C’era una volta un gruppo di ragazzi che aveva deciso di creare un software per ascoltare la musica sul Mac. Erano ancora gli anni Novanta, proprio alla fine, e la rivoluzione degli Mp3 stava appena cominciando grazie a tre fattori: il CD (che offriva un supporto digitale “rippabile” facilmente già all’interno del computer), WinAmp (uno dei primissi software per ascoltare la musica rippata in formato MP3) e Napster, uno dei primissimi P2P che consentiva di scambiare e scaricare gli MP3 via Internet.
Era poca roba, ma stava creando le premesse di una rivoluzione straordinaria: copiare la musica era il primo segno che il mondo era cambiato e che stava nascendo un’economia dei bit con una fisica completamente diversa dall’economia degli atomi: cause miliardarie, la prospettata fine delle grandi etichette discografiche, la rivoluzione nel mercato della musica erano cose che stavano per succedere, assieme alla rivoluzione nel mondo dei film e telefilm, seguiti adesso anche da quello dei libri. Ma non corriamo, torniamo alla nostra storia.
Il gruppo di ragazzi realizzò un software che faceva le funzioni di un jukebox: permetteva di rippare la musica, assegnare dei tag (cioè i nomi del gruppo che suona, gli autori, il titolo dei brani e dell’album) e riprodurla all’infinito tutta di fila o tramite playlist che associavano canzoni di album e autori diversi. Come il CD ma meglio del CD, tanto che si poteva addirittura masterizzare un CD pieno di MP3 o uno di audio, da mettere nello stereo proprio come se fosse stato originale!
Sembrano cose folli adesso, ma all’epoca era la rivoluzione. Il software si chiamava SoundJam MP e l’aveva fatto Bill Kincaid assieme a Jeff Robbin e Dave Heller, che poi vennero tutti assunti da Apple nel 2000 e costituirono la base per iTunes. Sapete cosa stava succedendo? Beh, è semplice: Steve Jobs era tornato, aveva capito che c’era una rivoluzione ma aveva rischiato di sbagliare strada. Si era convinto che la rivoluzione fosse quella del video, dei filmati delle vacanze da rimontare, e quindi aveva fatto creare il software iMovie. Poi, l’illuminazione: la gente voleva la musica. L’assalto di Apple ebbe luogo in tre mosse ed è la madre di tutto quel che è successo dopo.
Per prima cosa Apple acquisì SoundJam MP e creò da questo iTunes. Il software che, come recitava uno spot di Apple e poi una copertina di Wired americano, serviva a fare “Rip. Mix. Burn.” Mica poco! Ma iTunes era solo la base: Apple lavorava già per la creazione di uno strumento proprietario che avrebbe dovuto interfacciarsi con iTunes sul Mac e permettere di trasportare la musica in tasca. Tanta musica. Serviva un Walkman del XXI secolo: era l’iPod, novembre 2001. A cui, nel 2004, seguì un’altra intuizione: vendere la musica tramite iTunes. In pratica, creando un “lato B” del software, che da quel momento oltre che normale applicazione Mac era anche front-end di un servizio web costruito con web-objects. Le case discografiche, alla canna del gas, accettarono un accordo che le avrebbe impiccate ad Apple: vendere la musica a 99 centesimi a canzone.
iTunes, che a questo punto aveva due ruoli, negozio e jukebox, divenne anche un software per PC (ben fatto, tra l’altro) e permise l’esplosione della musica digitale. Ma non era finita qui. Perché nel 2007 arrivò l’iPhone che, nel 2008, ebbe anche il suo negozio di app digitali. E indovinate dove si sincronizzava l’iPhone (come fosse stato un iPod) e da dove si potevano comprare le app digitali? Ma ovviamente da iTunes, che faceva da negozio non solo per app e musica, ma anche per film e telefilm. Oltre, ovviamente, ad avere un ruolo straordinario per una sua altra sezione: i Podcast. Inventati letteralmente da Apple, i podcast sarebbero stati il piede di porco con il quale scassinare il mondo della scuola: infatti oltre a trasmissioni radio e programmi demenziali, aprirono la vita all’idea di fare un iTunes U speciale, una sezione dalla quale scaricare tonnellate di corsi e lezioni universitarie da parte delle istituzioni più prestigiose di tutto il mondo, tra cui anche alcune italiane.
È finita? Ovviamente no. Mentre su iOS il nostro buon iTunes ha gemmato e adesso le sue funzioni iTunes U, App Store e altro vengono fatte da applicazioni diverse, su Mac e su PC la rivoluzione continua. L’ultima versione di iTunes è un capolavoro di chiarezza e minimalismo, il software gratuito – uno dei più scaricati sul pianeta – è diventato il punto di forza tramite il quale Apple riesce a comunicare e tessere una relazione con i suoi milioni di utenti. Ha avuto false partenze, come il fallimentare social network iTunes Ping, ma poi ha accettato di integrarsi con Facebook e Twitter. Inoltre, è l’hub attraverso il quale è possibile condividere i propri contenuti in casa e accedere a funzioni come Genius e addirittura un nuovo negozio che è quello per l’acquisto dei libri e delle riviste (come app per iOS).
Rimane sempre la funzione di base del player musicale, che accetta molti formati ma non tutti: non è possibile suonare musica “esoterica”, cioè con campionamenti elevatissimi (24 bit e 192Kbps) ma in compenso si possono vedere film e telefilm in Full HD e un audio spettacolare. C’è ancora la vecchia sezione di radio in streaming che forse presto verrà rivoluzionata e un mondo di opzioni (con iTunes si fa backup delle iDevice e si può fare l’attivazione di un iPhone con sim lock). Oggi è il suo compleanno: di strada ne ha fatta questo piccolo pezzetto di software. Chissà quale sarà il suo futuro.
Per visualizzare la cronologia che celebra i 10 anni di iTunes è possibile partire da questo link.