Non sono state fornite spiegazioni ufficiali, ma stando a quanto diramato anche dalla redazione di Metro, le autorità sudcoreane hanno fatto irruzione negli uffici Apple, proprio nell’imminenza del lancio di iPhone X. Sotto inchiesta dovrebbero essere alcune politiche commerciali della società. Il rapporto collega infatti il raid ad una più ampia indagine condotta dalle autorità locali su presunti contratti “sleali” tra Apple e le aziende sudcoreane. Per questo, gli investigatori avrebbero chiesto ai funzionari di Apple delucidazioni in merito alle sue pratiche commerciali, anche se ad oggi non risulta chiaro se siano stati sequestrati, o meno, documenti vari.
In particolare, l’indagine sarebbe partita già lo scorso anno, e avrebbe riguardato nello specifico le condizioni contrattuali che Apple impone ai vettori di accettare per poter vendere iPhone. Quasi certamente, si tratta di un problema che la Fair Trade Commission della Corea del Sud riteneva di dover rettificare. Tra le condizioni imposte da Apple ai vettori, ad esempio, l’acquisto di un numero minimo di iPhone e l’imposizione di condividere gli oneri dei costi di riparazione.
I più maliziosi, però, potrebbero pensare ad altre motivazioni dietro al blitz. Ed infatti, il raid sarebbe coinciso con il lancio di iPhone X nella regione: che sia stato un modo per favorire i brand locali, come ad esempio Samsung? Del resto il governo è sempre stato attento alle problematiche relative alla concorrenza: in passato, nel momento in cui Apple deteneva il 33% della quota di mercato smartphone del paese, fu creata una vera e propria task force per comprendere se l’importazione di smartphone stranieri stesse danneggiando le imprese locali.
Tale comportamento, però, venne criticato da alcuni enti governativi, perché avrebbe potuto portare ad una vera e propria minaccia per la redditività delle aziende straniere che operano nel paese. Negli ultimi anni, poi, il governo della Corea del Sud è stato interessato da indagini che hanno portato ad alcuni arresti, come quello del leader di Samsung, accusato proprio di corruzione. Nell’agosto scorso, infine, la condanna di Jay Y. Lee a cinque anni di prigione, dopo un processo durato sei mesi.