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Big Sur è grande, Apple cambia numero e arriva macOS 11

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Lasciate che questo cronista, stanco per la diretta sulle pagine di Macity, emozionato per l’enormità della transizione che ci aspetta (il divorzio da Intel, il ritorno alla casa dell’Apple Silicon), frastornato da uno tsunami di novità che ci sono, a prescindere dai processori, su tutte le piattaforme di Apple (tranne che su iCloud, del quale nessuno questa volta ha parlato: non ce lo dimentichiamo), si prenda un attimo di pausa. E ripensi a quello che era successo ventuno anni fa.

Era la fine degli anni Novanta, piacerebbe pensare che molti dei lettori di Macitynet fossero appena nati o dovessero ancora nascere. Il cronista aveva sulle spalle già un quindicennio di evoluzione del sistema operativo di Apple: Mac OS che era passato dalla versione 6 dei Macintosh originali e Classic (senza multitasking) alla versione 7 (rimarchevoli la 7.1, la 7.5.1, la 7.5.5 che richiedeva processori com il 68030 con coprocessore matematico o il 68040. E poi la 8 e la 8.1 molto più stabile). Infine quello che sarebbe diventato il sistema operativo “classico” di Apple: Mac OS 9 e la versione 9.2 disponibile solo nell’ambiente virtuale “classic” dei Mac con il successivo sistema operativo.Apple tentava da tempo la fuga verso una diversa architettura. I piani si erano succeduti senza successo sia all’interno che lungo direttrici strampalate (il tentativo con Unix a fine anni Ottanta primi Novanta per entrare nel mercato dei server). E alla fine erano rimasti due candidati esterni per la transizione a un nuovo mondo: BeOS e NextStep. Quello che sarebbe diventato il progetto “Rhapsody” sarebbe stato il sistema operativo del futuro. Apple scelse di comprare Next, di riassumere per un dollaro all’anno Steve Jobs e di utilizzare la base Unix di NextStep, diventato OpenStep. Microkernel a servizi Mach anziché kernel monolitico stile Linux (la più grande debolezza di quel sistema) che Apple chiama Xnu e che è alla base di Darwin, l’implementazione di base e open source del sistema operativo, con licenza di tipo BSD.

Doom su NeXTSTEP

Storie di sistemi operativi antichi

Il vostro cronista, a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi duemila ha visto succedersi una lunga teoria di versioni beta. Non come oggi che la beta dura due mesi: all’epoca la public beta è durata due anni. E bisognava pure pagare per averla: dalle versioni preliminari a quella commercializzata a settembre del 2000, fu una rivoluzione.

A colpire tutti fu ovviamente l’interfaccia basata su Aqua, che rivoluzionava la grafica del Mac in maniera traumatica. Ed era una rivoluzione la possibilità di usare un sistema con multitasking reale in cui un problema a una applicazione non mandava tutta la macchina in bomba (nel senso che si inchiodava e andava riavviata, perdendo tutto quello che non era stato salvato e ogni tanto brikkando il disco). Certo, Apple aveva inventato anche il pallone da spiaggia: il cursore che cominciava a ruotare colorato e andava avanti così per tempi incalcolabili. Però tutto funzionava in un altro modo, e il trauma, come detto, fu notevole.

iOS 7, cambiamenti ma non rivoluzioni all’interfaccia
Aqua OS

Dieci e non più dieci

Il nuovo sistema operativo era il decimo di casa Apple e quindi si chiamò Mac OS X, dove X stava per “Tenth” che però veniva detto “ten”, per aggiungere confusione alla confusione. E negli anni legioni di Pr e dirigenti di Apple hanno sempre difeso la caratteristica del nome del sistema operativo di Apple, che veniva invece pronunciato come una normale “x”

All’inizio, con la versione 10.0 di Mac OS X, che si chiamava Cheetah (ma i nomi di felini sarebbero stati ufficializzati solo dopo, questi all’inizio erano solo i nomi in codice interni di Apple) le cose erano indubbiamente lente, le applicazioni limitate per numero e portata, e quindi X era il secondo sistema operativo contenuto all’interno di un Mac in cui potevano convivere tranquillamente due sistemi operativi: 9.1 e X.

Il vostro cronista ha vergato per mesi e mesi articoli su Macity utilizzando il suo iBook bianco G3 500 MHz che ha visto passare delle vere rivoluzioni di casa Apple.

Quando dieci son troppi

Poi lentamente ecco che Mac OS X è diventato sempre più performante. Una nuova versione praticamente ogni anno, con i felini che si susseguivano (Puma, Jaguar, Panther, Tiger, Leopar e la transizione a Intel, Snow Leopard e la versione ottimizzata, Lion, Mountain Lion altra versione ottimizzata) sino ad arrivare a Mavericks. Qui, dal nome di una baia in cui si fa surf in California che è stata battezzata in onore del cane di un surfista, si arriva alla versione 10.9 e tutti si chiedono: adesso cosa succederà?

La sigla del sistema operativo è strana: da Mountain Lion, arrivato nel luglio del 2011, i sistemi operativi si sono chiamati semplicemente “OS X” seguiti dal codice: 10.8 per Mountain Lion, 10.9 per Mavericks. Il terzo valore, quello dopo il secondo punto, è la release minore, nel rispetto delle logiche codificate tra programmatori per l’assegnazione di un numero alle versioni del codice.

yosemite contro mavericks 1

Il buio oltre la X

Cosa succede quindi dopo che OS X diventa 10.9? Assolutamente niente. Anzi, va avanti ancora per due versioni (OS X 10.10 Yosemite e 10.11 El Capitan) e poi si passa al nuovo nome: macOS, che allinea ed uniforma in qualche modo la nomenclatura dei sistemi operativi delle varie piattaforme. Ci siamo persi la X ed è rimasto solo il “10”: siamo nel 2016, esordisce macOS 10.12 Sierra. A cui fa seguito macOS 10.13 High Sierra. Per tutti, soprattutto noi utenti della vecchissima e vecchia guardia è ancora “Mac-OS-X”, ma in realtà la X si è già persa. Niente più decimo, è solo dieci. In questi anni si susseguono, come è noto, macOS 10.14 Mojave (2018), seguito da macOS 10.15 Catalina (2019). E arriviamo a oggi.

Mac OS: e sono 11, finalmente

Il nuovo mondo

In un passaggio del keynote della WWDC di ieri è uscita una battuta in minore che però è importante: «Abbiamo introdotto talmente tante novità e discontinuità con Big Sur che cambia anche il numero». E adesso, anche simbolicamente, si chiude così un ciclo. È arrivato macOS 11.0 e tutti quanti abbiamo lasciato la casa comune del decimo sistema operativo di Apple, X in cifre romane, quello che ha fatto partire la grande rivoluzione del nuovo millennio e il rilancio di tutto quanto. E benvenuti nel mondo della vera integrazione verticale, quello dove tutto, ma proprio tutto, è coltivato internamente alla casa di Apple.

macOS 11 Big Sur, le novità più importanti in un solo articoloUn mondo autarchico ma che promette miracoli. Vedremo quali saranno. Da qualche parte a questo vecchio cronista piace immaginare che ci sia un giovane blogger che inizia adesso a seguire professionalmente le vicende di Apple e che passerà i prossimi mesi con le versioni di mezzo tra Intel e Apple Silicon del nuovo sistema operativo Big Sur e dei suoi successori, in maniera sempre più integrata con le altre piattaforme della casa di Cupertino. E ne vedremo delle belle.

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