È stato aggiornato Haiku, il sistema operativo opensource che in passato era conosciuto come BeOS, e al quale – molti anni addietro – si era interessata anche Apple, prima di scartarlo per scegliere al suo posto NeXT di Steve Jobs.
Quello che un tempo era noto come BeOS è ora una reimplementazione libera e open source denominata Haiku, vanta una piccola ma agguerrita comunità di estimatori e peculiarità che non si trovano in altri sistemi operativi. Gli sviluppatori che attualmenrte lavorano sul sistema hanno rilasciato la Beta 4 di Haiku OS, permettendo agli utenti di provare il sistema opeativo su partizioni dedicate o semplicemente tramite software di virtualizzazione quali QEMU, VMWare o VirtualBox.
Le ultime migliorie di Haiku (qui i dettagli) prevedono novità sul versante prestazioni e il supporto migliorato per l’hardware di nuova generazione. Il design modulare di BeOS ha permesso di sviluppare i componenti in squadre di sviluppatori divise e relativamente isolate, nella maggior parte dei casi i moduli erano originariamente usati come rimpiazzo per quelli di BeOS.
Questo ha permesso lo sviluppo di molte parti del sistema prima che Haiku fosse pronto. l kernel di Haiku è basato su un fork di NewOS, il kernel originariamente sviluppato da Travis Geiselbrecht, uno degli sviluppatori di BeOS. Attualmente il kernel di Haiku è considerato abbastanza stabile e completo per supportare tutte le caratteristiche di un sistema operativo moderno.
BeOS, lo ricordiamo, era una delle opzioni che negli anni ’90 i manager di Apple pensavano come futuro sistema operativo del Mac. Nel corso di una lunga e intricata vicenda a un certo punto Apple si trovò nella necessità di dover aggiornare il sistema operativo (il progetto Copland, nato per migliorare l’esistente Mac OS classico era fallito ed era necessario pensare ad altri piani) e tra i possibili partner furono contattati (tra gli altri) sia Jean-Louis Gassée per il suo BeOS, sia Steve Jobs per il suo NeXTSTEP (sistema operativo sviluppato dalla NeXT).
Gil Amelio, allora amministratore delegato di Cupertino e i manager di Apple, probabilmente spaventati anche dalla cifra pazzesca chiesta da Be (sicuri che a Cupertino non avessero altre scelte), votarono infine per l’offerta di Jobs firmando nel 1996 lo storico accordo che permise di lavorare a Rhapsody (a grandi linee il “nonno” di OS X e dell’attuale macOS) e consentire il trionfale ritorno di Jobs a Cupertino.
BeOS, che all’epoca aveva diversi vantaggi importanti, incluse avanzate funzionalità multitasking e gestione avanzata dei file, è scomparso nei primi anni 2000, ma gruppi di volontari appassionati del sistema hanno continuato a farlo vivere con Haiku.
Qualche anno addietro, ricordando quegli avvenimenti, Gassée aveva sostanzialmente ammesso che il suo BeOS non aveva la maturità necessaria per costituire una alternativa a Mac Os. Per Gassée all’epoca neanche NeXTSTEP era abbastanza valido da competere sul mercato, ma Jobs fu scaltro nel capire l’opportunità che gli si presentava: usare Apple per migliorare NeXTStep e creare l’OS X che oggi conosciamo e che, tra l’altro, ha consentito anche di arrivare a iOS.
“Grazie a Dio Apple ha comprato NeXT, passando il timone a Steve Jobs e tutto il resto è storia”. Una serie di mosse fenomenali che, per sua stessa ammissione, Gassée non sarebbe stato in grado di gestire e neanche pensare.