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Benvenuta sul pianeta terra Microsoft

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La ristrutturazione di Microsoft

Nessuno ha la palla di cristallo, nessuno riesce a leggere nel futuro, ma oggi più che mai c’è da chiedersi che cosa succederà, quali saranno le conseguenze dei cambiamenti che Steve Ballmer ha introdotto nella ristrutturazione di Microsoft. L’azienda che esce fuori dalla trasformazione impostata da Ballmer non è più costruita attorno ad otto aree di business, colossi grandi come montagne e separate le une dalle altre, quasi in guerra reciproca. Invece, i quattro raggruppamenti adesso sono chiari (e molti più vicini al modello usato da Apple da sempre), cioè: Sistemi operativi, Apps, Cloud, e Apparecchi.

La nuova Microsoft, a prescindere dagli spostamenti interni di manager di lungo corso (comunque: ha vinto l’interfaccia Metro, quindi riposino in pace i sogni di chi sperava in un ritorno dell’interfaccia tradizionale di Windows), ha cambiato forma. Quel che è emerso è il bisogno dell’azienda di dare un nuovo senso alla sua attività. Le aziende non sono persone, ma comunque sono organismi complessi che hanno bisogno di una colla che le tenga assieme, che faccia muovere lo stormo di dipendenti in maniera coordinata. Si usano parole come “motto” e “visione”, che hanno lo scopo di dare velocemente il ritmo e la direzione al pubblico e agli stessi dipendenti.

Il gorilla da 800 libbre

Bill Gates impose un rapido cambio di direzione alla corazzata Microsoft alla fine degli anni novanta. La nave andava verso la direzione sbagliata, verso le secche del PC come monade chiusa in Windows e Office, mentre l’acqua stava altrove, in Internet.  Il cambiamento fu tardivo, quando nel mercato altri erano arrivati già da tempo, e l’azienda di Redmond in affanno giocò tutte le carte che aveva, anche quelle che il Governo Americano riteneva illegali perchè contro le leggi antritrust. Un giudice la sanzionò pesantemente in patria,  l’Europa la seppellì di multe, ma Gates, si disse allora, giudicava costi e condanne come il ticket da pagare per restare rilevanti ed ebbe ragione: Microsoft era un colosso gigantesco, un molock di cui i nani che la circondavano faticavano a vedere la testa e infatti non solo tenne la testa fuori dall’acqua, ma schiacciò quel che le stava intorno, dimostrando le capacità di un gruppo che allora venne paragonato all’impero Borg, determinato aggredire con testarda caparbietà e assimilare nuove tecnologie e un intero mercato. Era la legge del più forte. Del gorilla da 800 libbre come dicono gli americani che fa quel che vuole

Ballmer, amico e sodale di Gates, con cui condivise tutto fin dall’inizio, è nella stessa situazione di allora: far cambiare direzione alla nave solo che ora la rotta da seguire è quella che porta verso il cloud. È la parola magica che risuona in tutti i corridoi di Redmond, su e giù per i campus a nord di Seattle e in tutte altre sedi e filiali dell’azienda. Cloud. Più importante di Office (che adesso passa un po’ in secondo piano), più importante di Skype, più importante di tanti altri prodotti e servizi che diventano oggetti trascurabili.

La rivoluzione obbligata

Gates reagì alla dinamicità di Netscape, all’aggressività di un piccole team che aveva capito tutto e che aveva cambiato il significato del termine “la rete”, facendolo percepire non più come la denominazione di un’infrastruttura, ma una esperienza e un luogo; oggi Ballmer deve combattere contro tanti nemici che non sono affatto nani. Da una parte Apple, con la sua rivoluzione del mobile, dall’altra Google con la reinterpretazione commerciale del significato di rete e dall’altra ancora Amazon e poi Facebook. Parliamoci chiaro, perché in questo senso non ci deve essere ambiguità. La rivoluzione invocata e presentata come una specie di luogo dell’anima da materializzare è tutt’altro che una spinta che viene da dentro. A prescindere da quel che ha detto Bill Gates per un decennio, Microsoft non ha inventato l’iPad o l’iPhone, l’iPod o il MacBook Air. Non li ha inventati come tecnologia, non come concetto, non come categoria di mercato. Apple, Google, Amazon e Facebook hanno dato molta più forma e senso al mercato di questo ultimo decennio di quanto non abbia fatto Microsoft che ora, come nella tardiva rivoluzione di Internet reagisce per  necessità.

