Mai dire Taiwan. Potrebbe chiamarsi così, parafrasando una popolare trasmissione TV, il bug che colpiva iOS, ora risolto con l’aggiornamento a iOS 11.4.1 che mandava in crash iPhone ogni volta che si scriveva il nome convenzionale della cosiddetta “Cina Nazionalista” o Formosa.
A causare il crash la necessità di Apple di dare riscontro alle imposizioni della Cina Popolare. In conseguenza del mancato riconoscimento, figlio di tensioni internazionali che risalgono ai tempi della guerra civile con Mao Tze Dong e Chiang Kai Shek, tra i due paesi, la Cina non solo rivendica l’isola e non le riconosce l’indipendenza, ma proibisce l’uso del nome Taiwan e anche dell’ideogramma che la rappresenta, nè si può diffondere la bandiera di Taiwan.
Il bug era stato scoperto da Patrick Wardle, ex hacker della National Security Agency e che ora si occupa di sicurezza iOS e macOS per l’azienda Digital Security. «Ero rimasto perplesso – dice Warlde – ascoltando quanto riferito da un amico: il crash di un dispositivo ogni volta che scriveva la parola “Taiwan” o riceveva un messaggio con la bandiera taiwanese». Qualche prova aveva dimostrato che era proprio così: il problema si presentava con qualunque app in grado di ricevere messaggi da remoto, incluse iMessage, Facebook Messenger e WhatsApp anche se solo sui dispositivi impostati con specifiche configurazioni regionali, sugli iPhone impostati come “Cina” in “Lingua e Zona”.
Secondo Warldle, che spiega in maniera molto tecnica il problema ma arriva a conclusioni chiare, Apple ha di fatto introdotto il bug (classificato nel database delle vulnerabilità come CVE-2018-4290,) nel tentativo, mal riuscito, di eliminare dai messaggi bandiera e nome di Taiwan. L’operazione è stata obbligata a quanto pare, ma qesto non cancellerà in qualcuno le perplessità. Quanto accaduto è il segnale che esiste in Apple un complesso e a volte abbastanza discutibile tentativo di bilanciamento, non sempre riuscito, tra libertà di parola e diritti individuali (che Apple sostiene essere alla base del suo DNA) e la volontà di non perdere il mercato cinese. Era già accaduto nel caso dell’eliminazione sempre in Cina delle app per VPN, scelta diventata anche un caso politico, o la chiusura di iBooks Store e Movie Store.