Una storia di promesse fallite. È questo il tema di un documentario che BBC One ha mandato in onda questa sera e nel contesto del quale vengono ancora una volta messe al centro dell’attenzione le difficili condizioni di lavoro dei dipendenti delle fabbriche dove si costruiscono i dispositivi Apple.
A mancare alle promesse, è la tesi del documentario, è ovviamente Apple e per provarlo vengono presentate situazioni di lavoro dure e in alcuni case considerate inaccettabili in occidente. Sul banco dell’accusa salgono non gli impianti di Foxconn, come accaduto in passato, ma quelli di Pegatron, azienda che da qualche tempo sta ricevendo importanti commesse da Apple e che produce anche gli iPhone 6.
Secondo BBC in queste fabbriche verrebbero costantemente messi in discussione gli scenari disegnati da Cupertino e secondo i quali l’attenzione per le condizioni di lavoro sono in primo piano. Quel che s’incontra sarebbero infrazioni agli orari massimi di lavoro, alle condizioni dei dormitori, degli identificativi, delle riunioni di dipendenti e del lavoro giovanile. Sarebbero stati filmati operai addormentati sui banchi di montaggio nel corso di turni di 12 ore. Un giornalista dopo essersi fatto assumere, sarebbe stato indotto a lavorare per 18 giorni di fila, nonostante ripetute richieste di un giorno di riposo. Un alto giornalista ha dovuto affrontare un turno di 16 ore. Secondo la BBC questi turni di straordinario dovevano essere volontari, ma a nessuno è stata offerta la possibilità di decidere. Anzi, un giornalista sarebbe stato obbligato a partecipare a un incontro, senza essere stato pagato, prima e dopo le ore di lavoro.
La BBC ha anche visitato l’isola di Bangka, in Indonesia, dove si trovano molte piccolissime miniere di stagno. Apple sostiene di avere stringenti regole che impediscono a chi non offre condizioni di lavoro etiche di entrare nella filiera dei fornitori, ma in questa parte dell’Asia ci sarebbero condizioni miserevoli con minatori bambini che scavano con le mani in mezzo a montagne di sabbia che minacciano di crollare e seppellirli. Questi lavoratori, costretti dalla povertà ad arrabattarsi in situazioni pericolose e senza alcuna regola, venderebbero il metallo a fonderie che sono tra i fornitori di Apple. Uno di questi fornitori avrebbe ammesso che «non esiste un modo di distinguere tra il metallo che arriva da miniere legali e miniere illegali».
Apple respinge decisamente le conclusioni cui giunge il documentario: «Non siamo a conoscenza di nessun’altra azienda che fa quanto facciamo noi per assicurare condizioni di lavoro oneste e sicure. Lavoriamo con i fornitori per fare fronte ai problemi e vediamo progressi ogni giorno, anche se sappiamo che questo impegno non finirà mai». Apple avrebbe tenuto sotto controllo più di un milione di dipendenti, registrando 55 ore di lavoro a settimana negli impianti Pegatro e per quanto riguarda i lavoratori che dormono sui banchi di montaggio «ci sarebbe l’abitudine di fare un pisolino durante le pause di lavoro», ma promette di investigare su quel che i giornalisti hanno visto.
Per quanto riguarda le condizioni dei minatori in Indonesia, Apple pensa che «la strada più semplice sarebbe quella di rifiutare lo stagno proveniente dall’Indonesia, ma questo sarebbe un percorso da codardi perché non faremmo nulla per migliorare la situazione. Abbiamo scelto di restare e tentare di migliorare la situazione confrontandoci con essa».
Pegatron ha promesso di investigare accuratamente quanto riportato nel documentario di BBC.