Mobile, cloud, post-pc, social, search. Queste sono le aree dove Microsoft non è riuscita a innovare o a ripartire come ha fatto nel gaming con Xbox, progetto faticoso, sofferto ma poi diventato di successo con la seconda generazione, dopo essere costato il posto di lavoro al suo ideatore e aver bruciato miliardi di dollari. E da quel che si capisce oggi non è neppure la contro rivoluzione che ha portato Microsoft a dominare la Internet 1.5, dopo avere ignorato la 1.0 (o forse era la 1.0 beta?) per un quinquennio o quasi.

Microsoft è in grande affanno; insegue, prova a ripartire, a rimettere a posto l’azienda anche a costo di licenziare, tagliare, togliere competenze, uccidere professionalità che erano di punta. Microsoft è un’azienda grande, complessa, con decine di migliaia di dipendenti, centri di ricerca, laboratori di sviluppo, molti più prodotti e competenze professionali di quando normalmente non si pensi e il mondo che la circonda è molto più complicato di quello a cavallo tra fine anni ’90 e inizio anni 2000. È più complicato fuori e molto più complicato dentro. Microsoft è colosso che purtroppo non è stato ben guidato negli ultimi anni. Steve Ballmer, che nel nuovo millennio ha avuto il ruolo di leader dopo l’epoca Bill Gates, è stato in grado di far crescere l’azienda ma non di prepararla al domani e non pare avere neppure avuto lo stesso istinto ferino che Gates ebbe quando comprese che il pesce piccolo Netscape poteva rubargli il territorio di caccia e decise di spazzarlo via prima che divenisse uno squalo. In dieci anni o poco più sia Apple che Google hanno superato da destra e da sinistra Microsoft. Amazon e Facebook invece sono piovuti dall’altro, come marziani, venivano da un mondo alieno e hanno costruito un nuovo mondo di cui gli ingegneri e gli strateghi di Redmond non avevano neppure la percezione.

Una piccola, lurida verità

Tutto questo apre uno scenario inedito nel mondo dell’informatica consumer per come si è sviluppato a partire dagli anni ottanta. Dopo l’epoca di dominio di IBM e dei grandi colossi, che hanno posto le base tra gli anni cinquanta e settanta, a partire dagli anni ottanta il tavolo da gioco è stato dominato da Microsoft. Il monopolista egemone, come i suoi avversari erano soliti definirla, che ha controllato il mercato del PC con Windows e quello dei formati della produttività lavorativa e personale con Office. Adesso quell’egemonia, quel predominio, non ci sono più. E a farli ritornare non serviranno una semplificazione nelle strutture e qualche cambio al vertice.

Questa è la non detta e non ammessa verità che sta tra le righe del piano di Steve Ballmer. Un piccola, scomoda, lurida e per alcuni aspetti anche triste verità: la vecchia Microsoft, l’azienda che tutti abbiamo imparato a rispettare e per certi versi a temere, quella con i prodotti che s’impallano ma che sono onnipresenti e che dettano il tempo dei passaggi tecnologici e dell’innovazione, è passata per sempre. Non c’è più. Non esiste più.

Adesso c’è un’altra azienda, gigantesca e titanica come la precedente, abitata per adesso dalle stesse professionalità, ma non più altrettanto rilevante. Anzi. Irrilevante per molti versi. Si può vivere non su una ma su più piattaforme alternative, riducendo al minimo se non azzerando l’utilizzo del codice creato da Microsoft. Oppure usandolo in maniera totalmente intercambiabile e irrilevante. Si possono usare sistemi operativi, strumenti, apparecchi per la connettività, software di connessione, applicativi professionali e per il tempo libero, decine di applicazioni e software, modelli di business, sistemi di erogazione dei contenuti e dei servizi, che Microsoft non ha inventato, non ha prodotto, non controlla, spesso non è neanche in grado di capire.

Benevenuta sul pianeta terra Microsoft

Ripetiamo: Microsoft è sempre un gigantesco e portentoso colosso. Non è scomparsa e non scomparirà tanto presto, anzi probabilmente non scomparirà mai. È semplicemente diventata come una delle tante. È rilevante, ma non un gigante tra nani; deve fare il conto con chi la circonda, deve imparare a perdere e deve combattere per vincere, e non a vincere perchè gli altri non ci sono. Non può minacciare nessuno; il suo team di comando non è più in grado di orchestrare con un giro di mail, come fece ai tempi di Netscape, la restaurazione e spazzare in un battito di ciglia un manipolo di rivoluzionari visionari. E questo è il vero segno dei tempi che cambiano, anzi che sono cambiati per sempre, dopo trent’anni.

Benvenuta sul pianeta Terra Microsoft, qui la vita può essere dura e spietata.

 

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