni di Raskin, la quale avrebbe dovuto usare chip Motorola 6809 e integrare di serie 64K di memoria RAM. Bud Tribble, primo ingegnere software del team Macintosh, riteneva che la macchina avrebbe offerto prestazioni migliori e sarebbe stato possibile usare codice esistente se avesse sfruttato i Motorola 68000, lo steso processore del Lisa. Tribble chiese a Smith se fosse stato possibile sfruttare il chip in questione con 64KB di memoria RAM.
All’epoca Jobs era coinvolto nel progetto Macintosh, dopo essere stato buttato fuori dalla gestione di Lisa, e dedicava tutte le sue attenzioni al nascente progetto di Raskin.
“Burrel cominciò a lavorare non-stop sui collegamenti ed io scrivevo programmi sull’Apple II per emulare la temporizzazione che Burrell sviluppava per i chip Programmable Logic Array” (dispositivi usati per implementare circuiti logici, ndr), raccontò Tribble in un’intervista alla rivista Byte all’epoca dell’introduzione del Mac. “Dopo quattro giorni, avevamo una scheda con il 68000, 64K di memoria, uno schermo bitmapped e tastiera che permetteva l’esecuzione del software QuickDraw, le routine grafiche che Bill Atkinson aveva progettato per il Lisa”; “Andammo da Steve (Jobs, ndr) con il modello funzionante e questo disse: ok facciamolo in questo modo”.
La scelta del 68000 avrebbe significato indirizzare il Mac su un nuovo versante, una scelta diversa da quella di Raskin che, nella sua visione, avrebbe voluto invece una macchina da massimo 1000 dollari. A febbraio del 1982, Raskin, emarginato dal suo progetto o se vogliamo dalla sua diversa visione, si licenziò. Dal 1981 a metà del 1983, Smith progetto almeno cinque differenti schede logiche, seguendo di pari passo con l’evoluzione del concetto di Macintosh, con grandi elogi di tutti i suoi colleghi in Apple.
“Direi che le schede logiche di Burrell Smith, sono stato il seme brillante che ha attirato tutti gli altri verso il progetto” ha dichiarato Andy Hertzfeld, coscritto nel frattempo da Jobs nel febbraio del 1981 dal gruppo Apple II al team Macintosh per scrivere importanti parti di sistema del software Mac.
“Sono cresciuto con Woz e l’ho visto lavorare” dice Bill Fernandez, impiegato numero 4 di Apple e membro del team che creò il primo Mac, “Burrell era molto simile” spiegando che quando si presentavano nuovi problemi lui si “tuffava” in essi, risolvendoli con il suo modo brillante di lavorare. “Lui e le persone del team software” continua Fernandez “Specialmente Andy Hertzfeld, hanno lavorato a stretto contatto comprendendo cosa sarebbe accaduto tra hardware e software. Insieme potevano produrre quello che ci serviva, in modo efficiente ed economico”.
“Burrell era un brillante ingegnere e così tutti quelli al lui intorno” racconta Daniel Kottke che ha testato le schede logiche progettate da Smith. “Era capriccioso, divertente e giocoso, e non aveva molta pazienza per i dettagli”.
Brian Howard, dipendente Apple numero 32 e primo membro del progetto Macintosh di Raskin, ha lavorato con Smith per aiutarlo a tradurre le idee ortodosse di quest’ultimo in una lingua che il resto dell’azienda poteva comprendere, così come all’affinamento del layout delle schede e delle temporizzazioni. “La natura dolce di Brian, la sua superba intelligenza, competenza tecnica e capacità di scrittura erano caratteristiche perfette per Burrell” ha raccontato Hertzfeld su Folklore.org, un sito nel quale si trovano vari aneddoti sulla nascita di Apple.
Anche Hertzfeld su Folklore.org ha raccontato la giocosità e il carattere eccentrico di Smith: “…a volte provava a ordinare bibite mischiandole come se fossero cocktail, in proporzioni sempre diverse, tipo: tre quarti di Coca Cola e un quarto di Sprite. Spesso i camerieri esitavano a prendere l’ordine ma i modi di Burrell erano abbastanza affascinanti e convincevano. Era anche ossessionato da alcuni alimenti come ad esempio il sandwich Bulgarian Beef (una pietanza a base di manzo, ndr) ordinato costantemente da Vivi’s per un periodo per passare poi alla fase della pizza con ananas in seguito, e ancora all’evoluzione più duratura e preferita: il sushi, il quale ha contribuito a una nuova gamma di interessanti scelte e combinazioni”. Smith aveva un linguaggio del tutto suo che rifletteva, per così dire, il suo background tecnologico; riferendosi alle donne, le chiamava ad esempio, “buoni prototipi” ed era abilissimo nel fare effetto sulle colleghe.
Dopo la presentazione del Mac, Smith sviluppò la scheda logica della stampante PostScript di Apple: la LaserWriter; lavorò su Turbo Macintosh, una scheda video interfacciata con un drive interno, progetto che non ottenne il supporto sperato, tanto che decise di lasciare l’azienda nel febbraio del 1985. L’anno successivo co-fondò insieme a Hertzfeld, la Radius, società specializzata in periferiche e accessori per Mac.
Nel 1988 Smith lasciò la Radius e da allora non ha più lavorato nell’industria dei computer. Precipitato nella schizofrenia e nella depressione ossessiva bipolare non ha mai voluto parlare con la stampa. Nel 1993 creò un po’ di problemi a Jobs: con il progredire della malattia cominciò a girare nudo per strada e, a volte, rompeva i vetri delle automobili e le vetrate delle chiese. Assumeva farmaci molto pesanti, di difficile dosaggio e a un certo punto, come raccontato nella biografia di Walter Isaacson dedicata al defunto fondatore di Apple, cominciò ad aggirarsi di sera intorno alla casa di Jobs, scagliando sassi contro le finestre, a lasciare lettere deliranti e gettare petardi ad alto potenziale esplosivo dentro casa. Fu arrestato. Jobs ritirò le accuse quando Smith accettò di sottoporsi a terapia. “Era simpatico e ingenuo” ricordava Jobs, “poi, un giorno d’aprile, improvvisamente è esploso”, ricordava, “Fu la cosa più strana e triste”.
Negli anni successivi è stato visto aggirarsi per le strade di Palo Alto, incapace di rivolgere la parola a chiunque, anche al suo amico Hertzfeld. Jobs chiese a quest’ultimo se insieme potevano fare qualcosa. Nel 2011 fu arrestato e rifiutò di dare le proprie generalità; quando Hertzfeld lo scoprì chiese aiuto a Jobs per ottenerne il rilascio.