Bob Metcalfe è un distinto signore sui settanta, ampia zazzera bianca e tono autorevole. Nella vita ha fatto davvero molto: poco più che ragazzo ha inventanto l’Ethernet, che da quarant’anni è il modo con il quale si creano le reti e adesso si gestiscono i servizi digitali anche attraverso il cloud. Poi ha fondato varie aziende tra le quali bisogna ricordare il super colosso 3Com, fondata nel 1979 e venduta nel 2010 a Hewlett Packard.
Oggi, per “restituire qualcosa dell’esperienza che ho accumulato ai giovani”, Metcalfe è “docente di innovazione” alla Università del Texas sede di Austin. Sembrerebbe una carica inutile, per dare qualcosa da fare a un multimilionario che si annoia, e invece è un insegnamento strategico per far capire agli studenti, sopra tutte le discipline tecniche che apprendono a ingegneria, come fare a diventare innovatori e fondare un’azienda oppure lavorare con successo in una impresa o startup.Metcalfe ha partecipato a GEN15, evento di tecnologia di rete dedicato al mondo dei carrier, delle telco e fornitori di IT, che si sta concludendo in queste ore a Dallas, sempre in Texas. E dove era presente uno degli inviati di Macity, che sta testando iPad Pro e in particolare la Smart Cover per vedere se si riesce a lavorare senza perdita di qualità rispetto al consueto MacBook Air d’ordinanza.
Durante una chiacchierata informale con Metcalfe, il cronista non ha potuto fare a meno di notare un Apple Watch Sport nero con cinturino nero spuntare dalla manica della giacca. La domanda è arrivata naturale: cosa ne pensa Bob Metcalfe, leggendario personaggio della Silicon Valley oggi molto attento alla Internet of Things, del nuovo apparecchio di Apple?
«Lo sto provando con beneficio di inventario, da un punto di vista tecnologico. Però devo dire una cosa: questo orologio mi ha salvato la vita. Un giorno ho guardato il cardiofrequenzimetro e ho visto che segnava 35 battiti al minuto. Ho pensato che forse l’appareccchio non rilevava bene le pulsazioni. Dopo un attimo infatti era passato a 130 battiti. Soffro da tempo di aritmie, il cardiologo che mi segue mi ha sempre suggerito di monitorare il battito del mio cuore e so molto bene come si prendono le pulsazioni. Quando l’orologio ha cominciato a indicare questi valori sballati non avvertivo fisicamente nessun segnale o fastidio, quindi pensavo che fosse “rotto” l’orologio. Mi sono seduto e ho misurato le pulsazioni “a mano” scoprendo che in realtà aveva perfettamente ragione l’orologio: avevo il cuore che stava saltando avanti e indietro. Poche ore dopo sono stato operato in emergenza e il medico è stato molto chiaro: “Bob – mi ha detto – ringrazia quel piccolo aggeggio che hai al polso, perché oggi ti ha salvato la vita”».
L’esperienza che Metcalfe racconta con il suo consueto e ironico distacco texano in realtà è stata tutt’altro che indolore. Non è il primo caso. Macity aveva già raccontato di un’altra persona, un ragazzo che aveva sperimentato una serie di battiti accelerati a riposo per lungo tempo accorgendosene solo grazie ad Apple Watch e che era stato salvato anche lui da un tempestivo intervento.
I casi di questo tipo sono sempre più numerosi ed è fisiologico che sia così: tra le funzioni di questo apparecchio ce n’è una critica per la salute, cioè il pulsometro, e questa permette un monitoraggio capillare e continuo delle condizioni dell’organo che viene colpito soprattutto nei maschi da alcune delle patologie più pericolose (infarto, fibrillazione, aritmia, extrasistole). In futuro probabilmente se ne aggiungeranno altre oppure arriveranno tramite altri apparecchi: Tim Cook stesso aveva lasciato intuire che Apple sta pensando a un apparecchio dedicato per la salute da aggiungere all’orologio e al telefono.
È un esempio di come l’emergere di tecnologie e sensori della Internet of Things che permettono una misura continua dei valori di base della fisiologia umana porteranno ad una trasformazione significativa dell’idea stessa di benessere e di sanità. Una trasformazione in cui si passerà dalla cura dei fenomeni acuti delle patologie a un mantenimento monitorato del benessere e una ricerca dell’equilibrio più sano attraverso una conoscenza capillare, a grana fine, della situazione fisica delle persone. Qualcosa che sino a pochi anni fa era semplicemente inimmaginabile.