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BitTyrant: il client P2P egocentrico, egoistico, velocissimo…

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Cosa si studi realmente nelle università  è materia talmente sofisticata e complessa, per le sue implicazioni morali e le ricadute sul futuro dell’intera società , che fortunatamente non è argomento all’ordine del giorno dei nostri ministri e politici. Ci si accontenta di una norma libertaria, asserendo che l’autonomia dei docenti è assoluta (ma poi ci sono i programmi ministeriali) e inalienabile. Negli Stati Uniti la ricerca è considerata una fonte preziosa per l’industria, la società  e l’economia e come tale viene lasciata libera di correre, seguendo l’idea che i migliori trovano sempre il modo di eccellere, sia negli studi che nella individuazione dei fondi. Detto questo, vediamo cosa mai è stato studiato (e realizzato) nei laboratori informatici dell’Università  di Washington.

Innanzitutto, si tratta di una variante di Azureus, uno dei più popolari client per il network e il protocollo BitTorrent. In pratica, una delle possibili scelte lasciate ai programmatori sui modi per implementare motore e interfaccia del software che si può usare per scaricare contemporaneamente condividendo i pezzetti del file in oggetto. Proprio questo è il punto: a differenza di altri sistemi, BitTorrent permette di scaricare atomi digitali del file che desideriamo (ad esempio, un software open source di libera distribuzione) ridistribuendo il peso del download tra tutti i partecipanti allo sciame del download.

Il sistema è più lento dei P2P in cui in realtà  qualcuno fornisce il file e chi si collega lo scarica linearmente, perché ci sono da ottimizzare tutte le varie connessioni, ma l’effetto risultante è più efficiente: chiunque, anche con una connessione telefonica, volendo potrebbe mettere in comune il freeware open source dell’esempio e, man mano che gli atomi entrano nello sciame, saranno i primi ad averlo scaricato che si occuperanno di passarlo agli altri secondo la loro velocità , sollevando il singolo dall’onere di connessioni ad alta prestazione in upload per garantire download rapidi.

In teoria, perché in realtà  molti download sono lentissimi: tanta gente parcheggiata lì, che si passa pigramente qualche pezzetto. Quasi tutti settano la propria connessione allo sciame con dei limiti in upload: prendo a 100 e offro a 10, praticamente. Se lo fanno tutti, alla fine non ci guadagna nessuno. Ed ecco che arrivano i ragazzi di Washington con il loro egoistico BitTyrant.

Il software, disponibile qui per Mac, Pc e Linux (è una applicazione Java), ha una interfaccia similissima a quella di Azureus ed è fino a cinque volte più veloce, perché analizza il comportamento degli altri nello sciame e si collega solo ai più generosi e veloci. L’idea – forse geniale, forse distruttiva per i motivi che vedremo tra un attimo – è infatti quella di sfruttare al massimo la generosità  e disponibilità  di banda di pochi sacrificando del tutto quelli che barano o che semplicemente sono collegati con linee asimmetriche (come l’Adsl) che permettono fortissime velocità  in download e bassissime in upload, cioè nella condivisione verso gli altri.

Il comportamento da free rider, per citare un termine economico, è egoistico perché taglia fuori alcuni dei partecipanti (molti, a dire il vero) rompendo la logica del sistema di BitTorrent che è non tanto nella velocità  quanto nel principio di condivisione da parte di tutti quanti senza bisogno di server di base. Infatti, uno degli imperativi di BitTorrent è quello di dare, dare, dare, ovvero mantenere in linea il file che si scarica sino a che non se ne è restituito alla collettività  almeno altrettanto per numero di byte rispetto a quanto se ne è scaricato. Un bell’impegno che si può continuare ad assolvere con BitTyrant. Solo che lo si porta avanti non verso tutta la collettività , ma solo verso i più veloci e generosi… Sarà  questo e non gli attentati della Riaa e Mpaa l’inizio della fine di questo protocollo?

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