L’ultima scommessa di RIM: BlackBerry 10. Uscirà più avanti (è già in ritardo sul ritardo) ma la nuova piattaforma dell’apparecchio che si è inventato la posta in mobilità ha un compito difficilissimo. Deve salvare un’azienda con (per adesso) 77 milioni di utenti e che sta perdendo quote di mercato alla velocità della luce: −21% nell’ultimo trimestre, con perdite per 125 milioni di dollari; in un anno il titolo di RIM ha lasciato in Borsa il 75% del suo valore.
La colpa storica dei due fondatori e (oggi ex) co-amministratori delegati è stata quella di sentirsi superiori alla concorrenza messa in campo da Steve Jobs con il primo iPhone e da Google con Android. I successi dell’azienda canadese la mettevano al di sopra del mercato, pensavano Jim Balsillie e Mike Lazaridis. Hanno sbagliato di grosso e perso il treno della consumerization, la tendenza guidata da Apple con il suo iPhone, che ha portato i telefonini per il mercato consumer all’interno delle aziende, fino a quel momento pascolo riservato dei canadesi.
Quando RIM ha cercato di produrre apparecchi più “eleganti” per il mercato consumer ha perso un altro treno decidendo di non seguire la moda degli apparecchi tutti “touch” e privilegiando invece tastiere e ibridi tastiera-touch. Basata su Java, la piattaforma Blackberry si è dimostrata lenta, poco “amichevole” per l’utente abituato ai lustrini e agli effetti speciali degli iPhone, e non è riuscita a convincere neanche con il lancio del tablet PlayBook, che è dotato di un ottimo sistema operativo QNX ma che è stato letteralmente castrato nelle sue funzionalità da limitazioni imposte da RIM per motivi di sicurezza e per non cannibalizzare la vendita di Blackberry.
I due co-Ceo Jim Balsillie e Mike Lazaridis hanno perso il posto a gennaio e da allora c’è un laureato in fisica ed ex dirigente Siemens al loro posto: il 55enne tedesco Thorsten Heins, da cinque anni nei ranghi dell’azienda canadese, ha un accento inglese incerto e un compito da far tremare le vene nei polsi. Sta cercando di capire se svendere l’azienda e tutti i suoi 17500 dipendenti e 400 brevetti. oppure scommettere tutto sulla nuova versione del sistema operativo, il BlackBerry 10 Dev Alpha, di cui è stato mostrato un prototipo parzialmente funzionante.
Durante la conferenza per gli sviluppatori in corso ad Orlando, in Florida, l’unica cosa che ha colpito la fantasia dei presenti è stato il fatto che i BlackBerry del futuro non avranno una tastiera fisica ma solo virtuale, come gli iPhone e gli attuali Android. In realtà non è una certezza, anche se BlackBerry ha cercato di sviluppare un sistema predittivo per la scrittura che appare ben ingegnato ma non innovativo (esistono altri tre o quattro sistemi analoghi per Android) e altre funzionalità che nelle intenzioni degli ingegneri canadesi dovrebbero rendere la piattaforma BlackBerry “un flusso”, cioè un infinito inseguirsi di pannelli e documenti da visualizzare con “swipe”, sfregamenti e scorrimenti del dito indice da destra a sinistra, per seguire i passaggi da una applicazione all’altra, da un documento all’altro.
Macitynet è alla conferenza, ha potuto provare il sistema operativo (che nella versione per i giornalisti è diverso e più semplificato da quella presentata sul palco) e il giudizio non è positivo. Ma c’è troppo poco in realtà per potersi fare un’opinione completa sulla reattività e le funzionalità (assenti) del prodotti finale.
La domanda che è rimasta sospesa al termine delle due ore di keynote, in cui si sono alternati il Ceo e lo stato maggiore dell’azienda canadese e numerosi ospiti (che avevano il compito di tranquillizzare gli sviluppatori e gli altri invitati sulla vitalità e il futuro dell’azienda) è solo una. Sarà sufficiente BB 10? Riuscirà un sistema operativo derivato dal QNX del PlayBook a cambiare le sorti del mercato e a dare spinta a un’azienda che da molti viene considerata condannata? Dalle prime impressioni, probabilmente no.
Il Ceo di RIM forse ne è consapevole, tanto da aver tirato fuori durante il suo keynote anche un sogno che “come tedesco ho fin da bambino”, cioè mostrare la sua Porsche ideale: un’auto da tecnocrate, riempita di apparecchi RIM, dai Blackberry al cruscotto e ai visori sui sedili posteriori. “Immaginatevi le possibilità di questo sistema”, ha detto Heins. E i presenti non possono fare altro che immaginarlo, perché non c’è nessun prodotto reale né alleanze nel settore automobilistico dietro alla Porsche presente sul palco della conferenza. Solo un valore per il collezionista che potrebbe vantarsi di aver acquistato “l’ultima follia” dei canadesi di RIM.